martedì 3 novembre 2015

 La celebrazione  di Pasolini come simbolo della nostra arretratezza culturale
Eroe non per caso



In questi giorni di celebrazioni,   non si parla d'altro, magnificandola,  che dell'eredità intellettuale di Pasolini. Ora, sul piano dei contenuti, se pure  ne esiste una,  si tratta di un'eredità negativa: il suo  odio  verso la modernità.  Perciò, dal punto di vista sociologico, non sarebbe  così  difficile inquadrarlo: Pasolini  rientra nello stereotipo di quel  romanticismo politico ed economico portato a idealizzare la società pre-moderna.  Di qui, il suo comunismo critico, verso un’ideologia politica fondata per eccellenza sul concetto di  progresso. Di qui, il suo essere gradito a quelle correnti politiche di destra e sinistra contrarie alla libertà economica, sia dal lato dei produttori che dei consumatori.
Il nocciolo del suo pensiero è questo. Che poi  Pasolini lo  abbia espresso ricorrendo alle più diverse forme artistiche, con più o meno successo, è materia che riguarda la critica specializzata, quindi la forma non il contenuto  del suo pensiero.    
Del resto, la pubblica opinione di  una  società, votata al progresso e alla crescita economica, e intelligentemente consapevole di queste due necessità, che cosa potrebbe apprendere da Pasolini? Nulla.
Negli Stati Uniti,  culla della modernità, a parte alcuni circoli radicali, Pasolini è poco conosciuto o comunque viene giudicato alla stregua di   uno dei tanti intellettuali politicamente eccentrici, che popolano, da sempre, il sottobosco della scena culturale americana.  Roba da cervellotiche lunatic fringe. Tutto qui. 
 In Italia, dove la modernità, non è mai stata apprezzata e in particolare  l’economia di mercato  è vista ancora come un diabolico nemico da smascherare,  Pasolini viene celebrato come un eroe.    
Che dire?  Due cose. Che  Pasolini, in Italia, paese culturalmente arretrato,  non  è quindi eroe per caso. E che ognuno ha gli eroi che si merita.
Carlo Gambescia

    

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