lunedì 12 maggio 2008

Il giornalismo culturale e la legge di Gresham

Mai mordere la mano che nutre



Diciamo che è un post per addetti ai lavori. Ma che può interessare anche i lettori curiosi, soprattutto se giovani, inesperti ma desiderosi di iniziare la carriera giornalistica.
Entriamo subito in argomento. Regola fondamentale: quando un giornalista scrive un pezzo, quel che non dice è più importante di quel che dice. Ad esempio che succede quando un redattore, che si occupa di cultura, ne scrive uno sulle ultime novità editoriali?
Se si tratta di un grande giornale vengono inevitabilmente privilegiate le major dell'editoria: quelle dedite al conformismo del best seller, proprietarie di giornali e fornite di onniveggenti uffici stampa, capaci di influire a distanza sulla sorte professionale del primo (e sfortunato) redattore culturale che provi a parlar male dell'ennesimo "grande successo"...
Ma le cose vanno male anche nei piccoli giornali. Dove un giornalista, una volta pagato pegno alle major, potrebbe muoversi più liberamente, cercando di privilegiare in base al merito questo o quel piccolo editore non conformista. E invece no. Perché a condizionare il suo lavoro non ci sono più potenti uffici stampa, ma spesso solo gretti interessi di microcordate parapolitiche Senza considerare, naturalmente, invidie, antipatie, ruggini personali, eccetera... Di qui l’esclusione, se ad esempio si deve scrivere di editoria controcorrente, di quelle piccole case editrici giudicate non in linea con certi parametri, diciamo così, politicamente corretti. E chi sono i giudici? Magari un direttore, "schiavizzato" dall'editore. Oppure un capo servizio, tenuto a catena dal direttore, che a sua volta, tiene al guinzaglio il redattore, il quale ha il compito materiale di scrivere l'articolo...
Comunque sia, partendo dai nomi "silenziati", si può ricostruire la mappa, come dire, dei non graditi all' editore del giornale. Un “cartina” molto utile per chi eventualmente stia iniziando a collaborare. Certo, a patto di non dare alcun peso alla propria avvilente positura da "piegato in due", come un maggiordomo di palazzo...
Va anche detto che una volta fiutato il vento sono gli stessi giornalisti, culturali o meno, ad autocensurarsi, Regola numero uno: mai mordere la mano che nutre. Perciò se si vuole mantenere il posto di lavoro o la collaborazione ci si deve adeguare. E dunque scrivere “sugli attenti”. E poi perché schierarsi con una microcordata perdente oppure con qualche Bastian Contrario, il cui solo nome fa imbestialire il capo servizio? Del resto, in alcuni casi, si può scoprire nel redattore “sugli attenti”, seguendone i periodici “contorsionismi”, certo sottile piacere di servire.
E possiamo assicurare che nell'insieme, il servilismo giornalistico, offre uno spettacolo non privo di spessore drammaturgico. Quasi da girone infernale dantesco: al tempo stesso terribile e avvilente. Ma edificante per chiunque, come si diceva un tempo, ami camminare a testa alta.
Quali sono i costi sociali del servilismo?
In primo luogo, il lettore comune continuerà a vedersi proporre gli stessi libri, spesso mediocri, scritti e pubblicati dai soliti noti. Oppure da autori ed editori che sono dalla parte delle microcordate vincenti nelle guerre fra poveri di cui sopra. Il che è tutto un programma...
In secondo luogo, come insegna la legge di Gresham, la moneta cattiva finisce per cacciare quella buona. In che senso? Il giornalista con un minimo di schiena diritta (la moneta buona) viene, prima o poi, emarginato. Il che, automaticamente, favorisce i furbi e i carrieristi (la moneta cattiva).
Un consiglio ai giovani: prima di dedicarvi al giornalismo, e in particolare a quello culturale, riflettete non una ma mille volte.
Carlo Gambescia

P.S. (13.5.08)
Questo post non è stato molto commentato. Chissà forse per mancanza di coraggio... Meglio non inimicarsi la "mano" di cui sopra, firmando un commento, con il proprio nome e cognome, sul blog di un Bastian Contrario...
Così vanno le cose. Come faceva quella canzone di Vasco Rossi? "Siamo soli, Siamo soli..."
Tuttavia che resterà di noi scribacchini, almeno in questo mondo? Solo quel che avremo pubblicato. Nel bene come nel male (altra "quasi" citazione da Battiato).
Pertanto chi scrive "per servire" tragga da sé le conclusioni...

C. G. 

Nessun commento:

Posta un commento