Sfogliando i Principî di scienza della finanza
Luigi Einaudi e l’imposta
progressiva
Ieri
sera sfogliavano i Principî di scienza della finanza di Luigi Einaudi,
testo classico, oggi ingiustamente snobbato. A pagina 122
il pensatore liberale ci riserva la seguente chicca sulla micidiale tassazione progressiva dei redditi individuali:
« È il caso di guerra. Quando si
deve salvare il paese a ogni costo, non si possono più fare ragionamenti di carattere economico e di
carattere finanziario. Non è quello il momento
di pensare che l’imposta progressiva livellatrice distruggerà il movente al lavoro e al risparmio e
distruggerà la base imponibile. Qui non c’è tempo a pensare alle conseguenze lontane;
c’è il nemico che batte alle porte. Lo stato può chiedere» ( Edizioni
Scientifiche Einaudi, Torino 1956, ristampa della quarta edizione).
Ecco,
Einaudi, con un’affermazione del genere,
manifesta la sua natura di liberale politico, archico, triste, realista. Che,
saggiamente, antepone al dottrinarismo economico le costanti del politico. In
particolare, pur ripudiandola teoricamente, in caso di guerra (massima
espressione dell’agire politico), si accetta di fatto “l’imposta progressiva livellatrice”. Perché in gioco il destino del Paese.
Per
contro, solo per irrealistiche ragioni ideologiche (di invidia sociale verso la capacità di
produrre e moltiplicare ricchezza) , care a democristiani, comunisti, socialisti e azionismo
socialistoide, il principio della progressività venne introdotto nella nostra Costituzione (articolo
53).
Da
un lato un fulgido esempio di realismo liberale, dall’altro una pessima prova di dottrinarismo impolitico, semplificando, catto-comunista. Di cui stiamo ancora pagando le conseguenze.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento