sabato 19 agosto 2017

L'attentato islamista di  Barcellona e la crisi della sinistra europea
No pasarán?




La sinistra ha perduto le sue radici "politiche". O meglio, il senso profondo del "politico": quello della distinzione amico-nemico.  E in qualche modo la Spagna, del dopo Barcellona, ne è l’esempio più lampante, da estendere all’intera sinistra europea: si è passati dal “No pasarán!”, della  Ibárruri , con le armi in pugno, contro il “fascista” Franco,    al  “Non cambieremo le nostre vite” e al  "Non cederemo al ricatto di chi vuole farci vivere nella paura".  Come ieri,  nella Rambla  riaperta ai pedoni, e subito ricolonizzata da un  pacifismo, condiviso e incoraggiato  da media e politici di sinistra, punteggiato  di  lumini,  orsetti e altri  gadget da  liceali a vita. Anzi, della vita. 
Cosa vogliamo dire? Che,  gli ultimi epigoni dei valorosi (ma anche molto feroci)  miliziani antifascisti sono quelli spaccano le vetrine, scendono in piazza, quando si riuniscono i grandi del mondo?  E che quindi, una sinistra armata, come la destra razzista, altrettanto  belluina,  dovrebbe dare subito inizio,  nelle nostre città, a cominciare da Barcellona,  alla caccia all’immigrato islamico?  Per mostrare di non essere cambiata?  No.  Perché  a quel punto  sarebbe guerra civile.  Come nel 1936.
Diciamo che tra una sinistra alla camomilla  e una sinistra  di  delinquenti,  c’è un largo spazio politico per interpretare quel “No pasaran!”, concettualmente. Come?  Elaborandolo in termini  di difesa attiva del nostro sistema di vita. E non di una  pura enunciazione di dolciastri princìpi pacifisti, completamente fuori luogo dinanzi a un nemico che ci sta azzanando alla gola e che interpreta lumini e orsetti per quello che sono: un infantilismo politico che tenta di  esorcizzare la paura regredendo fin dentro il ventre materno. Si potrebbe tranquillamente  parlare della reazione fetale della sinistra... Anzi,  addirittura di una sinistra fetale.
Naturalmente, il recupero concettuale -  concettuale ripetiamo -  del “No pasaran!” non può riguardare direttamente le masse, come un tempo si chiamavano a  sinistra. Ma l’establishment:  i quadri dirigenti, politici, ministri, capi di stato.  Coloro che contano e  decidono: l' élite della sinistra, soprattutto mediatica. 
Se la sinistra  europea, quindi non solo quella spagnola,  sposasse la causa (logica, se si vuole polito-logica) del  “No pasaran!”,   invece di flirtare con i pacifisti, allora saremmo davanti  una svolta politica:  si potrebbe finalmente  imporre una linea dura,  condivisa, quasi da tutti (si pensi solo all’influenza della cultura di sinistra sui  mass  media),  sia sul piano della sicurezza, del controllo dei flussi, e di una strategia militare interalleata in Medio Oriente (con chiunque ci stia):  non da una botta e via, bensì di conquista e controllo stabile del territorio. Si dovrebbe ristudiare da capo la storia del colonialismo britannico. E la sinistra per prima. Altro che l' anticolonialismo...
Riusciranno i nostri "eroi"  a recuperare  senso e  significato di una regolarità metapolitica, ben compreso invece dalla Ibárruri: quello della divisione amico-nemico?   Difficile fare previsioni. In Spagna vinse Franco, politico intelligentissimo: quindi "passarono".  Il Generalissimo  seppe però garantire un lungo periodo di pace e, in seguito, di sviluppo economico, prendendo le distanze dal fascismo stesso.    
Pace che invece, non garantirono,  né Hitler né Mussolini, che a differenza del Caudillo, uomo prudente ,  si vantarono fin troppo di "essere passati"…  Soprattutto Mussolini. Però finirono malissimo.
Se la sente la sinistra di spianare la strada, con il suo infantile pacifismo,  non a un nuovo Franco, che tutto sommato, seppe governare, e bene, la Spagna,  ma  ai nuovi nazifascisti del terrorismo jihadista?    

Carlo Gambescia