sabato 28 marzo 2009

Riflessioni

Il voto al Senato sulla "Dat" 




Le nostre società, sulla carta, si autodefiniscono liberali. Ma lo sono veramente? Stando al ddl Calabrò, sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), pare proprio di no. Perché ?
In buona sostanza il ddl, approvato ieri al Senato con 150 sì, 123 no e 3 astenuti, non stabilisce la vincolabilità delle volontà espresse dal soggetto nella “Dat” (Dichiarazione anticipata di trattamento). Di più: introduce il totale divieto di sospensione di nutrizione e idratazione. In quanto si tratterebbe di risposte ai bisogni vitali della persona e non terapie. (http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_929500621.html ).
Tre riflessioni.
In primo luogo, la non vincolabilità (per familiari e medici, se abbiamo capito bene), riduce la libertà individuale, in una materia pur delicata, a un valore pari a zero. E la consegna, su un piatto d’argento, agli azzeccarbugli e alle burocrazie.
In secondo luogo, il divieto di sospensione di nutrizione e idratazione, che può essere giusto nel caso di assenza di una volontà individuale - espressa in modo formalmente incontrovertibile - di mettere fine alla propria vita (condizionatamente, s'intende, al verificarsi di alcune circostanze), vanifica l’idea stessa di libero testamento biologico individuale. Tra l’altro, parliamo di una scelta già retrocessa lessicalmente nel ddl, a “Dichiarazione anticipata di trattamento” (Dat). Una denominazione a metà strada tra il linguaggio orwelliano e quello di certe sacrestie post-moderne.
In terzo luogo, non è assolutamente liberale pretendere di legiferare su una materia così importante e delicata, puntando su sette voti di differenza. Certo, può essere democratico in senso maggioritario. Tuttavia, in una società liberale, ogni grande decisione, come in questo caso, deve riflettere un’ unità di fondo sulle grandi questioni, in termini di un minimum di consenso comune a livello di pubblica opinione. E sotto questo aspetto - e lo diciamo da cattolici - il ddl Calabrò, così come è ora, non può non essere vissuto dai laici come una pura e semplice presa in giro. E dai laicisti come una offensiva provocazione.
Ma perché sulle grandi questioni, come appunto la vita e la morte delle persone, deve sussistere un'unità di fondo? Per evitare due rischi politici: il primo, che le minoranze (grandi o piccole), si sentano (sostanzialmente e non solo formalmente) poco tutelate e discriminate; il secondo, che le minoranze di cui sopra possano, per reazione, passare all'azione diretta...
Se non c’è comunità non c’è libertà, e soprattutto la democrazia maggioritaria rischia di trasformarsi in tirannia. Della maggioranza.
Come, appunto, sta accadendo in Italia. Vergogna.
Carlo Gambescia
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Eventi
Carlo Gambescia vi invita sabato prossimo 28 marzo al seguente evento: http://www.laquintastagione.com/wp/?p=102

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