Dibattiti (con un intervento di Bernard Dumont)
Chiesa e immigrati
Come “inquadrare” sociologicamente le ripetute critiche della Chiesa Cattolica
alle politiche di severo controllo dei flussi migratori?
Per la Chiesa
il valore fondamentale da difendere è la dignità dell’uomo, per lo Stato,
invece, la difesa della dignità dell’uomo va sempre commisurata
"responsabilmente" ai mezzi disponibili per salvaguardarla: se per la Chiesa , "potenza
spirituale" che confidando nella Provvidenza non si misura con i mezzi,
tutti gli uomini sono uguali, per lo Stato, "potenza terrena" che
confida solo in se stessa, i "propri" cittadini sono “più uguali
degli altri”. Ovviamente, anche l’etica di uno “Stato Mondiale” non potrebbe
non essere pragmatica. Dal momento che i mezzi, a prescindere dallo scenario
geopolitico e istituzionale (dallo Stato nazionale allo Stato universale), sono
sempre politicamente scarsi e contesi. Di conseguenza qualsiasi istituzione
politica "terrena", se vuole sopravvivere, deve fare i conti con
essi.
Di qui - crediamo - l’impossibilità di una proficua e stabile intesa tra Stato
e Chiesa Cattolica sulla questione dell’immigrazione. Perché la Chiesa non ragiona in
termini di risorse (scarse e limitate temporalmente) ma di princípi o valori
(sovrabbondanti, come la Grazia ,
ed eterni).
Certo, è pur vero che la Chiesa
parla al mondo senza essere essere del mondo. Perciò un partito cattolico (confessionale)
al potere - quindi pienamente di "questo mondo" - non potrebbe non
veicolare la “cultura dell’ accoglienza”. Ma come? Con grande prudentia. E in che modo? Aderendo,
come ogni altra istituzione o "potenza terrena”, a quella casistica del
male minore - ora "accantonata" ma presente, fin dal tardo medioevo,
nella teologia politica cattolica - che permette (e giustifica) di commisurare
(temperandoli), come richiede la pratica politica, princípi (immensi) a mezzi
(scarsi). Probabilmente un partito cattolico finirebbe per favorire l' ingresso
degli stranieri correligionari, centellinando quelli di altre confessioni non
cristiane. Insomma, difenderebbe “i propri” cittadini politici o elettori.
Alla luce di quando detto, come giudicare "l’interventismo" sugli
immigrati della Chiesa Cattolica? Un giusto e nobile richiamo. Ma totalmente
impolitico.
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Riceviamo e pubblichiamo volentieri il
seguente commento dell'amico Bernard Dumont (nella foto), direttore della rivista
"Catholica" http://www.catholica.fr/ (C.G.)
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Caro Carlo,
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Non condivido l'analisi. A mio parere sono
altre le ragioni che spiegano le recenti dichiarazioni (ad esempio, di
Monsignor Marchetto) .
1) Si tratta di una forma di atteggiamento
ecclesiastico che si ripete con regolaritàdagli anni ’70 in poi. Una politica
di parole funzionali alla doxa benpensante;
parole che danno credito, in modo molto astratto e utopico, alle ipocrite
dichiarazioni di coloro che perseguono il potere per il potere.
Mi spiego : Sarkozy, per palesi motivi di
bassa politica, lancia una operazione spavalda contro i clandestini più facili
da espellere, perché poco numerosi e meno difesi, questo accade subito dopo due
casi di delitti a loro attributi, mentre magari altri clandestini, e in numero
maggiore, ogni giorno commettono delitti ben più gravi senza nessuna
conseguenza, e si vedono « dimenticati » se non sostenuti da tanti, ministri
inclusi. Dopodiché il potere mediatico, i « funzionari del senso », con la loro
tradizionale ipocrisia lanciano i soliti slogan per « denunciare» non questo
modo di fare politica con miserabili espedienti, ma il razzismo, il ritorno
alla politica di Vichy, la “svolta” nazista del governo e cosí via. E subito
vediamo vescovi, teologi, ecc. fare eco. E così denunciare i metodi violenti
(cosa che in verità non sempre è senza fondamento, visto il pericolo di un
"’effetto Rambo" sulla pubblica opinione), proclamando il diritto
assoluto di tutti i popoli ad entrare sul territorio altrui in nome dei diritti
umani e di tanti altri concetti falsamente attributi alla dottrina cristiana
(sarebbe più giusto attribuirgli ad Anacharsis Cloots e più tardi a Marc
Sangnier).
2) Perché questo atteggiamento nella Chiesa di
oggi ? Perché dal Vaticano II in poi si è avuta la sostituzione della dottrina
tradizionale del bene comune (dottrina filosofica, cioè della giustizia, sulla
quale poggia la carità e del governo politico come atto della virtù di
prudenza, che cerca di realizzare al meglio giustizia e carità in una comunità
definita) con una visione utopistica del bene comune definito come insieme di
condizioni esterne per assicurare ad ogni individuo (si dice piuttosto : ad
ogni persona) le massime o comunque migliori condizioni per lo sviluppo.
Se i diritti umani individuali diventano la
norma suprema, allora niente può opporsi (in ultima analisi) alla loro
invocazione. Il buonismo si fonda su una visione spacciata per caritatevole,
che invece ignora la giustizia. Oppure su un soprannaturale, che in realtà
ignora la natura.
Bernard Dumont