venerdì 11 aprile 2014

I pro e i contro del giovanilismo
 Il cinquantenne dove lo metto? 
di Carlo Pompei






Trenta anni fa ero giovane anche io, ma nessuno mi fece largo.
Mi guadagnai un posto da solo, perché i cinquantenni, se non sapevi fare qualcosa, non ci pensavano neanche lontanamente a farsi carico di uno zaino vuoto, ma pesante.
Gente tosta i cinquantenni di trenta anni fa, avevano conosciuto la fame, la guerra, la cooperazione, il boom economico, il benessere, la famiglia "mamma a casa con i bambini e papà al lavoro".
Sono considerati cavernicoli dalle nuove generazioni che pensano di avere il mondo in mano soltanto perché hanno uno smartphone.
Leggo ovunque  che bisogna lasciare spazio ai neo laureati, ai felici detentori di un master, che perlopiù rappresentano la prole dei non proletari.
Vi si accende una lampadina?
No?
Ci penso io.
Generalmente un "bravo" neolaureato ha 25 anni ed è figlio di una famiglia benestante o figlio unico di una famiglia borghese.
In entrambi i casi sa come funziona un'azienda esattamente come una casalinga saprebbe costruire una lavatrice.
Un rampollo, infatti, raramente "conduce" l'azienda paterna, più spesso la "usa" per potersi mantenere un tenore di vita elevato (ecco perché spuntano tutti questi manager strapagati).
Quando acquistate un oggetto trovate il libretto di uso e piccola manutenzione ordinaria (user manual) oppure le indicazioni per scaricarlo da internet in formato pdf. Non trovate mai il libretto di manutenzione straordinaria (service manual), che trovate su internet sempre in pdf, ma di solito con download a pagamento.
Bene, quasi tutti i giovani con i quali ho parlato usano gli oggetti, talvolta anche male, pochissimi si interessano al loro funzionamento.
Intendo dire che non soltanto non aprono il cofano se gli si ferma l'automobile, ma neanche chiamano il soccorso stradale: chiamano i genitori affinché questi provvedano ad allertare chi di dovere o di lavoro. 
Si bloccano a constatare l'effetto o, nella migliore delle ipotesi, quando individuano la causa, non hanno alcuna idea di come risolverla.
Tutti bravissimi a scaricare app e driver, tutti incapaci con un giravite in mano, si potrebbe sintetizzare.
I figli sono felicemente deresponsabilizzati e i genitori sono contenti di essere ancora utili a qualcosa. Non va, proprio non va.
Questa società è basata sul precario equilibrio e camminiamo, anzi, corriamo tutti sul filo del rasoio: blade runner.
Ovviamente qualche eccezione c'è ed è anche di livello, ma è triste constatare che i pionieri dell'informatica erano in numero maggiore e più motivati della gran massa di decerebrati da touch screen di oggi.
Non mi ricordo di aver mai chiesto come si facesse qualcosa senza aver prima tentato di farla da solo, sia che si trattasse di cucinare un piatto di pasta, sostituire una ruota bucata o montare un hard disk.
Ieri ho ricontrollato i miei versamenti all'Inps: trenta anni fa sarei andato in pensione, oggi, alla soglia dei cinquanta anni, devo reinventarmi un lavoro da zero.
E non sono l'unico.
Largo ai giovani, a morte tutti gli altri...

Carlo Pompei

Carlo Pompei, classe 1966, “Romano de Roma”. Appena nato, non sapendo ancora né leggere, né scrivere, cominciò improvvisamente a disegnare. Oggi, si divide tra grafica, impaginazione, scrittura, illustrazione, informatica, insegnamento ed… ebanisteria “entry level”.


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