lunedì 1 luglio 2024

Francia (e dintorni). Perché vince l’estrema destra?

 


Anche in Francia, salvo sorprese al secondo turno, sembra aver vinto l' estrema destra. Perché?

Innanzi tutto cosa distingue la destra dall’estrema destra? L’ antifascismo.

In Francia un tempo esisteva una netta divisione tra la destra repubblicana e l’estrema destra lepenista. Come in Italia, tra la Democrazia cristiana e l’estrema destra missina. In Germania la destra era fuori gioco, in Spagna, il Partito popolare rappresentava una forza di centro-destra, moderata. Oggi in Spagna e Germania l’estrema destra è intorno al dieci per cento. Inoltre in Austria e nei paesi del Nord e dell’Est Europa l’estrema destra o è al governo o appoggia l’esecutivo dall’esterno come ad esempio in Svezia.

La nostra è una rassegna veloce e incompleta (ad esempio non affronta il pericoloso nodo Trump). Però quel che è certo è che l’estrema destra è in crescita in tutta Europa. 

 Che cosa significa essere antifascisti? Vuol dire aver capito la lezione del  1945. Che consiste nel rifiuto di quel nazional-fascismo che condusse a una guerra disastrosa.

Parliamo di una visione in cui la nazione prevale sull’individuo. 

Un’estremista di destra  dichiarerà sempre la superiorità del tutto sulla parte. Un tutto che può essere la nazione, il popolo, persino lo stato, si dice mentendo, come incarnazione del popolo, o addirittura come nel nazismo “serbatoio della razza”. Una parte che invece può essere, e di regola lo è,  l'individuo. 

L’estrema destra, con i suoi continui richiami al concetto di identità (del popolo e della nazione), un’ ossessione, introduce discordia tra i popoli in quantità industriale.

Allora, ritornando alla domanda iniziale, perché vince l’estrema destra? Per due ragioni. Una antropologica, una storico-culturale.

Antropologica, nel senso che il richiamo identitario rinvia al richiamo della foresta, al richiamo della natura. Parliamo della natura dell’uomo e delle sue tendenze gregarie e dis-gregarie. O meglio della sua rispondenza a un comune universale metapolitico di natura associativa-dissociativa.

Storico-culturale, nel senso che la cultura è un’ arma a doppio taglio, si oppone alla natura, come mostra l’ascesa culturale dell’individualismo moderno, ma al tempo stesso, non si distacca mai completamente dalla natura. Il che spiega lo sviluppo del nazionalismo moderno, come antidoto culturale all’individualismo.

Nell’ Ottocento il liberalismo cercò di conciliare natura ( identità) e cultura (libertà), ma nella prima metà del Novecento le forze della natura ( identitarie), ebbero la meglio su quelle della cultura ( liberali e individualiste). Le due guerre mondiale furono guerre identitarie. Nel 1945 riprese vigore, vincendo sul campo, la cultura della libertà e della mediazione.

Perciò la lezione del 1945 è mai più identitarismo. L’antifascismo come vittoria della cultura sulla natura. Una grande conquista. Non si dimentichi mai che “individuo” significa contratto, quindi mediazione, invece “identità di gruppo”, conflitto, quindi guerra.

Purtroppo come già capitato, per ragioni contingenti che qui non esamineremo (perchè ci interessano le linee generali del fenomeno), le forze della natura, coagulatesi intorno all’estrema destra, stanno guadagnando terreno. Il richiamo della foresta ancora  una  volta sembra funzionare. La natura, con i suoi processi associativi-disgregativi, sta di nuovo prevalendo sulla cultura della libertà individuale e della mediazione.

Ecco il senso profondo, diremmo metapolitico, delle elezioni francesi.

Carlo Gambescia

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