giovedì 13 marzo 2014

La rivista della settimana: “éléments”, janvier-mars 2014, n. 150, pp. 64,  euro 5,50.






L’ultimo di fascicolo di “éléments” (janvier-mars 2014)  va segnalato per un ragione speciale:  con questo numero la rivista entra in pieno nei  suoi  quarant’anni,  pubblicamente  festeggiati  nel  novembre scorso, come ben evidenziano  le  foto della scintillante  "soirée"  parigina.    





Ed è proprio il caso di dire che non li dimostra affatto.  Come del resto comprova abbondantemente  il fascicolo che abbiamo sotto gli occhi ricchissimo di spunti, analisi,  idee.
Cominciamo dal focus dedicato a “Purquoi les élites ne veulent surtout pas de la mondialisation” (pp. 46-62), con articoli di Alain de Benoist e Xavier Emam. Colpisce il particolare la critica del cosiddetto altermondialismo ( Misére de l’altermondialisme, pp. 57-59), corrente di idee, che secondo  il pensatore francese, avrebbe subito una involuzione passando dalla critica della globalizzazione alla sua accettazione in chiave, semplificando, riformista e socialdemocratica.  E ciò perché si ignorerebbe, in nome della governabilità, la natura  sistemica della globalizzazione per ridurla a fattore congiunturale da gestire “socialmente” nel quadro dell’economia di mercato.
Sotto questo profilo è  molto interessante, quanto scrive  nell’editoriale di apertura  Robert de Herte (Alain de Benoist). Citazione lunga, ma  meritevole di essere letta.

Se l’essenza del capitale non è mutata  (esso punta sempre alla  crescente accumulazione dei profitti e alla massima estensione del mercato) la mondializzazione attuale  è  quantitativamente e qualitativamente differente dai processi di  internazionalizzazione dei mercati, da cui in passato prese avvio.
Segnaliamo  una differenza  di grado (i mercati non sono mai stati aperti come oggi), ma anche di natura (l’apertura dei mercati è culminata  in una  integrazione o interdipendenza “globale”). Il tratto essenziale della mondializzazione non è perciò  il fenomeno di apertura delle economie nazionali, che in effetti non è nuovo, ma la  perdita  di realtà di queste entità,  a causa  della decomposizione degli spazi regolativi nazionali. In passato l’ “internazionalizzazione”  non cancellava le nazioni.  Il valore economico  non si  imponeva  su tutti gli altri valori. Oggi, invece, assistiamo alla totale sottomissione della vita alla logica del profitto, nonché  della politica all’economia.  La continuità  storica, che alcuni credono di vedere, è  pura illusione.
Tuttavia,  potrebbe determinarsi una svolta. Oggi  la mondializzazione  viene  criticata da  più parti e altri  non esitano  a evocare una “demondializzazione” di cui però restano da individuare forme e limiti. In effetti si tratta di una possibilità che non può essere esclusa […]. La mondializzazione non è irreversibile, ma ha creato una cesura irreversibile. Il “dopo-mondialzizazione” non ci restituirà il mondo di prima.  Pertanto,  invece di  continuare a credere nella possibilità  di proseguire    cammino   nazionale o di civiltà,  sentiero che appartiene a un ciclo ormai conclusosi, sarebbe senza  meglio, senza dubbio  riflettere sul condizioni possibili per  un   nuovo inizio. 

Si noti l’apprezzabile realismo debenoistiano. Il quale non si nasconde pericoli e difficoltà, pur conservando una lucidità di analisi encomiabile.
Vanno infine segnalati  il bel ricordo di Preve  (“Hommage a Costanzo Preve”), pp. 30-31, a cura della redazione); l’ottima recensione dell’ultimo libro di Alain Finkielkraut (“AF: La nostalgie de la France”, pp. 32-35,  Pierre Bérard); l’efficace  profilo di  Ernst Friedrich Schumacher (“Small  is beatiful”, pp. 42-43,  François Bousquet); la densa pagina dedicata all’ultimo libro di Alain de Benoist, Les démoins du Bien, una critica al nuovo ordine sessuale postmoderno,  testo che, a naso,   ci ricorda   Il mito virtuista  paretiano (“Libertins un pas en avant!”, p. 44, Mathilde Gibelin).  Insomma, passano agli anni, e Alain de Benoist oltre che a Sorel può essere  avvicinato anche al  Pareto caustico critico dei costumi del suo tempo.  All’epoca la miscela Sorel-Pareto  fu esplosiva, soprattutto sul piano politico.  E causò non pochi danni…  Quella Sorel-Pareto-de Benoist, sembra addirittura ancora più potente.   Potrebbe essere paragonata, se esplodesse,  all’atomica su Hiroshima e Nagasaki…  Si salvi chi può!

Carlo Gambescia


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