venerdì 29 settembre 2017

Referendum catalano
España invertebrada?




Referendum catalano, tre notizie significative.

La prima.
Con le migliaia di agenti inviati in rinforzo in Catalogna negli ultimi giorni sono ora oltre 10mila gli uomini della Guardia Civil e della Policia Nacional nella regione 'ribelle' con il compito domenica di impedire lo svolgimento del referendum di indipendenza, ha indicato oggi il 'ministro' degli interni catalano Joaquim Forn.

La seconda.
In una lettera ai colleghi delle 27 capitali Ue il sindaco di Barcellona Ada Colau ha chiesto oggi una mediazione della Commissione Europea nella crisi catalana. Colau, eletta con Podemos, sottolinea che il conflitto catalano non è una questione interna spagnola e deve essere affrontato nella sua dimensione europea.

La terza
 Parlamento basco ha espresso oggi "appoggio e rispetto" al referendum di indipendenza catalano previsto domenica e dichiarato "illegale" da Madrid. In un documento approvato con i voti del partito nazionalista moderato Pnv del premier Inigo Urkullu e degli indipendentisti di Bildu, il parlamento basco si oppone a qualsiasi misura repressiva dello Stato spagnolo per impedire lo svolgimento del voto il primo ottobre.

Qual è il legame sociologico?   Sintetizziamolo  in  tre punti.
1) Che il conflitto politico, implica sempre l’appello a una autorità istituzionalmente superiore, in  questo caso l’Ue;  2)  che  implica la nascita di alleanze, sulla base del meccanismo “il nemico del mio nemico è mio amico”,  in questo caso i separatisti baschi; 3) che l’uso della forza, inevitabilmente, rappresenta sempre la soluzione in ultima istanza, in questo caso l’invio dei poliziotti spagnoli per impedire il referendum.
Pertanto,  l’esito  del conflitto spagnolo, dipende da  fattori interni ed esterni, non tutti controllabili, perché ad esempio l’uso indiscriminato della forza potrebbe far cambiare idea all’Ue e provocare prese di posizione ancora più decise da parte dei baschi e del separatismo in genere. E non solo in Spagna.
Si dice che il diritto di secessione dei popoli sia sacro.  Il che, se si riflette bene, sul piano dei principi,  non è che un prolungamento ideologico - e argomentativo -  dello stato-nazione (un territorio, una lingua, una sovranità),  in nome del quale la Spagna vuole vietare il referendum. In realtà, il diritto dei popoli, nelle sue varie vesti politiche  ( specialmente in quella secessionista che lo rappresenta a livello di potere costituente vs potere costituito) è un fenomeno sociale a doppio taglio.   Che ricorda, sul piano formale (dei processi formali,  astratti dai contenuti), quello della moda,  nel senso che si vuole, collettivamente, essere uguali e diversi al  tempo stesso:  uguali tra catalani,  indossando, per così dire una certa maglietta, e diversi dagli spagnoli, che ne indossano un'altra, di moda per  Madrid.   E così via, secondo un microfisica del potere,  dall’alto verso il basso, che regola le  “mode politiche”, dalla genesi sociale alla istituzionalizzazione.  Ad esempio come si comporterebbero le  "istituzioni" catalane, una volta stabilitesi,  con   minoranze interne, allo stato nascente,  che si “abbigliassero” in altro modo?  Va da sé che invierebbero la polizia catalana. Per contro le  stesse  minoranze, invocherebbero l’alleato europeo e  spagnolo contro il "centralismo" catalano. E così via.
Questa è  la  sostanza  sociologica (e metapolitica) del processo conflittuale in atto.  Certo, esistono le Carte costituzionali, frutto di buon senso e prudenza politica.  Carte  che dovrebbero impedire tutto questo. In fondo,  la Spagna post-franchista,  gode di un sistema di autonomie, anche a livello locale, perfino  comunale e  provinciale, molto liberale.  Eppure, sembra non bastare.
L’antica malattia spagnola, diagnosticata  da  Ortega y Gasset,  di una   España invertebrada , votata all’autodissoluzione, vittima  dei suoi  regionalismi  e separatismi,   sembra riaffacciarsi. 
Si dirà:  non è una malattia, Ortega era un liberale conservatore,   che non capiva  l’ansia di libertà  dei vari  popoli  insediatisi  nella penisola iberica.  Probabile,  ma la cura, al punto in cui si è giunti, qualunque "terapia" si scelga,  rischia di essere dolorosa, molto dolorosa. Per tutti.     

Carlo Gambescia