giovedì 26 dicembre 2024

La scomparsa di Dalmacio Negro Pavón

 


La morte di Dalmacio Negro Pavón, il 23 dicembre, nella nativa Madrid, per un  malore improvviso, all’età di 93 anni, è una grande perdita per la scienza politica europea. È mancato  come sorte ha voluto, lo stesso giorno in cui era nato.

Parliamo di uomo generoso, affabile, coltissimo, autoironico, grande didatta e profondo scienziato della politica, ancora lucidissimo e in piena attività. Tra i suoi ultimi lavori va ricordato La ley de hierro de la oligarquía (Encuentro, 2015). Una densa disamina, che in meno di cento pagine esplora in modo convincente, ciò che al tempo stesso si può definire una regolarità metapolitica e uno strumento per illustrare la crisi delle classi dirigenti europee. Un piccolo capolavoro degno del sapere di un Gaetano Mosca e dell’etica politica di Benedetto Croce.

Da ultima va ricordato Tradición de la libertad (Unión Editorial, 2019), vero concentrato del suo pensiero in argomento, in cui il grido di allarme per la libertà, stretta tra l’enorme appetito fiscale dello stato welfarista e il conformismo di burocrazie del pensiero, si fa pressante e lucido al tempo stesso.

In Italia ho avuto il piacere di pubblicare Il Dio Mortale. Il mito dello stato tra crisi europea e crisi della politica (2014). Uscito per la collana del Foglio che dirigo con Jerónimo Molina, suo allievo, alla Complutense, dove Negro insegnava, unitamente, negli ultimi anni, alla CEU San Pablo.Lo studio fu tradotto e curato dall’ottimo Aldo La Fata.

Un aneddoto che spiega bene l’uomo e lo studioso. Gli scrissi per il completamento di alcune note. Pentendomi subito, timoroso di averla fatta grossa (importunare un cattedratico di quell’importanza…). Invece Don Dalmacio mi rispose in un lampo ringraziandomi per l’accuratezza, inviandomi tutti i dati necessari. Un grande.

La sua posizione politica e storiografica può essere ricondotta tranquillamente nella speciale galleria del liberalismo triste. Detto altrimenti del liberalismo realista, “non ridens”. Negro tra l’altro apprezzò molto il mio libro in argomento e si prodigò con l’amico Molina perché fosse pubblicato in castigliano.

Per un approfondimento del suo pensiero consigliamo in primis (anche perché in Italia non lo si è tradotto quanto meritava) il già citato Il dio mortale (Il Foglio 2014), in secundis, Historia de las formas de Estado (El Buey Mudo, 2010), nonché Gobierno y Estado (Marcial Pons, Ediciones Jurídicas y Sociales, 2002) e La tradición liberal y el estado (Unión Editorial, 1995). 



Un liberalismo triste, dicevamo, che oltre alla grande lezione di pensatori liberali europei come Tocqueville, ha  approfondito  quella di Carl Schmitt. Sul punto si veda Estudios sobre Carl Schmitt (Fundación Cánovas del Castillo, 1995). Senza dimenticare l’influsso di un cristianesimo realista, attento alle opere piuttosto che alle parole della Chiesa. Un argomento che indaga a fondo in Lo que Europa debe al cristianismo (Unión Editorial, 2006).

Negro va indubbiamente ricondotto, pur non rientrandovi, cronologicamente, in quello che Jerónimo Molina ha definito il “ cuarto de siglo oro del pensamiento político español” (1935-1969 *).

Va però onestamente detto che sul piano delle definizioni, anche postume, il “siglo de oro”, come canone, a Negro stava un poco stretto. Nel senso di una sua maggiore duttilità verso il pensiero politico europeo del filone liberale e moderno, oltrepassando così il tragico confronto secolare tra le due Spagne, la tradizionalista e la moderna. Culminato nella Guerra civile del 1936-1939.

Ovviamente Negro si muove “con juicio”. Mai stato un fanatico della modernità, né un paladino di una tradizione radicata in qualche iperuranio. Il che, e non per mettere le mani avanti, esclude una interpretazione di sinistra del suo pensiero (**).

Liberalismo, realismo, cristianesimo sono i tre termini per interpretarne l’opera. Il circolo virtuoso del suo pensiero. Senza dimenticare il rigore scientifico e il suo sguardo disincantato sul mondo.

Un disincanto sano diciamo, non nichilista da insopportabile e snobistico pellegrino dell’essere: il disincanto di Negro è quello del realista serio, che indaga il mondo (dove non ci si bagna mai  due volte nello stesso fiume) perché fa parte del mondo e vuole capire. 

Negro non si trastulla con il proprio ombelico, ma resta a guardia dei fatti. Il che, ma questo è un nostro modestissimo parere (***), gli ha consentito, grazie anche alla sua forte fibra, di giungere e 93 anni.

Diciamo pure che se li è meritati tutti.

Carlo Gambescia.

(*) Lo scritto di Molina è qui: https://www.eldebate.com/cultura/20240316/francisco-javier-conde-cuarto-siglo-oro-pensamiento-politico-espana_182245.html .

(**) Sui vari punti del pensiero di Negro si veda la raccolta di scritti per i novant’anni curata da Jerónimo Molina, Pensar el estado. La política de los hechos y la política de la libertad , Los papeles del sitio, 2022.

(***) Per questi aspetti si veda “Presentancíon del Editor” in D. Negro, Liberalismo e iliberalismo. Articulos políticos (1989-2013), Edición de Molinagambescia, Los papeles del sitio, 2021).

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