lunedì 13 febbraio 2012



Europa  
Parola d'ordine: austerità!



La politica europea sembra ormai polarizzata intorno a due realtà nazionali ed economiche, profondamente diverse: Germania e Grecia. Due nazioni che sono rappresentate mediaticamente, come il Paradiso e l' Inferno. Da un lato, il regno idilliaco del rigore e dell’efficienza, e ovviamente della forza economica (la Germania), dall’altro il fosco teatro politico-economico degli sprechi, delle furbizie, e della inadeguatezza economica (la Grecia).
Oggi i media affrontano, e con grande evidenza, i gravi incidenti di Atene. Comunque sia, al di là della voluta enfasi giornalistica, la politica europea, tutta, sembra tacere. Dal momento che a giudizio quasi unanime i sacrifici sarebbero giustificati se non addirittura giusti. Del resto le poche voci contrarie, parlano, in modo semplicistico, di tirare un frego sul debito greco... Il che non è un soluzione, se non a brevissimo termine. Il problema, infatti, è strutturale, perché riguarda le politiche economiche. E' banale dirlo, ma tutto dipenderà da se e come l’Europa uscirà dalla crisi. Se dovesse verificarsi giusta la ricetta tedesca, il neoliberismo, non avrà veramente più rivali. Per contro, se la crisi dovesse perdurare ed estendersi socialmente agli altri paesi Ue (anche nelle forme contestative), allora toccherebbe alla ricetta neoliberista mordere la polvere.
Resta però una questione: al di là delle chiacchiere (del resto a livello di microscopiche sette politicamente ininfluenti) su decrescita, neo-comunismo e altre scempiaggini, non esiste allo stato attuale, considerate le dimensioni globali (in senso territoriale) della crisi, nessuna nuova ricetta alternativa a quella neoliberista. Perciò, in caso di fallimento delle politiche “mercatiste", l'unica strada percorribile sarebbe quella del ritorno all' economia mista, con prevalenza della proprietà pubblica, soprattutto nel settore creditizio. Come dire, dalla politica dell'offerta si tornerebbe a quella della domanda. Naturalmente, parliamo di un’economia mista segnata però inizialmente da bassi tassi di sviluppo, causati dalla recessione. E perciò legata a un’austerità sociale, praticamente indotta. Certo, austerità, nei limiti di un sistema di mercato, chiaramente distinto da finalità espansive e quindi di crescita della domanda. Il nodo, anche in un sistema misto, resta quello di determinare il giusto mix di spesa pubblica, incentivi al mercato e tagli non sempre giustitificati al welfare. Problema, tra l'altro, di non facile soluzione.
Ecco, comunque vadano le cose, nel nostro destino (immediato, per carità...) c’è maggiore austerità sociale, nel quadro - eventualmente - di un sistema di mercato, che non può non appoggiarsi, ciclicamente, allo Stato, proprio per avviare periodici processi di accumulazione e rilancio della domanda. Perché - punto fondamentale - senza crescita, ogni forma di austerità, anche temporanea, rischia di essere inutile e regressiva.

Carlo Gambescia

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