giovedì 28 gennaio 2010

Il libro della settimana: Franco Cordero, Savonarola, Bollati Boringhieri, Torino 2009, pp. CXCIV-366, VIII-560, VIII-668, VIII-823, euro 75,00.





Ci sono libri che vanno letti. Sempre. Nei quali però non si deve cercare l’ultima parola su un certo argomento. Ma neppure, maliziosamente, la penultima. Vanno letti, se ci passa l’espressione, perché “immunizzano”. E liberano il lettore dal pericolo del sapere a buon mercato e dai giudizi superficiali dei parassiti dell’editoria. E che una volta chiusi mettono al riparo il lettore, anche di buona o discreta cultura, dalla velleità di riuscire a sapere tutto su un certo argomento, e magari con modico impegno.

Uno di questi libri è sicuramente il Savonarola di Franco Cordero, titanica biografia in quattro volumi del fiammeggiante predicatore domenicano, usciti per Laterza tra il 1986 e il 1988, ora riediti, con una nuova prefazione del giurista, da Bollati Boringhieri (pp. CXCIV-366, VIII-560, VIII-668, VIII-823, euro 75,00).
Cordero nella densa prefazione pareggia i conti con i disistimatori… Ma lasciamo ai lettori il piacere, o addirittura la goduria, di scoprire nomi e cognomi delle navi ammiraglie giustamente colpite e affondate… E con che stile.
Ma veniamo al libro. Il Savonarola di Cordero è un “razzista dell’anima”, che odia le anime “tiepide”. E che punta a una dittatura “egoteocratica”. La sua vicenda politica evolverà per gradi, tra il novembre del 1494 e il maggio del 1498: dalla “pietà” alla “forca”, per così dire; morirà, inviso a tutti, Papa, Principi e Re, a cominciare dalla monarchia francese, nella quale il predicatore aveva confidato. Non è quell’uomo del rinascimento, dipinto da certa storiografia compiacente al canone moderno, ma neppure un proto-Lutero o un post-modernista mancato… O addirittura il “quasi santo”, di certa storiografia chiesastica. Ma una figura a metà strada tra il millenarismo medievale e quello totalitario. Come scrive sinuosamente Cordero: Savonarola ” viola le anime, padrone d’una platea in stato ipnotico; adopera spie e una polizia giovanile manesca; scalda le midolla al pubblico con processioni, roghi delle vanità, balli omofili; lascia che il partito decapiti cinque avversari, in barba alla regola che lui aveva imposto (l’appello al corpo elettorale); sotto vari aspetti prefigura tecniche novecentesche del controllo nello stato totalitario, Sarebbe un perfetto inquisitore. Che combatta corruzione ecclesiastica, immoralità pubblica, egoismo oligarchico, è il lato positivo: nessuno glielo contesta; qui valutiamo i mezzi e lo stile”. Insomma un Savonarola che in fondo, proprio per la sua sfortunata sorte, può anche destare un filo di simpatia umana… Se ci si passa il brusco cambiamento di registro, dal drammatico al comico: il predicatore anche per certe espressioni (“”Dio manderà lo adiutorio”; “lo spirto subtratto”, eccetera) ricorda quel monaco Zenone, trascinatore delle malmesse truppe crociate del Brancaleone monicelliano: il quale, precipita nel vuoto proclamando che “lo cavalcone”, come la Firenze piagnona di Savonarola, “è saldo” …
Battute a parte, anche Savonarola, nonostante il troppo supposto aiuto di Dio, precipiterà verso la morte, salendo sul patibolo. Proprio a causa del suo essere profeta disarmato, come già aveva notato, rallegrandosene, il laico Machiavelli. E anche Cordero, tutto sommato, sembra essere d’accordo con l’autore de Il Principe.
Queste, grosso modo, le tesi del libro. Prendere o lasciare. Ma se si prende, si può godere della lettura di un testo ricco e documentato, ma anche spigoloso e poco incline alla ricerca del consenso facile. Presupponiamo perciò che in più di vent’anni il libro di Cordero, non abbia ricevuto grandi premi e riconoscimenti… Il che è un merito.
Libri complessi, estranei al circuito del birignao fieristico, come il Savonarola vanno letti perché forgiano il lettore. Dal momento che, come in montagna, una volta superate certe quote, oltre a godere di una vista migliore, il lettore acquista la consapevolezza dello scalatore . E soprattutto capisce e apprezza la giusta distanza che lo separa ( e “deve” separarlo) da un montanaro delle anime del calibro del professor Franco Cordero. 

Carlo Gambescia

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