Corsi e ricorsi
Beppe Severghini, il "graeculo"
Nel 212
a .C. la conquista di Siracusa, fece scoprire ai Romani
tutta la ricchezza, anche culturale, della Magna Grecia e della stessa Grecia.
E nel mezzo secolo successivo Roma infittì i rapporti soprattutto politici,
economici e militari con la
Grecia. Fino a impadronirsene completamente. Soprattutto dopo
la seconda battaglia di Pidna (148
a .C.), che permise ai Romani vittoriosi di ridurre a
provincia la Macedonia.
Intanto tra il 212 e il 148 a . C. Roma si era
popolata di Greci: intellettuali, mercanti, esperti nelle arti divinatorie,
architetti, ma anche truffatori, ladri, prostitute. Per i Romani, soprattutto
quelli legati agli antichi costumi, la Repubblica si era andata popolando di individui
spregevoli: prima di "italiaoti" (gli abitanti delle Magna Grecia) e
poi di "graeculi" (i Greci veri e propri). Un termine dispregiativo,
quest'ultimo, che si può tradurre con "grecuzzo", come sinonimo di
parassita. Ad esempio, veniva definito tale, il retore greco che viveva a spese
delle aristocratiche famiglie romane, vendendo il suo sapere, e spesso
costretto a incensarle. Un altro esempio, magari molto alto, è quello di Polibio,
autore delle classicissime Storie, portato in ostaggio a Roma dopo la
prima battaglia di Pidna (168
a . C.), e poi fattosi apprezzare nel circolo
intellettuale di Scipione Emiliano. C'era infine anche un altro termine,
"pergraecari", che indicava appunto certa dissolutezza greca. Ma
questa è un'altra storia.
Quel che è significativo è che sul piano
politico-militare, l'apporto dei "graeculi", di qualsiasi condizione
fu praticamente nullo. Roma, proseguì vigorosamente per la sua strada, fino alla
costituzione del Principato e dell'Impero. Nel 148 a .C., Roma aveva davanti
a sé , più o meno, altri sei secoli di storia. E che storia.
Perché questa lunga premessa? Perché l'articolo di Beppe
Severgnini apparso ieri sul Corriere della Sera, nella rubrica
"Italians", ricorda per stile e tono, l'atteggiamento verso
Roma del "graeculo". Per carità, Severgnini, non è un graeculo
qualsiasi. Si potrebbe scomodare, per eventuali raffronti, addirittura la
figura di Polibio. E non tanto per la dottrina. Severgnini, per quanto capace,
come formazione resta comunque solo un buon giornalista. Ma tuttavia,
Severgnini, come Polibio con Roma, giudica il nascente "impero
americano", quale unico orizzonte storico possibile. E di qui sicuramente
proviene quel suo desiderio di "mettersi comodo in poltrona" visto
che il film sarà piuttosto lungo...
Già il titolo del pezzo è tutto un programma:
"Noi amici dell'America chiediamo allo zio Sam: 'Lasciaci venire da te' ".
Severgnini, che quest'estate andrà a insegnare nel Vermont, ( ancorché scriva
"parola d'onore: questa non è una protesta"), critica le autorità Usa
per le lungaggini burocratiche che avrebbero preceduto la concessione del suo
visto. Dovute ai noti problemi di sicurezza. Che Severgnini non discute.
Ma quel che colpisce delle sue critiche è proprio la forma
mentis che c'è dietro. Un atteggiamento che gli specialisti di studi
post-coloniali definiscono, di sudditanza psicologica del dominato. In
sostanza, Severgnini che cosa rimprovera agli Usa ? Che l'attuale "complessità
gotica delle burocrazia" impedirà agli italiani e agli europei di recarsi
in massa quest'estate negli Stati Uniti. Dispiace dirlo, ma si perde il conto
di quante volte nell'articolo, Severgnini si rivolga ai suoi ideali
interlocutori americani chiamandoli "amici", come per mettere le mani
avanti... E poi, come non definire irritante quel suo continuo piagnucolio da
"graeculo"? "Ma è proprio necessario - scrive Severgnini, quasi
in lacrime - per evitare i malintenzionati, trattare tutti da malintenzionati".
Siamo alla supplica.
Il pezzo si chiude con un aneddoto: "Per caso,
uscendo dal consolato, ho incontrato un collega che sta organizzando una
rassegna internazionale di cucina italiana. Tra New York e Londra ha scelto
Londra: solo per la facilità di far arrivare chef e invitati. Quanti hanno
fatto come lui?".
L'impero Usa si è messo in marcia, e sta schiacciando
qualsiasi ostacolo trovi sul suo cammino. ... E Severgnini si preoccupa di
visti e rassegne di cucina italiana.
Eh sì, abbiamo i Severgnini che ci meritiamo.
Carlo Gambescia