venerdì 14 giugno 2013


La indefensión de Europa vista desde América:
una risposta all'articolo del  professor Alberto Buela


Albero Buela 
Oggi, cari amici, segnaliamo il notevole articolo del professor  Alberto Buela  sull’impotenza europea (La indefensión de Europa vista desde América -http://espacioseuropeos.com/la-indefension-de-europa-vista-desde-america/ ).
Buela è ciò che si dice un pensatore indipendente e lucidissimo: non fa sconti intellettuali e applica il rasoio della metapolitica alle grandi questioni del nostro tempo, seguendo un’ottica assai vicina alla nostra.
Sintetizzando: nell’ impotenza europea Buela scorge tutti i segni di una decadenza, scaturita dall’ impossibilità di tradire gli  ideali liberali, cui essa sarebbe  devota.  Insomma, per difendersi, l’Europa dovrebbe liquidare il  patrimonio politico liberale,  per poter così  trasformarsi, come ci sembra di capire, in una superfortezza politica e militare degna della sua storia.   
In realtà, il problema non sembra essere  legato alla fuoriuscita dagli   ideali liberali.  Parliamo di  valori  che  in alcuni secoli, e in particolare davanti agli eserciti hitleriani,  hanno   mostrato di appartenere al meglio della storia europea e di  essere capaci  di  animare i combattenti.  Pensiamo invece  a un altro colpevole. Quale?  Al  culto, diffusosi soprattutto nel secondo dopoguerra,  del puro e semplice vitalismo. Celebrazione che ha  contribuito a bandire quei valori di eroicità e realismo politico, cui giustamente accenna  Buela.  E in cambio di che cosa?  Dell'andare finalmente  a nozze con  il padre di ogni vitalismo:   l’umanitarismo. Detto altrimenti: dello sposare il famigerato “meglio rossi (oggi di direbbe fondamentalisti musulmani) che morti”.   Prima la vita (quindi il vitale, quindi l'uomo così com'è),  poi tutto il resto… Una morale da autentici vigliacchi. Lontana anni luce dal realismo politico. Quel realismo che scorge nella guerra, e perciò  anche nella necessità di sacrificarsi,  la continuazione della politica con altri mezzi.
Ora, non vorremmo entrare in una discussione sulla natura del liberalismo - non siamo i difensori d’ufficio di nessuna causa - ma più semplicemente desideriamo sottolineare che il liberalismo è un pensiero ricco e composito. Non interpretabile ( o peggio “cestinabile”) en bloc .  Qui rinviamo il professor Buela, con il dovuto rispetto s'intende, al nostro Liberalismo triste.  Un testo dove cerchiamo di mostrare come il realismo politico -  e quindi anche la capacità di sacrificio -    non sia assolutamente estraneo al pensiero liberale, citando pensatori e statisti. 
Pertanto il nemico interno (o meglio  "interiore"), non è il liberalismo in quanto tale,  bensì,  per dirla con Pareto (altra interessante figura di liberale triste), “l’umanitarismo delle volpi"… O meglio ancora: dei vigliacchi…  Che però non può essere contrastato,  sostituendogli  la pura e semplice forza dei “leoni”… Trascorrendo  così da un eccesso all'altro.  Va invece ricercata - crediamo -  la giusta  via di mezzo:   un realismo democratico e liberale, capace di esserevolpe, senza cadere in alcun disarmo morale, ma al tempo stesso  leone, e perciò capace,  nel caso, di usare  la forza,  mettendo in conto anche  il sacrificio di  vite umane .

Ovviamente, le idee, anche le migliori, camminano sulle gambe degli uomini. E purtroppo l’Europa, al momento, sembra avere una classe dirigente composta in larga parte di “volpi”. E questo è un problema. Innegabile.

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento