giovedì 14 giugno 2012

Le riviste della settimana:“Éléments”, avril-juin 2012, n° 143,euro 5,50; “Krisis” (Monothéisme?/ Polythéisme?), n° 36, février 2012, euro 22,00; “Krisis” (Religion?), n° 37, avril 2012, euro 23,00 - 

http://www.revue-elements.com/


Da non perdere l’ultimo fascicolo di “éléments” ( avril-juin 2012, n° 143, euro 5,50), per il denso focus su Jean- Jacques Rousseau.  Pensatore atipico,   come ricorda  nel vivace editoriale Robert de Herte (Alain de Benoist): « Come Leo Strauss aveva giustamente rilevato, Rousseau appartiene alla seconda ondata della modernità (Machiavelli, rinvia alla prima, Nietzsche alla terza). Scrittore ineguagliabile, principale teorico del primato della politica, deciso avversario dei Lumi, tra le cui file viene ancora ostinatamente arruolato, Rousseau non fu solo un precursore del romanticismo o dell’ecologismo, ma va inserito tra gli autentici fondatori della psicologia moderna e della sociologia critica. Di qui l’impossibilità di etichettarlo (…). Rousseau rivoluzionario conservatore? È giunta l'ora  di riaprire il dossier».

“éléments”,  ospita, tra gli altri,  interessanti articoli sulle derive del pacifismo (Robin Turgis e Flora Montcorbier), sulla città post-moderna (Pierric Guittaut e Pierre Le Vigan) e su… Napoleone e Garibaldi (Yves Branca e Michel Marmin). Come sempre ricchissima la parte dedicata a recensioni e segnalazioni librarie.
Il Rousseau, teorico della religione civile, rinvia  ai densi fascicoli di “Krisis” dedicati rispettivamente a Monothéisme?/ Polythéisme? ( n° 36, février 2012, euro 22,00 ) e Religion? ( n° 37, avril 2012, euro 23,00).
Del primo fascicolo (Monothéisme?/ Polythéisme? ) ricordiamo, tra gli altri, gli articoli di Jean Soler (Pourquoi le monothéisme?), Thibault Isabel (Dieu, l’Un et le Multiple. Réflexion sur les deux formes fondamentales de religion) e le interessanti interviste a François Flahault (La conception de l’homme et de la societé chez le chrétiens et chez le païens), Michel Maffesoli (Vers un nouveau polythéisme des valeurs), Philippe Simonnot (La vie économique des religions).
Del secondo fascicolo ( Religion?), vanno  segnalati in particolare gli articoli  in continuità con il fascicolo precedente. A cominciare da quelli  di Thibault Isabel ( Plaidoyer contre l’intolérance laïque), Paul Masquelier (La religion comme facteur de développement historique. Retour sur la pensée de Jacob Burckhardt) e le interviste a Tariq Ramadan (Considérations sur l’Islam, la religion et la société moderne), Raphaël Liogier (La mondialisation du religieux) e Bernard Hort (Le bien, le mal et le monde. Réponses d’un auteur croyant à certaines attaques contre le christianisme).

Va rilevato che i due fascicoli si muovono teoricamente nell’alveo di un intelligente pluralismo cognitivo. Un’ apertura che ritroviamo sempre nei   libri e  nelle riviste dirette da Alain de Benoist. Il quale, è bene non dimenticarlo mai,  resta innanzitutto uno studioso, un grande studioso.  Le sue battaglie, un po'  come quelle inizio Novecento di Georges Sorel (altra singolare figura di studioso e pensatore insieme), prima che politiche sono  cognitive, o se si preferisce epistemologiche:  questa è la  “cifra”  metapolitica,  ma in realtà metodologica,  per capire a fondo il pensiero  debenoistiano.  E,  cosa non secondaria,  per evitare   di  perdere tempo,   rincorrendo   i suoi  cloni,  per giunta  lillipuziani. Di riflesso,  nei due fascicoli non viene lasciato spazio a  fondamentalismi di qualsiasi genere: laici, religiosi e... pagani. In certo senso, si prende la giusta distanza, sul piano epistemologico,  da quella che forse rappresenta la parte teoricamente  più  ambigua   del pensiero di Rousseau: l’idea di religione civile. E  in che modo?  Valutandone i pro e i contro. E qui lasciamo ai lettori il piacere di scoprire la qualità teorica  della discussione  a più voci,   tipica  di riviste come   “éléments"  e "Krisis".
Concludendo,  il politeismo, proprio perché  inquadrato "debenoistianamente" sotto l’aspetto cognitivo, viene  reinterpretato alla luce degli errori commessi non solo dai moderni, ma anche dagli antichi. Per Alain de Benoist nessuno è perfetto.    

Carlo Gambescia

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