mercoledì 4 novembre 2015

Dove va  Papa Francesco?
Sociologia della Chiesa Cattolica ai tempi di Vatileaks 2



Al di là del fuoco mediatico,  che non va oltre il pettegolezzo, il complottismo e l’anticlericalismo vecchio stile, che cosa c’è sotto Vatileaks 2,  di sociologico, ? O meglio,  quali riflessioni può suggerire al sociologo? 
Intanto, che i processi di  riforma delle strutture istituzionali, a maggior ragione quelle con  valori legittimanti forti da estendere e difendere,  sono sempre  pericolosi per la  stabilità  dell'istituzione stessa. Soprattutto, quando la rete decisionale e dei controlli, inevitabilmente, come ogni struttura, presenti a livello di élites dirigenti (non è mai uno solo a governare, anche nelle monarchie assolute),  fisiologiche (figurarsi se patologiche)  aree di vulnerabilità, rispetto al modo di interpretare necessità e natura delle riforme stesse.
Insomma, tutto, diventa più difficile.  Allora, le riforme vanno sempre  evitate? No. Il vero punto della questione è che un processo riformistico può essere inteso in due modi: come riforma della classe dirigente e come revisione dei contenuti ideologici.  Il primo tipo di riforma si scontra  con la necessità di sostituire dirigenti meno validi, con altri più validi, sulla base di caratteristiche legate all’età, alla qualifica, alla rettitudine, capacità organizzative. Il secondo tipo riforma, oltre alle caratteristiche precedenti, implica la fedeltà al processo di revisione dei contenuti ideologici della riforma. Ora, quanto più  i due percorsi riformisti si intersecano tanto più diventa difficile condurli a termine con successo. Ci dovrà accontentare di mezze misure, retromarce, compromessi, eccetera.  Insomma, prudenza politica imporrebbe di affrontare un processo di riforma alla volta. E con cautela.  Anche perché una struttura istituzionale, non vive sospesa nel vuoto, ha amici e nemici esterni, che possono condizionare, i processi di riforma interni. Ciò significa che ogni struttura deve sempre operare su due fronti.
Ora, la Chiesa Cattolica, in quanto struttura fondata su valori forti, a ogni processo di riforma dei propri contenuti ideologici, rischia fratture interne, ossia  il dividersi, come tutti i sistemi politici e non, in conservatori e innovatori.  Come sta accadendo.  Inoltre, i rischi crescono, quando  si tenta di saldare insieme i due processi di riforma (contenuti e dirigenti). Come sta accadendo.  Infine, tutto diviene più difficile quando il numero dei nemici esterni sia  superiore a quello degli amici esterni. Come sta accadendo.  Superiorità dei nemici che rischia di aumentare le frizioni interne, perché, i nemici (tanti) come gli amici (pochi) influiscono sui posizionamenti interni puntando, in primis, sulle divisioni esistenti. Come sta accadendo.
Ovviamente, chi scrive non è nelle condizioni di dare consigli a Papa Francesco. Ma se fossimo in Lui, per ora punteremmo sulla riforma  delle élites dirigenti, frenando su quella dei contenuti ideologici. Che potrà essere affrontata dopo,  con un classe dirigente nuova e compatta, stretta  intorno al Papa.
Infine,  il Papa dovrebbe  guardarsi bene  dal favorire i caudillismi del genere “Francesco vai avanti, il Popolo di Dio è con Te”,  perché di fatto “il Popolo di Dio” sul piano politico, per non parlare di quello legato agli apparati legittimi ( o meno) del monopolio della  forza,  è  semplicemente inesistente. Quindi il Papa corre il rischio di ritrovarsi solo.  Del resto,  sotto tale aspetto,  Francesco sembra aver dimenticato un sano principio di prudenza politica, rivendicato dall'Illuminismo  più conservatore, ma esercitato informalmente per secoli dalla Chiesa-Istituzione: tutto per il popolo ma nulla attraverso il popolo. 
Carlo Gambescia
                        

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