giovedì 25 gennaio 2007


Il cinema italiano secondo Rifondazione Comunista
Autarchico 




La proposta di legge  del Prc  sull’introduzione di un tetto alle pellicole extraeuropee rappresenta soprattutto un tentativo di tenere sotto controllo l’invadenza economica e culturale del cinema Usa. Dal momento che il "pericolo",  per ora, non proviene  assolutamente dalla cinematografia asiatica e africana
Ora, la domanda è questa: la (quasi) autarchia culturale che ruolo può giocare in un mondo dove basta connettersi a internet per immergersi nel brodo culturale hollywoodiano? La nostra riposta è sicuramente sgradevole per i fautori e sostenitori del provvedimento. Infatti, una legge di questo tipo, può svolgere un ruolo secondario, soprattutto se la cultura, diciamo così, che tenta di “chiudersi”, è già profondamente imbevuta degli stessi valori che vuole respingere…
E qui vanno subito ricordate due cose.
In primo luogo, la percezione dei processi socioculturali dei firmatari del disegno di legge risulta piuttosto superficiale. Innanzitutto, non basta chiudere i “rubinetti”. Perché - se ci passa la metafora non particolarmente raffinata - va prima messo controllo l’intero apparato idrico, per scoprire le eventuali perdite… Insomma, la cultura hollywoodiana non è “passata”, e “passa”, solo mediante il cinema. Ma circola anche attraverso la televisione, la letteratura, eccetera. E’ un po’ come - per restare in metafora - tentare di turare le falle di un impianto idrico in pessime condizioni. Inoltre, spesso la resistenza a idee che non sentiamo nostre, nasce proprio per contrasto: magari vedendo un film, leggendo un libro, eccetera. E, allora, perché non credere nelle capacità critiche dell’individuo? Anche perché il rapporto tra idee e società si svolge su due livelli: quello della recezione (nel senso di accogliere: guardare semplicemente il film), e quello successivo del recepimento (condividerlo e meno criticamente). Insomma, non poi è così scontato, che lo spettatore di una pellicola Usa, possa meccanicamente trasformarsi in un sostenitore (di tipo robotico) del modello di vita americano. Del resto come i cinefili ben sanno, esiste negli Stati Uniti un cinema indipendente e molto critico verso l’establishment e il sistema di vita americano.
In secondo luogo, ammesso e non concesso, che la legge possa (iniziare a) funzionare, resterebbe il problema dei valori socioculturali sostitutivi. Per farla breve: esiste una cinematografia (e in senso più generale un cultura europea) in grado di contrapporsi a livello di massa (perché il cinema parla a tutti) a quella americana? E qui non è facile rispondere in senso affermativo. Perché, è vero che i cosiddetti film di autore europei, veicolano valori critici e interessanti, ma si tratta di un cinema per pochi eletti. Mentre il resto della produzione cinematografica è piuttosto triviale (si pensi solo a certi “film natalizi” italiani), e già da tempo imbevuta di valori edonistici, consumistici, e ispirati alla pura spettacolarizzazione della violenza, secondo il modello hollywoodiano-americano. E, anche ammesso e non concesso, che il cinema europeo possa prima o poi risollevarsi grazie alla (quasi autarchia), come sostengono gli ottimisti, all’inizio, potrebbe essere molto dura. Il cinema perderebbe spettatori. Mentre gli stessi valori combattuti continuerebbero a circolare in altri settori mediatici. E la sua crisi, già evidente da anni, potrebbe avvitarsi su stessa. Tra la protesta di produttori e distributori. E lo scontento di un pubblico ipnotizzato, ormai da alcuni decenni, dai muscoli di Rocky Balboa.
Che fare allora? I provvedimenti autarchici (o quasi) nazionali, non servono molto. Il discorso andrebbe aperto in sede europea, approntando controlli più generali (continentali) sulla domanda e offerta di cinema Usa. E soprattutto sviluppando politiche di sostegno diretto alle produzioni europee. Ma sul piano europeo esiste unità di intenti sotto questo profilo? Per il momento pare di no (a parte l’eccezione francese). Inoltre, resta il problema della cultura “alternativa” di massa. Una cultura da creare di sana pianta. E sulla base di valori europei. Ma, ripetiamo, quali? Religiosi, laici, liberali, socialisti, comunitaristi, individualisti, locali, nazionali, eccetera. E come veicolarli in un’economia di mercato, dove conta solo il profitto e ogni intervento pubblico viene condannato? Purtroppo, nel campo della cultura di massa il patriottismo costituzionale non è sufficiente.
Dispiace dirlo, ma come una sola rondine,  anche una sola legge non fa primavera…

Carlo Gambescia

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