giovedì 21 dicembre 2017

 "Giustizialismo storiografico"
 Croce dove sei?






La preparazione di un nuovo libro mi ha imposto la lettura e rilettura delle più significative storie della Repubblica italiana (diciamo Prima e Seconda). E cosa ho scoperto?    Che  non ce n’é una che parli positivamente dei progressi fatti, sotto l’aspetto  civile, economico e politico, dal 1945 ai nostri giorni.  
Civile, perché l’Italia di oggi è  più inclusiva di quella degli anni Quaranta. Economica, perché  il tenore di vita non è   quello del 1950.  Politica, perché, rispetto a quando  riacquistammo la libertà, oggi l' "aria"  ne è così satura  che neppure  ci si  rende conto di quanto si sia liberi. 
Eppure tutto questo nelle varie storie della Repubblica, con rarissime eccezioni, non si trova. La formula argomentativa  più usata è: "Sì va bene, ma...".  Si parla di sviluppo e crescita incontrollata, come se, di regola,  fosse possibile  padroneggiare i grandi processi storici. Si sottolinea,  l’esistenza di un doppio stato che avrebbe ostacolato il progresso della democrazia,  dimenticando che dal 1945 ad oggi, si è scritto e pubblicato  di tutto. Si colpevolizza  il familismo degli italiani, che in verità è sempre esistito, enfatizzandone gli aspetti negativi, rispetto a una  cultura civica che, pure è cresciuta, e che invece  ci si ostina a  giudicare  sempre un passo indietro.
Insomma, gli storici invece di contestualizzare  ciò che stato, ne tracciano, come giudici codice alla mano,  la distanza  rispetto a ciò che doveva essere dal punto di vista della norma. Un normativismo che  riflette le scelte ideologiche.  Pertanto lo storico conservatore  criticherà l’egemonia intellettuale della sinistra e i cedimenti  democristiani, lo storico marxista, oltre al malgoverno della Balena Bianca, l’assenza di grandi riforme in senso socialista. Per contro lo storico cattolico -  conservatore o progressista che sia -  il disordinato ed eccessivo  sviluppo capitalistico.
Su queste impostazioni ideologiche, rispetto "alla norma",  si sono scritte anche le cosiddette storie della Seconda Repubblica,  moltiplicando i (presunti) cattivi risultati della Prima, per i  pessimi (anch’essi presunti) della Seconda.  Alla quale, la maggioranza degli storici,  ha chiesto   - ecco il punto -  di realizzare ciò che doveva realizzare la Prima. Quindi modello ideale per modello ideale, una tragedia storiografica: una specie di "contro-storia della Repubblica al quadrato",  dalle gravi conseguenze.
Diciamo che si è avvertita  la mancanza  di un  grande storico come  Benedetto  Croce. O meglio di un’ opera fondamentale come la sua  Storia d’ Italia dal 1871 al 1915,  scritta durante il fascismo: un esempio di fierezza storiografica, verso il cammino percorso,  nonché   di onesta ricostruzione  dei fatti, una contestualizzazione, assente nella storiografia repubblicana. Insomma,  l'esatto contrario del successivo  normativismo storiografico.
Si dirà: Croce, tuttavia, si fermò al 1915 (come un altro grande storico, ma filofascista, Gioacchino Volpe), rifiutandosi di spiegare le cause del  fascismo,  da lui ricondotto a  temporanea   parentesi, una specie di malattia morale.  Giusto.  Però il  grande filosofo morì nel 1952, convinto che l’Italia, superata la malattia, era entrata in convalescenza.  E che presto sarebbe guarita. Così è stato.
Di questo vero progresso   gli storici  repubblicani -  conservatori, cattolici,  progressisti -  non se ne sono accorti. Per quale ragione? Probabilmente, come detto,  perché  si ostinavano e ostinano a vedere nello stato fascista la continuazione dello stato liberale  e nello stato repubblicano  la continuazione di quello fascista.  Croce la chiamava storiografia di tendenza:  in termini  più moderni si potrebbe definire  storiografia contro il nemico interno. Sul quale Croce, saggiamente, con un colpo di "parentesi",  aveva invece sospeso il giudizio.
Di qui però,  un gioco al rialzo che ha trasformato il giudizio storico, in politico e infine giudiziario. C'è un nemico da criminalizzare, processare, condannare e imprigionare. Con effetti che sono sotto gli occhi di tutti.

Carlo Gambescia