lunedì 26 dicembre 2016

La polemica sulla diffusione dei   nomi degli agenti
L’insostenibile leggerezza del segreto




Polemica tragicomica.  Tragica perché  si è trattato, comunque, di un evento sanguinoso, con un morto e un ferito, che in altra situazione avrebbe visto gli stessi poliziotti,  presentati come eroi, indagati da qualche magistrato progressista.   Comica, perché, nella società dello spettacolo, il segreto non è di casa. Chiedere a Pulcinella.  Si potrebbe parlare di una sua  insostenibile leggerezza… 
Si dirà,  magari  giustamente,  che la privacy  degli agenti  andava  tutelata e che darne i nomi in pasto ai mass media  - per non parlare dei Social -   li ha   trasformati in bersagli. 
Il punto però non è questo (o almeno non solo). Troppo comodo discutere la cosa in termini di diritto privato... Diciamo  che l’intera operazione andava gestita meglio sotto il profilo della segretezza. Ma come? Se nessuno, dal Ministro dell’Interno al semplice piantone,  sembra  non  essere più  capace di rinunciare  alla sua libbra di pubblicità?
Oggi,  l’ Apparire, come dicono i filosofi post-moderni,  è preferito all' Essere.  Ecco il succo della società dello spettacolo. Nulla di male, per carità, ma la politica -  anzi il politico -   ha le sue  regole. I nemici, prescindendo dal campo di battaglia (dove la guerra è aperta),  vanno eliminati in silenzio, almeno a far tempo dall’invenzione dell’arco e delle frecce.  E,  soprattutto,  il silenzio deve scendere, per così dire, su coloro che si occupano della bisogna. Il mistero, oltre a favorire lo spirito di corpo, accresce nella possibile vittima (nemica) il valore di una  minaccia,  legato  alla  sua sparizione nel nulla, sparizione che ne vanifica qualsiasi promessa di  ruolo pubblico. Il silenzio, uccide la memoria della vittima.  
Naturalmente, siamo dinanzi a regole contrarie al galateo democratico dove la pubblicità è tutto, il segreto nulla. Addirittura il galateo progressista attribuisce alla verità un valore rivoluzionario. Il che è vero, ma il sapere come comportarsi al tavolo delle regole democratiche, dicendo sempre la verità, non salva dal  possibile rovesciamento di quel tavolo da parte dei nemici della democrazia, che usano il tavolo - e la verità -   in base a convenienze antidemocratiche.
Pertanto della verità, e della opportunità di riferirla,  decide sempre lo stato di eccezione: quando il nemico ci indica e aggredisce.   Di conseguenza,  chi usa il segreto, per coprire verità scomode, come l’eliminazione di pericolosi avversari (inclusi i nomi di coloro che, per così dire, "provvedono alla bisogna"), ma utili per difendere le istituzioni democratiche dai suoi nemici,  compie azione meritoria. Tuttavia,  nella società dello spettacolo  chi è in grado di tacere?  E nella società democratica chi è grado di giudicare  lo stato di eccezione ?           


Carlo Gambescia                  

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