venerdì 9 settembre 2016

Roma, il M5S  e la questione della governabilità
Il rischio del profeta disarmato




Ieri abbiamo parlato del caos in Campidoglio. Ma come sta rispondendo alla crisi  la dirigenza pentastellata? Serrando i ranghi, come da copione,  per puntare  su quell’ideologia della purezza, della diversità, dell’utopia rivoluzionaria che purtroppo rappresenta, al tempo stesso, la forza (elettorale) e la debolezza (politico-governativa) del movimento.
Il ragionamento è semplice: quanto  più il M5S estremizza le sue posizioni tanto più crea il  vuoto politico-relazionale intorno a sé, volando a velocità supersonica verso l’ingovernabilità. Qui torna utile l’immagine  coniata da Machiavelli  del profeta disarmato, ovviamente non in senso reale, come nel caso del Savonarola (ma fino a un certo punto come poi vedremo): del possesso di armi reali e della conquista e della difesa del potere con la forza.  Senso, ripetiamo metaforico. Ci spieghiamo subito.
Il potere non è mai nudo, dal momento che  rinvia nella sua localizzazione, anche  fisica, a un insieme di relazioni verticali e orizzontali  che - visto che siamo in una società complessa e liberaldemocratica  - rimandano a loro volta  alla società civile:  a un tessuto di professionalità, competenze, qualifiche, status, ruoli  che vanno a innervare, per così  dire, in modo laico (non carismatico o evocativo ) la politica. Si tratta dell’aspetto sostanziale, amministrativo e prosaico, della politica:  si va dalla programmazione alle nomine,  dalla lettura di un bilancio alla progressiva costruzione di  una rete di conoscenze e relazioni:  rete che permette quell’osmosi dialogante di governo effettivo tra società politica e civile.
Ora, la società civile (e le professionalità) per essere valorizzate hanno necessità di incentivi morali, politici, economici. Ovviamente, soprattutto nella zona grigia pubblico-privato (in chiave strettamente economica), esistono punti di vischiosità, tanto maggiori quanto più una società è impregnata di assistenzialismo. Sicché il rischio di dinamiche perverse, se si vuole corruttive,  non va mai sottovalutato, ma neppure sopravvalutato, e peggio ancora se in chiave monotematica, se non addirittura monomaniacale.
E qui veniamo al punto.  Sotto l' aspetto relazionale il  M5S  è totalmente disarmato, come sta provando  il caos in cui è subito precipitata l' amministrazione capitolina. A dire il vero,  per come stanno andando le cose,   la situazione romana  rischia di  rappresentare   una specie di  test nazionale negativo sulla capacità di governo del movimento pentastellato.  Per quale ragione?  Perché, anche in Campidoglio,  l’unica forma di relazione che il  M5S sembra avere instaurato con la società civile è quella giudiziaria. L’unico incentivo usato  sembra essere  quello della paura, o meglio della capacità "giudiziaria",  da parte di una amministrazione, che invece si vorrebbe  "politica", di incutere paura alla società civile agitando le manette.
Su queste basi, sarà veramente difficile per la Raggi  riuscire a formare una giunta in grado di governare. E quanto più i dirigenti pentastellati faranno appello alla purezza, alla diversità, alla forza utopica del movimento tanto più allontaneranno ( ma sarebbe meglio dire faranno scappare) la società civile. La retorica, dei ragazzotti cinquestelle con  laurea (magari triennale) in grado di fare da soli e del lascito cancerogeno delle precedenti amministrazioni,  può essere buona per tenere al guinzaglio gli attivisti della purezza,  ma non capace di  favorire la governabilità.  Del resto  la creazione, tra l'altro già abortita, della figura del  magistrato-assessore e il no alle Olimpiadi sono la prova più evidente dell’incapacità del M5S di comprendere l’importanza della società civile in tutta la sua ricchezza.  La via maestra, diremmo, al suicidio politico. 
Pertanto, non scorgiamo che due possibilità: o i pentastellati  fanno un passo indietro e si integrano nel sistema liberal-democratico -  certo, con gli occhi aperti -   oppure si rischia tutti, che a forza di gridare alla rivoluzione, oltre a perdere i consensi di un elettorato sempre più deluso dalla paralisi politica,  qualche attivista del M5S,  stanco del profetismo disarmato dei capi,  dalle armi metaforiche passi a quelle reali.

Carlo Gambescia                      

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