Ieri su una pagina Fb, dedicata a Roma di una volta, dove si pubblicano antiche foto della Capitale, un signore, diciamo così, ha detto che “Roma puzza” e che “urge un altro Ventennio”. Insomma solo il fascismo può salvare l’Urbe…
Silenzio generale. Nessuno ha commentato per quasi cinque ore. Dopo di che alla educata protesta di un altro lettore, alla quale mi sono unito, il “fascista” ha replicato con parole irriferibili. Altro silenzio. Che dura tuttora, mentre sto scrivendo. Quindi sono passate quasi 24 ore.
Si dirà che Roma è maleodorante e che lo ha detto anche Verdone, eccetera. Giustissimo. Ma il punto è un altro. Che c’è gente che auspica il castigamatti in camicia nera. E che pratica una specie di squadrismo verbale, nel silenzio generale. E chi tace acconsente. Altro che argomento fuori tema. Fascismo e antifascismo non sono mai fuori tema.
Si tratta di un segnale preoccupante, come altri simili.
Si pensi ad esempio alla “gallofobia”, riscoperta in questi giorni a proposito delle olimpiadi parigine. Ha radici antiche. Nello spirito controrivoluzionario che mise a morte i giacobini napoletani, “amici dei franciosi”. In seguito, dopo la parentesi risorgimentale che vide Napoleone III favorire l’unificazione italiana, la gallofobia fu rilanciata da Francesco Crispi, ex repubblicano, poi monarchico autoritario, filotedesco, una specie di anticipazione di Mussolini, che alimentò, da vero ingrato, una scema guerra doganale del vino contro la Francia repubblicana. I giornali dell’epoca, soprattutto quelli umoristici, erano pieni di vignette, titoli, battute pesanti sui “mangiarane” francesi.
La brutta storia ebbe un seguito – perfino nella volgare terminologia – durante il fascismo. Che non aveva perdonato a Parigi il sacrosanto rifugio politico offerto agli antifascisti. Inoltre fu di Mussolini la vergognosa responsabilità di invadere nel 1940 una Francia sconfitta, già occupata dagli sgherri di Hitler. Una vera carognata. Ecco, in questi giorni, sembra tornare a galla tutto lo squallido repertorio controrivoluzionario contro la Francia, dai sanfedisti napoletani a Crispi e Mussolini. E anche questo non è bel segnale.
Infine, si legge questa mattina che Giorgia Meloni accusa le opposizioni di sinistra di voler bloccare le riforme. Quali riforme poi? Magistratura su misura, plebiscitarismo in quantità industriale, populismo regionalistico. E per quale motivo? Difendere “ferocemente” i privilegi.
Questo tipo di approccio, rivolto a delegittimare l’opposizione ( e sul punto si vadano a rileggere resoconti parlamentari e discorsi), fu lo stesso di Crispi e Mussolini. E in anni recenti del Cavaliere. Solo che ora le parole sull’opposizione che non permette di lavorare, sono sulle labbra non di un fatuo play boy e magnate delle televisioni , ma di Giorgia Meloni, orgogliosa di essere stata missina, quindi neofascista convinta. E questo è un altro brutto segnale.
Come scriveva Agatha Christie? Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi una prova.
Di cosa? Il lettore provi a giungere da solo alle conclusioni.
Carlo Gambescia
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