venerdì 9 febbraio 2007


Filosofia televisiva
Ridi che ti passa




“Ridi che ti passa”: ecco la filosofia spicciola dell’intrattenimento televisivo. Con la controindicazione, che dopo le risate, i problemi personali o sociali sono ancora tutti lì. Dove erano prima…
Certo, si tratta, in fondo di una constatazione banale, che tuttavia molti si guardano bene dal fare. Si sta zitti e si preferisce far sognare la gente a reti televisive unificate. Per dirla ancora una volta con Guy Debord, laicamente santificato dopo morto: “Lo spettacolo è il cattivo sogno della moderna società incatenata, che non esprime in definitiva se non il proprio desiderio di dormire. Lo spettacolo è il guardiano di questo sonno” (§ 21).
Ma non solo. Perché lo spettatore ama pure identificarsi con il suo sogno e parteggiare, appena si presenta l’occasione, per i protagonisti della società della spettacolo. Come impone l' l’homo ludens che è in tutti noi.
Di recente, hanno fatto rumore certe dichiarazioni di Pippo Baudo, sulle quale gli italiani si sono subito “divisi”. Ma anche qualche anno fa accadde lo stesso, quando tra Antonio Ricci e Claudio Bonolis scoppiò la crisi “dei pacchi”. Ricci, se ricordiamo bene, accusò Bonolis di favorire alcuni concorrenti raccomandati. E di recente le stesso accuse (infondate) sono state mosse a Flavio Insinna. Oggi Bonolis è a Mediaset…
Ma, al di là, dei contenuti delle polemiche (spesso create e vivificate ad arte) quel che va sottolineato è l’interesse morboso, che le telecontese destano ogni volta nel “videodipendente ridens”.
Dopo che è scoppiato il "caso televisivo dell'anno" (si dice sempre così), se ne continua a parlare per giorni e giorni. E le domande sono sempre le stesse. Che farà Bonolis? Cosa risponderà Ricci? Che farà Pippo? Cosa risponderà il Papa? Ma Pippo non era democristiano? Chi vincerà la battaglia degli ascolti? E così via, con scemenze a pioggia sul telespettatore-spugna.
Debord, direbbe, che così, chi “dorme, continua a dormire, sognare, a non accorgersi di quel che gli accade intorno: guerre, povertà, disoccupazione, eccetera. I “dormienti" invece di dividersi sulle scelte che contano (ad esempio, pro o contro la politica estera italiana), si dividono su quelle che non contano: il Gabibbo ( del resto irreale, come un sogno).
La “sonnolenza” è indotta dal sistema stesso: chi si diverte acconsente. O se preferite, l'antico proverbio: chi dorme non piglia pesci. Per contro, rissosità e spirito partigiano vengono da lontano. All’ homo ludens di cui sopra, va affiancato lo stupido vizio italiano di litigare su problemi secondari (campanile e famiglia), per poi farsi invadere dallo straniero di turno (ad esempio, in campo televisivo, il Murdoch di turno). Ma quel che è tragicomico , è l’aspetto serioso che assume il videodipendente quando viene intervistato sulle ragioni delle contese fra Vip televisivi: si sente importante! O si fa l’Italia televisiva o si muore! Se, all’epoca della Seconda Guerra del Golfo, per ipotesi, si fosse discusso pubblicamente se inviare a Bagdad, invece dei carabinieri un reggimento di quizettari e strisciolinari televisivi, l’ Italia si sarebbe sicuramente divisa in due. Da un lato i tifosi di Mediaset, e dall’altro quelli della Rai. E tutti con striscioni, fumogeni e spranghe di ordinanza.
Se non che la partita, anche quella volta, l’avrebbe vita, come al Casinò, il banco: la conservazione dello status quo. Favorita, appunto, da una concezione melmosa del reale, dove spettacolo e vita, realtà e finzione, problemi veri e falsi sono mescolati insieme. Un palude, dove trovi chi ci sguazza (i media), chi ci campa (i Vip televisivi), chi ci crede (i videodipendenti).
I primi stanno diventando sempre più pervasivi, i secondi più ricchi, i terzi più…
L’aggettivo lo indovinino i lettori.

Carlo Gambescia

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