venerdì 28 maggio 2010

Così parlò Zarathustra-Cardini




A chi voglia studiare da vicino un caso di “trombonismo applicato”, consigliamo di leggere l’intervista concessa da Franco Cardini a Michele De Feudis ( http://www.mirorenzaglia.org/?p=13932). Intervista che qui riproduciamo integralmente a scopo didattico.
Prima però alcune cosette.
Cardini con Schmitt c’entra come i cavoli a merenda. Se non altro per una semplice ragione. Schmitt, a poco più di quarant'anni, rimase stregato dall’ambiguo fascino luciferino di Hitler, non privo di grandezza. Cardini, a settanta, sembra invece subire il fascino di Fini, altrettanto equivoco, ma al massimo da capufficio… Ciò che sorprende è che lo storico, pur conoscendo da lunga data i suoi polli, pare condividere e sostenere l’offensiva politica, geneticamente personalistica, del Presidente della Camera.
Delle due l’una: o inizio di rimbambimento senile, o trombonismo applicato: da Zarathustra alla ribollita... Stante il tono oracolare dell’intervista, propendiamo per la seconda possibilità. Ovviamente i "finiani" ringraziano.
Quanto ai contenuti dell'intervista - piuttosto banalotti e che dunque contrastano con il tono profetico (di qui il caso di trombonismo "applicato" da studiare attentamente...) - diciamo che sono a metà strada tra le rapsodie antiamericane di Giulietto Chiesa e gli sfoghi da comico declassato di Beppe Grillo. Più un pizzico di incartapecorito moralismo da sacrestia.
Questo purtroppo - è proprio il caso di dirlo - passa il convento. (C.G.)
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Seduto su una panchina davanti all’Università di Bari, Franco Cardini, storico e saggista dagli svariati interessi – da Federico II alla questione mediorientale – lancia uno sguardo schmittiano e realista sull’Italia travolta dagli scandali e dal malcostume, confermando la sua vocazione ad essere uno dei pochi “intellettuali disorganici” in servizio permanente effettivo.
L’appartamento con vista Colosseo di Scajola può rappresentare una metafora dell’etica degli attuali governanti?
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Ormai dagli anni Ottanta in poi assistiamo ad un progressivo decadimento dei costumi, allineati ad una costante esaltazione edonistica.

Come mettere un freno a questa deriva?

È indispensabile un riscatto civile, possibile solo con una restaurazione radicale del senso dello Stato e della lealtà degli individui – e quindi anche dei politici – rispetto al bene comune ed alla cosa pubblica.

Mentre i giovani fanno mutui trentennali…

Trionfa il modello Scajola e il berlusconismo, intenso come forma mentis spregiudicata. Se fossero confermati gli addebiti delle inchieste su Denis Verdini, avremmo la riprova che intorno al premier si è coagulata una parte di Italia che punta a trarre vantaggi dalla propria pubblica funzione. E purtroppo l’altra metà del paese spesso è antiberlusconiana per invidia, perché vorrebbe avere le stesse possibilità del Cavaliere. Basta osservare la reazione da bulletto di Massimo D’Alema agli appunti ricevuti in tv.

Chi può farsi carico di rappresentare una differente sensibilità istituzionale?

Questi temi sono una costante nelle ultime prese di posizione del presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Il patriottismo repubblicano?

È una definizione che non mi piace. Qui è necessaria una rinascita della coscienza civica che ponga un argine alla deriva aziendalista e tuteli la socialità.

Eppure c’è chi mette in discussione le conquiste del welfare.

In un editoriale di Ostellino sul Corriere della Sera si riaffermano le profezie del turbocapitalismo. In un periodo di crisi economica immaginare di ridurre gli spazi di solidarietà sociale è una prospettiva nefasta. Mentre aumenta la povertà e Obama compie una rivoluzione per allargare l’assistenza sanitaria negli Usa, da noi c’è chi mette in dubbio i capisaldi della comunità nazionale.

L’acqua deve restare in mani pubbliche?

Capitalismo e proprietà privata sono legittimi ma devono trovano un limite nel bene comune. Lo diceva già San Tommaso.

L’Italia è in lutto dopo l’attentato afghano e la morte di due alpini.

Sono nostri caduti, non vittime, come i talebani bombardati dagli americani durante una cerimonia nuziale. Il mio sentimento di pietas è profondo. Il Paese ha risposto con un lutto virile, non con un piagnisteo. Dovremmo però interrogarci se la partecipazione al contingente internazionale in quel territorio sia in linea con i nostri interessi nazionali.

La crisi economica sta attanagliando l’Europa. La Grecia è in ginocchio, la Spagna traballa.

Si sono rivelate sballate le previsioni di chi descriveva l’Ue come una immaginaria Eurolandia. Per questo torna di attualità l’obbiettivo di consolidare una unione che esprima autonomia politica e una propria statura militare, passaggio che sarebbe conseguente ad una ridefinizione degli obbiettivi dell’adesione al Patto Atlantico.

Le prossime celebrazioni dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia paradossalmente sono divenute un elemento di divisione. Lei dove si posiziona?

Oltre le trote e i tromboni, distante dalle provocazioni leghiste come dall’esaltazione acritica dei Mille, di Garibaldi. L’Unità avvenne per l’incontro degli interessi di Francia e Inghilterra, con quelli dei Savoia, e grazie all’ideologia neogiacobina. Non bisogna dimenticare che furono svuotate le casse del Regno delle Due Sicilie. Adesso l’Italia deve scoprire ragioni forti per restare coesa. Il filone di studi di Gioberti e Cattaneo, insieme alla valorizzazione della cultura regionale e dei campanili legata ad un respiro nazionale, offre un sentiero da percorrere fino in fondo.

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