martedì 15 agosto 2023

La scomparsa di Francesco Alberoni

 


L’Italia è una terra che ha donato molto alla sociologia. Si pensi solo a due studiosi della statura di Pareto e Mosca. Ma anche Michels, tedesco renano, che scelse l’Italia come patria elettiva. Ma si potrebbe risalire all’Ottocento a figure di protosociologi come Giuseppe Ferrari.

Ai primi del Novecento la “Rivista italiana di sociologia” era seguitissima all’estero. I Cosentino, i Mazzarella, gli Squillace, autore quest’ultimo di un notevole Dizionario di sociologia, affollano con altri autori italiani, la celeberrima Storia delle teorie sociologiche di Pitirim Sorokin, pubblicata nel 1928.

Il fascismo che, aveva paura della sociologia, la fece quasi sparire dalle università.

Perciò Francesco Alberoni scomparso ieri all’età di 93 anni, con Franco Ferrarotti, altro diversamente vegliardo, resta uno dei due rifondatori, ufficiali diciamo, della sociologia in Italia, dopo il fascismo.

In realtà, come si legge questa mattina, definirlo "sociologo dell'amore" è veramente riduttivo. Ma si sa come sono i giornali: lo specchio della superficialità.

Alberoni in un periodo in cui la sociologia italiana, a poco a poco regrediva a scienza dei servizi sociali dopo aver flirtato con la rivoluzione studentesca, ha prodotto una delle più interessanti teorie sulla formazione delle istituzioni. Probabilmente prendendo spunto proprio dai movimenti del Sessantotto, che aveva visto all’opera a Milano e Trento.

Alberoni ha individuato, quella che altri dopo di lui, hanno definito una regolarità metapolitica, quella tra movimento e istituzione.

In sintesi e semplificando al massimo: gli uomini si uniscono, per ragioni pratiche o ideali, formando dei movimenti sociali, che producono, come effetti spesso non voluti,  le istituzioni sociali, economiche, politiche, eccetera.

Si pensi a una chiesa, a un partito politico, a un’impresa. Ma anche a fenomeni “macro” come il capitalismo, l’impero romano il feudalesimo. “Grandi” istituzioni che nessuno sognava di costruire. Gli uomini procedono per tentativi, prove  ed errori, talvolta brancolano nel buio. E infine gli storici secoli dopo mettono le etichette: capitalismo, impero romano, feudalesimo.

 Nella costruzione delle istituzioni, il movimento rappresenta la fase eroica, fusionale dei grandi ideali, che poi si coagula, il più delle volte a sorpresa, in una istituzione, routinaria, talvolta monotona, ma comunque indispensabile al  corso  della vita sociale. Come dicevamo un partito, una chiesa, eccetera. 

Sotto questo aspetto, e come ricaduta del suo sistema teorico – anche qui semplifichiamo – Alberoni si occupato dell’amore umano, come transizione dalla passione movimentista dell’innamoramento, alla stabilità delle istituzioni matrimoniali. Come si legge sulle copertine, dei suoi libri di grande successo commerciale, del tramutarsi “dell’innamoramento in amore”.

Insomma, dietro la pubblicistica alberoniana sull’amore vi era una teoria delle istituzioni con i controfiocchi. Pertanto consigliamo la lettura di due libri fondamentali, scritti il primo negli anni Settanta (Movimento e istituzione) e il secondo negli anni Ottanta (Genesi). Roba da classici della sociologia. Perché la dinamica movimento-istituzione, scovata da Alberoni, è una vera e propria regolarità, da alcuni oggi definita metapolitica: un fenomeno che ritroviamo nelle società più diverse. Cambiano i contenuti storici, i singoli elementi dell’orchestra, ma non il regolare ripetersi della dinamica movimento-istituzione, detto altrimenti, il direttore.

Ricordo personale. Alberoni, al di là del glamour che caratterizzava il personaggio pubblico, era di una grande umiltà cognitiva. A una nostra domanda, da giovane laureato secchione, sulla possibilità di scrivere, lui che conosceva a fondo la questione, una storia della sociologia intorno alla dinamica movimento-istituzione come punto di partenza, rispose che era un’ottima idea e che non vi aveva mai pensato. Il lettore immagini il nostro ego, all’epoca già abbastanza tracimante.

Negli anni successivi, però, travolto, anche giustamente, dal successo commerciale di Innamoramento e amore Alberoni preferì dedicarsi a una specie di sociologia del quotidiano, pubblicando regolarmente sul “Corriere della Sera”, che oggi lo ricorda con un trafiletto, in prima pagina, ma trafiletto. Sociologia, che alcuni subito definirono spicciola, fino al punto di riconsiderarlo un sociologo di serie B.

Purtroppo, nessuno è perfetto. A cominciare da coloro che lo criticavano. In realtà nessuno in Italia, nell’ambito della teoria sociologica, ha prodotto quanto Francesco Alberoni. Che, mai dimenticarlo, perché lo avvicina a un altro grande, proveniva da studi di medicina, come Pareto da ingegneria.

Che dire? Le vie della sociologia, della buona sociologia, sono infinite.

Carlo Gambescia

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