lunedì 6 ottobre 2014

I (falsi)  dilemmi delle due sinistre anticapitaliste
Allearsi o no, con i fascisti? 



La sinistra  (che non si vuole definire più tale) discute con la sinistra (che si ritiene ancora tale) sulla "pregiudiziale antifascista" (  ma anche  anti-jihadista,  anti-putiniana, eccetera, eccetera). Insomma, parliamo di due sinistre lontane anni luce dalla normale (nel senso di infrasistemica) sinistra riformista di stampo socialdemocratico.  Tuttavia,  sia la sinistra-oltre-la-destra-e-la-sinistra, sia la sinistra-arci-sinistra, sono "pregiudizialmente"  contro l'economia di mercato e la democrazia rappresentativa: detto in breve,  mostrano entrambe  di  disprezzare  il sistema di valori della società aperta,  liquidato come totalitario. E cosa scontata, come dicevamo, di aborrire  il riformismo. 
Per la  sinistra-oltre-la-destra-e-la-sinistra, pur di combattere il  totalitarismo capitalista, ci si dovrebbe alleare anche con il diavolo mentre per l'arci-sinistra no. Chi ha ragione? Nessuna delle due sinistre. Si tratta di un falso dilemma. O se si preferisce di un dilemma maturato intorno a una comune visione dell mondo,  per dirla sbrigativamente, anticapitalista. Un dilemma esclusivo, per avvertirlo, bisogna condividerne il pre-assunto. Abbastanza  leninista...  Ma con pendant scolastico (nel senso medievale del termine) 
Cosa vogliamo dire? Che se gli angeli non esistono, che senso ha tentare di scoprirne il sesso? E  magari dividersi in scuole opposte, discutendo  di possibili alleanze "argomentative"?  Fuor di metafora:  il totalitarismo capitalista è un concetto inventato e difeso dai suoi avversari in termini di politica della logica (nel senso che se i fatti contraddicono la logica politica, tanto peggio per i fatti...).  Quindi chi ci assicura, a prescindere dalle possibili alleanze, che le analisi in argomento  delle  due sinistre  rispondano  a criteri  inclusivi?    Euristicamente  oggettivi o comunque condivisi dalla comunità degli studiosi?  Nessuno. Si discute di qualcosa che non è vero né falso. Siamo nel  dominio dell'indeterminato. Di ciò che può al massimo assumere un valore affettivo. Tuttavia  le vie dell'inferno sono lastricate - ammesso e non concesso che siano veramente tali -  di  buone intenzioni. Storicamente parlando,  l'eterogenesi dei fini è un giocattolo pericoloso.  La verità (dei fatti) finisce sempre per vendicarsi.
Come del resto -  questo va concesso -  la stessa conclusione può essere estesa al  libertarismo capitalista: concetto  sviluppato  e propugnato  dai suoi sostenitori,  altrettanto fortemente  condizionati  dalla schmittiana tirannia dei valori ( e degli affetti).   Benché, sul piano personale (non scientifico), se dovessimo scegliere, per così dire,  tra l'"innocente" in prigione (comunismo e fascismo e  dittature di  vario genere) e il "colpevole" in libertà (libertarismo capitalista), sceglieremmo il secondo. Siamo d'accordo con Proudhon (liberale atipico...): al massimo dell'ordine, continuiamo a preferire il massimo del disordine..  O se si vuole, per dirla con Voegelin, al perfettismo l'imperfettismo. 
E su un piano più generale? Di neutralità affettiva?
Diciamo che il capitalismo (per usare un' espressione, forse emotivamente compromettente ), resta un sistema politico, economico e sociale che,  di fatto,  pur tra alti e bassi, al netto funziona meglio dei sistemi che lo hanno preceduto. Il che non significa, come osservava Schumpeter, che sia perfetto ed eterno.   Diciamo che, per ora,  può essere definito il migliore dei mondi possibili.  Si dirà che opponiamo a complesse argomentazioni "filosofiche"  e a benefici  desiderata  "ideali",  certo  semplicistico realismo sociologico,  frutto di un uno spirito di rassegnazione. Quello, per alcuni facile-facile, fondato sulla constatazione (di fatto) che i nostri  nonni andavano in giro scalzi...  
Può darsi. Ma diffidiamo dei profeti disarmati. Per non parlare di quelli armati...

Carlo Gambescia

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