lunedì 12 marzo 2012




 “Postfascisti”  
Il né destra né sinistra pavloviano



Che il Pdl faccia acqua da tutte le parti non è una grande scoperta. Però, piaccia o meno, ha una sua precisa collocazione di centrodestra. Certo, ancora intrisa di berlusconismo, tanto per usare un termine caro agli acculturati avversari del Cavaliere, ormai appiedato.
Sorprende invece leggere certe uscite di ex appartenenti al Pdl. Parliamo, ovviamente, dei finiani, il cui scopo gridato ai quattro venti doveva essere quello di far finalmente nascere una destra «normale» e « civile». Si prenda ad esempio la seguente dichiarazione rilasciata qualche giorno fa da Fabio Granata, vice coordinatore fliellino : «Futuro e Libertà non sarà mai neocentrista (…) siamo oltre destra e sinistra, non democristiani. Da Pietrasanta partirà una grande controffensiva di Futuro e Libertà per costruire il movimento del patriottismo repubblicano e legalitario».( http://www.iltempo.it/2012/03/09/1327639-fini_vuole_spazio_terzo_polo_convention_tutta.shtml ). A Pietrasanta, in Versilia, si terrà il prossimo fine settimana la convention di Futuro e Libertà. Auguri. Ma veniamo al punto. Che cosa vuol dire nell'anno di grazia 2012 essere «oltre destra e sinistra»? Certo, significa non voler morire democristiani o centristi… Il che può anche essere giustificato per chi provenga dalla destra movimentista e sia probabilmente in buona fede come Fabio Granata. Ma se poi non ci si definisce neppure di destra, che resta del progetto destra «normale» e «civile» ? Nulla.
Probabilmente, sotto c’è dell’altro. E per scoprirlo bisogna scendere nelle cantine dell'antropologia politica. Sotto sotto c'è un riflesso condizionato: pavloviano. Tipo quello del dottor Stranamore dell'omonimo e celebre film di Kubrick, al quale scattava all'improvviso il braccetto nel saluto hitleriano. Ma procediamo con ordine.
La pretesa di andare oltre la destra e la sinistra, come ha provato autorevolmente lo storico Zeev Sternhell, rinvia a quell'indigesto brodo culturale del “né destra né sinistra”, da cui nacque il fascismo. Un fenomeno ideologico e storico che resta culturalmente - a prescindere dalle successive e più o meno sincere conversioni individuali - la Casa del Padre di tutti postfascisti. Per dirla con Pavlov, padre della riflessologia: il suono del campanello ideologico del né destra né sinistra, attiva, per così dire, la salivazione politica del criptofascista… Non c'è il boccone di carne politica, ma solo il richiamo del campanello. Tuttavia - ed è proprio il caso di dirlo - la saliva resta fascista... Insomma, come per il cane di Pavlov, si tratta di un riflesso artificiale, condizionato. E tra gli uomini quell'artificialità sconfina nel mistero della cultura. Quante volte capita di discutere del condizionamento culturale e dei suoi misteriosi travestimenti? È perfino banale tornare sull'argomento. Diciamo solo che Granata, pur di tenersi al passo con i tempi, introduce forbitamente il concetto di «patriottismo repubblicano». E qui va notata una cosa: il fascismo, oltre a qualificarsi spavaldamente né di destra né di sinistra, nacque e morì repubblicano… Certo, il vice coordinatore dei finiani, da par suo, aggiunge «legalitario». Il che è apprezzabile.Però, visti i precedenti storici…
Inoltre, sono sciabolate che non contribuiscono sociologicamente allo sviluppo della destra «normale» di cui sopra: «Quella Destra che, per dirla con Montanelli, c’era prima di Berlusconi e ci sarà dopo di lui» ( http://www.fabiogranata.com/2010/08/16/un-futuro-da-ricordare/ ). Perché lo spadone del romanticismo post-fascista serve solo a diffondere tra i cittadini il letale germe della sfiducia nella democrazia rappresentativa. Un sistema che si fonda, per l’appunto, sul saggio discrimine parlamentare tra partiti di destra e di sinistra, normali. E non sull' imprudente e anormale romanticume politico del né destra né sinistra. Insomma, piaccia o meno, la scelta è tra dentro o fuori il sistema. Tertium non datur. O se talvolta è storicamente datur rinvia al governo, democraticamente eletto, di quel centro cattolico sgradito a Granata. Purtroppo, il vero punto della questione è il deficit di cultura liberale. Parliamo di una tradizione, il liberalismo, che paleofascisti (quelli studiati da Sternhell), fascisti e neo-fascisti hanno sempre disprezzato. Un grave deficit che caratterizza l’esperienza politica di tutti - e sottolineiamo tutti - i “postfascisti”: i postmissini, i finiani, gli ex aennini rimasti nel Pdl ( come mostra la recente e greve polemica di Gasparri contro "Il Riformista"); per non parlare dei partitini nati come funghi nella diaspora del dopo Fiuggi dove il culto di Codreanu tuttora impazza; oppure, peggio ancora, di certe amenità culturali messe in circolazione da intellettuali, addirittura vicini a Fini, sul libertarismo fascista ma in orbace o sul Sessantotto nero a braccetto però con i colonnelli greci. Qualcuno ricorderà sicuramente lo sciagurato "Madrid, Atene, e dopo Roma viene", slogan molto gettonato dalla destra studentesca e neofascista dell'epoca, oggi promossa sul campo per meriti libertari da alcuni "pamphlettari" postfascisti, specializzatisi nel genere... Roba da pazzi... Insomma, ideologicamente, siamo agli antipodi del liberalismo. Di qui, i frequenti richiami pavloviani al fascistoide né destra né sinistra, come nel caso di Fabio Granata. Il quale probabilmente, come tanti altri postfascisti, neppure se ne rende conto. Proprio come il dottor Stranamore.


Carlo Gambescia

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