martedì 29 agosto 2006

Dibattito su "Repubblica"
Socialismo e pessimismo 


pessimismo e socialismo


E’ in corso su Repubblica un interessante dibattito sul futuro del socialismo in Europa. Nell’ultima settimana si sono succeduti interventi di John Lloyd (22-8), Giuliano Amato (28-8), Giddens (29-8) e altri sicuramente seguiranno.
Il dato comune fin qui emerso è certo “pessimismo antropologico”, che con il socialismo vero e proprio, sia premarxiano che del giovane Marx, ha poco in comune ( e qui si rinvia alle analisi di autori come G.D.H Cole, Karl Polanyi e Costanzo Preve). E la chiave di tale pessimismo incapacitante è in un passo dell’intervento di Giuliano Amato, che qui riportiamo: “La storia non è guidata da regole scientifiche, ma è mossa da azioni e interazioni dall’esito imprevedibile, nessuno può aspettarsi di realizzare un futuro già scritto”.
Ora, si una tratta di una posizione, che Hayek (pensatore liberale e “liberista”, per eccellenza), improvvisamente redivivo, potrebbe serenamente condividere. Perché asserire che le azioni umane sono totalmente imprevedibili significa sostenere la “mano invisibile” di una qualche entità, destinata comunque a ”fare la storia” a spese dell’uomo. Anche se poi (e si tratta di un bisogno tipico dell’uomo) i progressi umani come le sconfitte vengono comunque spiegati e interpretati. E allora, ecco, che il liberista parlerà di mano invisibile del mercato; il cristiano di mano invisibile di Dio; il socialista scientifico di “general intellect” o “cervello sociale”.
E qual è la “mano invisibile” in cui credono i “socialisti” Lloyd, Amato, Giddens? Quella del mercato. Infatti, stando a quel che scrivono, tutte le riforme “socialiste” dipendono dallo sviluppo economico e quest’ultimo dal mercato. E dunque vanno sempre finalizzate alla “ripresa dell’economia”. Ogni misura sociale, insomma deve favorire il mercato: se riparte il mercato, riparte anche il socialismo… Di più, dal momento che l’esito delle azioni umane è imprevedibile viene meno anche la chiave riformista: perché le riforme, il cui esito come le azioni umane è sempre incerto, possono diventare pericolose, come, guarda caso, sosteneva Hayek nemico di ogni “costruttivismo” socialista, riformista come rivoluzionario.
Ora è vero che è molto pericoloso credere nelle leggi storiche (in termini di leggi scientifiche) e nella assoluta razionalità individuale ( si pensi ai guasti provocati nel Novecento dai modernismi totalitari, di varia natura politica). Ma è altrettanto pericoloso ridurre l’uomo a pura e semplice appendice di una mano invisibile. Una concezione che ricorda tanto la credenza nella provvidenza cristiana (che ha un valore squisitamente teologico, e non politico o socio-economico).
La verità è probabilmente nel mezzo. L’uomo, come essere sociale, dispone di schemi di comportamento e di significati, dotati di periodicità, e che dunque è possibile (auto) interpretare, nelle conseguenze sociologiche ( se non proprio storiche), e ragionevolmente prevedere. Non bisogna perciò essere pessimisti (come i socialisti di cui sopra) né ottimisti (come liberisti e comunisti scientifici). Ma realisti: per fare le “riforme socialiste”, o comunque per fare politica in genere, l’uomo deve accettare il pericolo di poter sbagliare. Certo la politica, non è una scienza in senso stretto e soprattutto c’è sempre il rischio di coinvolgere, e dolorosamente altre persone. Ma perché condannare l’uomo all’immobilismo?
Perciò oggi il primo nemico del socialismo è il pessimismo antropologico. Che invece viene difeso proprio da intellettuali che si definiscono socialisti… 

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento