martedì 23 settembre 2014

Responsabilità civile dei giudici: lo scaricabarile tra Stato e Magistratura
E io (cittadino) pago...

di Teodoro Klitsche de la Grange



Il problema della responsabilità civile dei magistrati appare affrontato nel teatrino della politica in un aspetto parziale ma che è il più rilevante in una mentalità sanzionatoria; e la cui componente trascurata – di converso – è la più interessante.
Il punto apparente, oggetto di scontro politico, è se il magistrato debba risarcire direttamente – e di tasca propria (anche se limitata) il danneggiato – ovvero se a indennizzarlo debba provvedere lo Stato. L’argomento che spesso emerge, ma è molto più presupposto che esternato, è che non sia giusto che lo Stato (cioè i contribuenti) debbano pagare per atti e comportamenti di funzionari sprovveduti, negligenti e infedeli.
In realtà, se si dilata il campo d’osservazione anche nel tempo, la questione del chi debba tenere indenne il danneggiato è secondaria, e quasi sempre risolta in modo diverso: cioè che l’obbligo di risarcire sia dell’istituzione e non del dipendente della stessa.
Veniamo al primo aspetto: ciò che interessa di più è che il danneggiato sia risarcito: risulta che nel periodo di vigenza della legge attuale (quasi venticinque anni), di domande di risarcimento dei cittadini ne siano state accolte quattro. Una percentuale così infinitesima rispetto al contenzioso, fa pensare che l’infallibilità del soglio di Pietro sia stata infusa nella giustizia italiana.
Sul punto la Corte di giustizia dell’Unione Europea (tra i tanti) ha ritenuto e statuito in diverse sentenze che la normativa italiana era lesiva dei diritti dei cittadini UE (italiani compresi) e che andava cambiata. È questa la ragione delle pronunce – e della non conformità della legislazione ai principi (anche della costituzione vigente).
E in ciò si adeguava allo spirito costituzionalista (liberale) e del common sense: ciò che realmente interessa non è tanto che il funzionario negligente paghi, ma soprattutto che sia risarcito il danneggiato, che dall’atto o dal comportamento del magistrato è stato leso nei propri diritti (molto spesso garantiti da costituzioni e trattati internazionali).
Quanto al secondo aspetto, occorre rifarsi da un lato al droit commun, cioè, con qualche approssimazione (da non poter approfondire in un articolo), a quello privato.
Se un’azienda, una società ma anche un ente pubblico svolge un’attività e lede diritti di chicchessia per errore dei propri dipendenti è l’ente (o la società) a rispondere civilmente e non i collaboratori dello stesso. Peraltro tale principio era stato da secoli esteso agli atti dei funzionari pubblici, se lesivi di diritti dei sudditi; pagava il fisco, cioè la “cassa” del monarca.
Tale principio, con qualche rarissima eccezione (quali per l’appunto la responsabilità dei magistrati e dei conservatori dei registri immobiliari e tanti aggiustamenti) rimase sostanzialmente invariato fino alla Costituzione vigente.
Nella quale con l’art. 28 fu deciso di istituire il principio della responsabilità (diretta) dei pubblici funzionari. L’on. Codacci Pisanelli alla costituente rilevava che si trattava di una novità: e aveva pienamente ragione perché la costituzione trasformava in principio generale ciò che era tassativamente disposto per poche classi di dipendenti pubblici. Ma, continuava a permanere comunque la responsabilità dell’Ente (e quindi dello Stato), anzi “rafforzata”.
La Legge 117/1988 attualmente vigente, emanata dopo  il referendum abrogativo delle norme sulla responsabilità dei magistrati, confondendo, con tutta probabilità volutamente, tra responsabilità del magistrato e quella dello Stato ha realizzato l’obiettivo  di non consentire il risarcimento dei danni (solo quattro casi in più di vent’anni!!) usando le garanzie istituzionali della magistratura al fine di non far pagare a nessuno i risarcimenti che, secondo i principi generali, avrebbe dovuto pagare lo Stato, come qualsiasi istituzione pubblica e privata.
Per questo ben vengano norme che – in sostanza – ritornano alla responsabilità del fisco: il quale così si addosserà, come qualsiasi soggetto economico, il relativo rischio.
Sarà poi il soggetto-Stato a valutare – anche in ciò come da principi generali - se nell’attività del funzionario ricorrano i presupposti per eventuali sanzioni. Ma dei diritti dei cittadini, conferma la recita in corso, non cale a nessuno dei commedianti: storia vecchia e tante volte ripetuta.

Teodoro Klitsche de la Grange 

Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009),  Funzionarismo (2013)


                                                                                   

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