Cominciamo con una battuta: Trump, uomo di pace. “The Donald” fino alla proclamazione di María Corina Machado, pretendeva addirittura il Nobel per la Pace.
Santo subito. Ovviamente, questa è la versione della destra internazionale, soprattutto questa mattina.
Destra e crisi internazionale. Il termine richiama in parte il titolo di un vecchio libro del politologo Giorgio Galli, scritto all’inizio degli anni Settanta, quando la destra già incuteva timore a livello globale, pur non avendo ancora raggiunto la pericolosità odierna. Oggi invece Trump è una specie di esempio per tutti. Tendenze MAGA, un mix di reazione, nazionalismo, autoritarisimo, non privo di richiami fascisti, si affermano in vari paesi occidentali.
Uomo di pace. Uno che dichiara pubblicamente, tra l’altro al funerale di Kirk, dinanzi alla vedova che invitava al perdono, di odiare i suoi avversari. Attenzione, privati come pubblici. Con tutte le conseguenze del caso.
Un uomo che ha cambiato nome al Dipartimento della Difesa in Dipartimento della Guerra. E che vorrebbe prendersi la Groenlandia con la forza delle armi. Per non parlare dello sfacciato ritorno a una guerra dei dazi. Una guerra fredda economica che non si vedeva dagli anni Trenta del secolo scorso.
Osserviamo invece un altro fatto, molto grave per libertà di tutti: che questa pace tra Hamas e Netanyahu, che poi è una tregua, e per giunta fragile, ha oscurato mediaticamente la guerra di aggressione russa all’Ucraina.
Non si parla più di Kiev, scomparsa ormai da alcune settimane dai radar geopolitici, nonostante i feroci bombardamenti russi.
Putin ringrazia. Per contro è di oggi la notizia dell’ ulteriore escalation dei dazi degli Stati Uniti verso la Cina: Il Presidente ha annunciato un aumento del 100% sulle importazioni cinesi, che entrerà in vigore il 1° novembre.
Trump non è un uomo di pace. E se può apparire tale, ricorda figure di criminali storici, di ieri, come Hitler e Mussolini, e di oggi, come Putin. Prepotenti, assetati di potere, pronti a usare la pace come parola magica per imbrogliare i nemici e avere la meglio su di loro. La menzogna è messa al servizio della volontà di potenza. Un mix infernale.
Purtroppo l’uso della menzogna in politica funziona fino alla prova definitiva delle armi. Hitler, Mussolini, Putin , Trump appartengono alla categoria dei mentitori sistematici. Meritevoli, questo sì (magari anche alla memoria), di un Nobel per la Menzogna.
Perché prova delle armi?
In prima battuta, se la struttura politica che circonda i bugiardi sistematici, non è di natura dittatoriale, o comunque più blanda, la prova elettorale, può essere sufficiente, come in Spagna, durante la fase di transizione dal franchismo alla democrazia, o in Argentina e in Cile dopo le dittature dei generali e di Pinochet.
Tuttavia, quando la struttura è forte, addirittura totalitaria, una guerra, perduta ovviamente, può rappresentare il momento della verità. Come fu con i fascisti italiani e tedeschi. Ma gli esempi, soprattutto per gli ultimi tre secoli non sono pochi, ad esempio Napoleone I e III, lo zar Nicola II, e altri micro-dittatori al seguito dei nazi-fascisti. Il caso del comunismo russo, vero impero della menzogna, ha trovato un ottimo continuatore in Putin, segno che l’assolutismo inveterato non sembra estirpabile dalla storia russa.
Trump, al momento, sta rafforzando la struttura politica. Gli Stati Uniti non sono ancora una dittatura, ma sono sulla buona strada. Tuttavia, molto osservatori, legati al tradizionale appoggio liberal-democratico, confidano, dal momento che Trump è in picchiata nei sondaggi, nelle prossime elezioni di Midterm nel 2026.
Manca perciò un anno. Che per il Presidente più bugiardo della storia degli Stati Uniti, potrebbe essere tempo prezioso per militarizzare la terra che fu dei Padri fondatori, di Abraham Lincoln, Woodrow Wilson, Franklin Delano Roosevelt, “Ike” Eisenhower, Ronald Reagan, Barack Obama.
Esageriamo? Si scorra pure l’elenco dei presidenti Usa, ovviamente, non mancano figure negative. James Buchanan, Andrew Johnson, Warren G. Harding e Richard Nixon: quattro presidenti simbolo del fallimento etico-politico in epoche diverse.
James Buchanan restò immobile mentre l’America scivolava verso la guerra civile. Andrew Johnson sabotò la Ricostruzione e negò i diritti agli ex schiavi. Warren G. Harding, nei primi anni Venti del Novecento, lasciò fiorire corruzione e scandali durante la sua presidenza. Richard Nixon, brillante ma paranoico, fece crollare la fiducia nella presidenza con lo scandalo Watergate.
Quindi mentivano, per coprire errori e scopi non sempre puliti, ma non in modo sistematico.
Trump invece è capace di negare l’esistenza stessa dei fatti. Qualche esempio.
Ha detto di aver vinto le elezioni del 2020, eppure i voti lo smentivano. Ha giurato di avere la folla più grande alla sua inaugurazione: le foto raccontano altro. Ha vantato milioni di posti di lavoro e sei guerre risolte in sei mesi: numeri gonfiati e promesse impossibili., inclusa la complicata tregua di cui sopra. Ha sostenuto che gli immigrati messicani portano l’80% dell’eroina negli Stati Uniti e che il suo muro al confine funziona perfettamente, entrambe affermazioni smentite dai dati della DEA e del Department of Homeland Security. Ha minimizzato il Covid-19, consigliato cure pericolose, da praticoni della “medicina alternativa”, e poi negato di averlo fatto.
Qualche dato? Durante il suo primo mandato presidenziale (2017–2021), Donald Trump ha accumulato oltre 30.000 affermazioni false o fuorvianti, con una media di circa 21 al giorno, secondo il Washington Post. La frequenza delle bugie è aumentata costantemente fino al picco dell’anno elettorale e della pandemia. Il database del quotidiano, che monitora comizi, interviste e post sui social, è diventato una mappa della disinformazione presidenziale. Le menzogne hanno riguardato economia, elezioni, confini e sanità, rivelando un modello sistematico (*).
Un atteggiamento da re della menzogna che ora sembra replicare, ma al cubo, in questo suo secondo mandato. Tra l’altro, il progetto del Washington Post Fact Checker si è concluso con la fine del mandato di Trump (gennaio 2021). Non è più aggiornato, ma resta integralmente consultabile online — testimonianza del più vasto archivio di menzogne presidenziali mai raccolto negli Stati Uniti. Che un simile monitoraggio sia stato chiuso non è un bel segnale, a proposito della invasiva struttura autoritaria, in edificazione, di cui dicevamo.
Insomma in Trump la menzogna non è mai un errore, o qualcosa per mettere riparo all’errore, ma un’ autentica strategia. Trump ha trasformato la disinformazione da momento del dilettante in galà dell’ arte politica. Come detto, nessun presidente prima di lui aveva spinto così sistematicamente la realtà al confine con la finzione.
Altro che uomo di pace. Trump è l’uomo del caos travestito da
pacificatore. E come insegna la storia, chi mente sulla pace prepara la
guerra.
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.washingtonpost.com/graphics/politics/trump-claims-database/




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