giovedì 19 aprile 2012

I libri della settimana: Erasmo da Rotterdam, Scritti teologici e politici, a cura di Enrico Cerasi e Stefania Salvadori, Bompiani Il Pensiero Occidentale, pp. CVIII-1934, Euro 40,000; Baruch Spinoza, Tutte le opere, a cura di Andrea Sangiacomo, Bompiani il Pensiero Occidentale, pp. 2832, Euro 48,00.


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Nei manuali, anche quelli non scolastici, la storia della filosofia moderna viene tuttora presentata verdianamente come la marcia trionfale di un razionalismo benefico e salvatore. Certo, magari con alcune "piccole" ombre, qui e là, come sfugge talvolta dalla penna di qualche storico: un Pascal che spacca il capello in quattro per poi scommettere sull’esistenza di Dio, un Vico con il torcicollo, un Hegel che gigioneggia con lo Spirito Assoluto del prussianesimo, un Nietzsche che civetta seminudo con Zarathustra, e infine un Novecento interpretato, quando i conti non tornano, come tradimento degli ex chierici della filosofia pura. E che chierici! Si pensi solo a filosofi del calibro di Heidegger, persosi, sempre secondo il Club Amici della Ragione, per sentieri non solo interrotti ma con "affaccio" sul dirupo hitleriano.
Di qui, la necessità di rileggere e attingere direttamente dalle fonti del razionalismo moderno, per scoprire percorsi non sempre così lineari, neppure nei "Padri Fondatori". Una buona occasione è rappresentata dalla bellissima collezione “Il Pensiero Occidentale", ( http://www.libreriauniversitaria.it/libri-collana_il+pensiero+occidentale-editore_bompiani.htm ), diretta da Giovanni Reale, pubblicata da Bompiani, con il concorso della Fondazione “Arnone Bellavite Pellegrini”. Una magnifica collana che da anni mette a disposizione del lettore, ovviamente curioso e intelligente, curatissime edizioni dei classici del pensiero filosofico, con testo a fronte, note, introduzioni. Insomma, tutto quel che occorre a chi desideri lasciarsi alle spalle la piatta manualistica celebrativa e la divulgazione un tanto al chilo per attingere, e direttamente, dalle sempre fresche acque sorgive del sapere filosofico.
Ora, abbiamo qui sulla nostra scrivania, due “must” del pensiero moderno: Erasmo da Rotterdam, Scritti e teologici e Politici e Baruch Spinoza, Tutte le opere. Perché è importante cogliere l’ occasione per leggerli o rileggerli?
Innanzitutto, il primo aspetto che sorprende è la sterminata erudizione, in primis filologica, che farebbe impallidire tanti nostri filosofi contemporanei da talk show. Un sapere però non gratuito. Ma frutto di un vero corpo a corpo con la grande tradizione teologica e religiosa: il cristianesimo per Erasmo, l’ebraismo per Spinoza. Insomma, benché distanti per nascita quasi due secoli - con in mezzo tra l’altro Cartesio - Erasmo e Spinoza intendono la filosofia come lavoro razionale e faticoso sul significato e sull’uso di una terminologia che prima che filosofica è teologica. Dio c’è ancora, e vive e lotta in mezzo ai filosofi: non è morto, e non sta neppure poco bene. Quindi il razionalismo ( o pre-razionalismo nel caso di Erasmo) passa attraverso il filtro di una questione religiosa ancora lontana dall'essere espulsa dal dibattito filosofico e pubblico. Diciamo che Erasmo è sicuramente più vicino a Dio di Spinoza. Il quale invece lo scorge un po’ ovunque, rischiando però di diluirlo nel mondo fino a farlo sparire del tutto. Perciò, chi desideri approfondire questo aspetto, non può non cominciare, per Erasmo, dall’ Elogio dell’insensatezza (pp. 3-205), e per Spinoza, dal Trattato Teologico-Politico (pp. 629-1139).
In secondo luogo, quel che stupisce è la visione della società. E qui non c’è razionalismo che tenga. Perché Erasmo e Spinoza non scorgono nel sociale un prodotto autonomo di una ragione esterna all’uomo, ma un fatto di necessità. Certo, per Erasmo la necessità rinvia a Dio e, di riflesso, al buon principe cristiano che deve attuarne i decreti. Mentre per Spinoza il legame sociale è dettato dalla forza di auto-riproduzione della società stessa. In questo senso, Spinoza è più moderno di Erasmo ( e non è detto che sia un complimento...), dal momento che la sua visione culminerà, una volta caduto il Dio panteista, nella società acefala in seguito enfatizzata da tanta sociofilosofia moderna di impianto spinoziano (qualsiasi riferimento a Toni Negri è puramente voluto...). Chi, qui, voglia approfondire il punto, può partire, per Erasmo da La formazione del principe cristiano (pp. 1203-1451), per Spinoza, dalla Etica Dimostrata secondo l’ordine geometrico (pp. 1141-1623).
Una terza e ultima questione è quella del politico e della sua autonomia. Diciamo che Erasmo e Spinoza ne trattano abbassandolo a fenomeno utilitaristico. Non però nel senso di Machiavelli o più tardi di Croce. Secondo Erasmo, la guerra è inutile perché insensata e produttrice di rovine umane e materiali. E di conseguenza, l’uomo deve comprendere che è suo interesse, o utile, evitarla. Anche per Spinoza, la guerra, pur essendo una realtà innegabile, può essere, anzi deve essere addomesticata, puntando sul contratto e sulla tolleranza. Qualità crediamo più dell’uomo, ossia del "singolo", che dell' "intero" sistema sociale. Di qui, la contraddizione, da alcuni rilevata nel pensiero spinoziano, tra necessità sociale e libertà individuale. Chi voglia approfondire questo aspetto, per Erasmo, può leggere subito Il Lamento della Pace e Utilissimo parere sull’opportunità di muovere guerra ai Turchi (rispettivamente, pp. 1453- 1547, pp. 1549-1657). Per Spinoza, il Trattato politico (pp.1625-1791).
Perciò, come si diceva all’inizio, la marcia verdiana del razionalismo moderno, non è poi così lineare. E si muove, tra Quattrocento e Seicento, lungo i sentieri accidentati di un serrato confronto con le grandi questioni teologiche e religiose ereditate dai secoli medievali. Anzi, si può dire che filosofia e religione in quei secoli sono ancora molto collegate: non si può pensare l’una senza pensare l’altra, anche in opposizione, certo. Sotto questo aspetto resta tuttora interessante la proposta interpretativa di Augusto Del Noce, il quale ha sempre invitato a rileggere il pensiero moderno in modo non monolitico. A suo avviso, nella modernità possono ravvisarsi due linee di sviluppo, esito di due differenti interpretazioni del rapporto uomo-Dio, già presenti nel pensiero cartesiano. La prima linea, segnata dalla consapevolezza, nel Cartesio cristiano, dell’esistenza di un legame di dipendenza del sapere umano da quello divino, quale coscienza dei limiti della ragione umana. Linea che attraverso Pascal, Malebranche, Vico, va dal Cartesio cristiano a Rosmini, per proseguire nel nostro secolo in Maritain e Gilson. La seconda linea, che parte dal Cartesio incensato dall’immanentismo moderno, è invece contraddistinta da un Dio ridotto a puro notaio delle conquiste della ragione umana. Siamo così davanti alla marcia trionfale, almeno secondo i suoi interpreti, di un pensiero razionalista, fondato sulla rigida separazione tra ragione e fede. Linea, che secondo Del Noce, va dal Cartesio filosofo dell’ io pensante a figure come per l’appunto Spinoza, Hume, Kant, Hegel, fino a Croce e Gentile: tutti pensatori rivolti a oltrepassare la religione nella filosofia.
Ed Erasmo? Diciamo che - semplificando - appartiene alla prima linea di sviluppo. Erasmo prepara in qualche modo il terreno da cui germoglierà il Cartesio cristiano. Mentre Spinoza rientra nella linea immanentista. Anche se il suo distacco dal momento religioso e teologico, come abbiamo visto, è abbastanza lento e faticoso. Una ragione in più per leggerlo. Magari alternando Spinoza con qualche pagina di Erasmo. Per poi tornare al delnociano Cartesio con gli occhi rivolti verso la Luce, come il San Matteo chiamato da Cristo del Caravaggio.



Carlo Gambescia

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