venerdì 8 giugno 2012

Gianfranco Fini? 
Un  perfetto analfabeta politico




Gianfranco Fini, annunciando l’Assemblea dei Mille, dove verrà decisa la linea politica di Futuro e Libertà, ha rivendicato « il merito di aver fatto cadere Berlusconi».  Ora, il “tradimento” in politica - perché di questo si è trattato per l’ex delfino di Almirante -  ha una sua giustificazione in termini di scienza politica quando è legato alla lotta per conquistare più potere: lotta che ovviamente viene nobilitata dal “traditore” di turno ricorrendo a motivazioni di tipo idealistico (bene comune, salvezza della nazione, e così via).
In realtà, dal punto divista della scienza politica,  il  plusvalore politico di un “tradimento”   è   commisurato  alla quantità di potere differenziale (in termini di aumentata  capacità di influire sul sistema delle scelte politiche), che una determinata forza politica riesce a conseguire con qualsiasi mezzo, incluso, per l'appunto,  il "tradimento" dell'alleato (mezzi, ovviamente rapportati, di volta in volta, al tipo regime in cui essa opera).  Sotto questo profilo, finora la politica del partito guidato da Fini, dopo la  momentanea euforia del dicembre 2011,  si è tradotta in un insuccesso:  Fli è isolato politicamente, diviso al suo interno tra una destra e una sinistra e privo di qualsiasi potere di influenza sulle decisioni politiche.
Quale era l’ alternativa? Probabilmente, quella di restare all’interno del Pdl, puntando sulla graduale conquista dall’interno del partito fondato da Berlusconi:  sarebbe bastato esercitare, con intelligenza,  quella pazienza che distingue i veri leader.
Questo nostro approccio può risultare “antipatico”, perché ignora le questioni ideali,  dettate dall'etica dei princìpi.  Ma su questo aspetto siamo d’accordo con Giuseppe Prezzolini, il quale sosteneva che « esiste l’uomo di Stato cristiano, nella sua coscienza, ma non esiste uno Stato cristiano» (Cristo e/o Machiavelli, Longanesi 1971, p. 43, corsivo nel testo). Ossia, sul piano individuale, si può sposare la più diversa religione (l’uomo di stato cristiano) - e aggiungiamo, “morale” - dopo di che però bisogna fare i conti con l'etica dei mezzi, fondata sul rispetto delle  regolarità della politica,  tra le quali c’è  la ricorrente   volontà  egemonica, tipica degli uomini,  di  impadronirsi  del  potere, usando,  di volta in volta,  le tecniche della "volpe" o del "leone": rispettivamente l'inganno o la forza.   Regolarità, insomma, che impongono scelte opposte a quelle religiose e morali (non esiste perciò uno Stato cristiano, o per capirsi  morale). Ovviamente, sono esistiti leader politici che hanno cercato di fondare stati cristiani o morali, ma con pessimi risultati, come mostrano le guerre europee di religione e i totalitarismi confessionali (in senso morale-ideologico) novecenteschi.

Il vero leader politico, soppesando le varie alternative,  deve invece puntare sul giusto equilibrio tra lotta per il potere e  valutazione degli effetti sociologici di ricaduta delle lotte politiche sulla stabilità del sistema economico e sociale. Insomma, oltre un certo limite è meglio non spingersi, pena la dissoluzione del sistema.  Si tratta di un equilibrio non facile,  sempre  storico, perché legato alle  doti o qualità  degli uomini al comando,  alla quantità di risorse economiche impiegabili, alla natura degli eventi e al ruolo del caso e della fortuna.
Perciò, per concludere su Fini, ci troviamo davanti a un  perfetto analfabeta politico: un caso da manuale. Per ora, l’ex delfino di Almirante, nonostante la lunga militanza,  ha mostrato di non capire nulla delle regolarità della politica, oltre a brillare, naturalmente, per la sua doppiezza morale. Ma il rispetto delle  norme  morali, come detto,  in politica conta fino a un certo punto.  Pertanto, mettendola brutalmente, se l’imperativo è  "vendersi"  per conquistare più potere, diciamo che Fini si è  "venduto" per il  famigerato piatto di lenticchie. 

Carlo Gambescia 

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