Cari lettori c’è un’Italia dove chi racconta il male viene accusato di promuoverlo. Quale?
Quella in cui un deputato, una delle tante terze file che scelsero la scommessa di Giorgia Meloni, Federico Mollicone, oggi Presidente della Commissione Cultura della Camera, figura politica di lungo corso nel centrodestra. Noto per le posizioni reazionarie su scuola e mass media: non è il Toninelli della Meloni, come scrive “ Il Foglio”, perché con le radici fasciste non si scherza mai.
Dicevamo Mollicone, bene, e che fa? Si permette di fare la morale a Roberto Saviano. Sì, proprio Saviano: quello che vive sotto scorta, che rischia la vita per denunciare la Camorra, e che oggi viene attaccato da chi non rischia nemmeno mezza idea nuova. Per inciso: la stessa destra vuole privarlo della scorta… Capito? Tiro (libero) al bersaglio…
La polemica
Lo scontro è nato sui social, a colpi di video. Saviano ha commentato l’uscita infelice di Mollicone sull’uccisione di un ragazzo di 21 anni a Palermo, che chiama in causa Gomorra: “Ma davvero si crede che raccontare il crimine significhi promuoverlo?” Una domanda semplice, eppure devastante.
Mollicone ha replicato da pedagogo di Stato, rincarando la dose: “Gomorra mitizza la criminalità. Serve cultura buona, che educhi i giovani.” Ecco servito il dogma della “cultura buona” — quella che non disturba, non fa pensare. La libertà sì, ma teleguidata (1).
Il moralismo come programma politico
Mollicone è l’emblema di una destra che teme la cultura perché la cultura non si lascia ammaestrare. È la solita strategia: colpire chi mostra la realtà per non affrontarla.
Invece di parlare di problemi veri, si parla di serie tv. È più comodo prendersela con “Gomorra” che con la realtà di Scampia. E allora ecco l’argomento principe di Mollicone: “Le serie violente istigano i giovani alla violenza.” Una sciocchezza antica quanto la televisione stessa.
Cosa dicono davvero gli studi
Da decenni la ricerca scientifica — sociologica, psicologica, mediale — ripete la stessa cosa: non esiste una relazione diretta e lineare tra la rappresentazione della violenza e il comportamento violento nella realtà.
Gli effetti dipendono da variabili complesse: il contesto, la condizione sociale, l’istruzione, la fragilità personale, la presenza o meno di alternative reali. Chi semplifica in termini morali — “vedi violenza, diventi violento” — ignora mezzo secolo di studi.
Gerbner, già negli anni Settanta, parlava di "Cultivation theory": la tv non crea comportamenti, ma visioni del mondo. Bandura, con i suoi esperimenti sul modello di apprendimento sociale, mostrava che l’imitazione non è automatica, ma filtrata da intenzioni, contesto e identità.
Infine un lavoro, ancora oggi considerato come un pietra miliare, il National Television Violence Study, dell’ Università del Wisconsin, ha confermato che gli effetti della violenza mediatica sono modesti e contingenti, non deterministici (2).
In sintesi: non è la serie che plasma il criminale, ma la società che abbandona i giovani a se stessi.
La violenza non nasce da Gomorra, ma dal vuoto che Gomorra racconta.
Il mito della “cultura buona”
Mollicone cita fiabe ed eroi positivi: “Bisogna mostrare il bene che
vince sul male.” Peccato che il mondo non funzioni così. E che senza
chi racconta il buio, il buio resti indisturbato.
Saviano illumina, scava, mostra lo sporco che c’è sotto.
E questo dà fastidio a chi preferisce i marmorei monumenti e fraintende il significato politico e sociologico del Gattopardo, fotografia del conformismo politico, promosso da Mollicone a dagherrotipo di un Risorgimento da cartolina illustrata. “Il cùcu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco chermisi… rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta!” Un mondo gozzaniano, in cui non credevano neppure i nostri Padri Fondatori. Magari per Mollicone i versi di Gozzano potrebbero essere adattati così: “Rinasco, rinasco del mille novecento ventidue!”
Insomma chi rischia la vita per dire la verità non ha bisogno di lezioni da chi rischia solo la perdita dello scranno… E ha pure nostalgia, cosa che si guarda bene dall’ammettere apertamente (per ora) del sistema pedagogico fascista.
Gli asini al potere
Non c’è nulla di culturale nelle sue parole: solo l’arroganza dell’ignoranza travestita da pedagogia.
La sua idea di cultura è quella dell’educatore con la bacchetta: la cultura serve a “formare”, non a pensare. E così, nel nome della moralità, si imbavaglia la libertà.
È la vecchia nostalgia autoritaria: quella che non brucia libri, ma li sterilizza; che non censura, ma “indirizza”. E ogni volta che qualcuno pretende di stabilire quale arte sia buona e quale cattiva, siamo a un passo dal Ministero della Verità.
La libertà non chiede permesso Saviano non ha bisogno di difensori: si difende con la sua opera. Ma questa polemica è un sintomo grave.
Perché ogni volta che la libertà artistica viene ridotta a questione di “ordine morale”, la democrazia si restringe.
La cultura non deve “educare”: deve disturbare. Chi racconta il male, aiuta a riconoscerlo. Chi lo nasconde, lo protegge.
Saviano cammina sotto scorta. Mollicone sotto scorta ideologica.
La differenza, in un Paese civile, dovrebbe bastare.
Carlo Gambescia
(2) Alcune letture, non recenti, ma ineludibili, che smentiscono, scientificamente, le tesi di Mollicone: Gerbner, G. et al. (1986), Living with Television: The Dynamics of the Cultivation Process. In J. Bryant & D. Zillmann (Eds.), Perspectives on Media Effects, Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates, consultabile qui: https://www.researchgate.net/publication/22223200_Living_With_Television_The_Violence_Profile ; Bandura, A. (1977), Social Learning Theory, Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall. Qui: https://dn790002.ca.archive.org/0/items/BanduraSocialLearningTheory/Bandura_SocialLearningTheory_text.pdf ; Smith, S. L. et al. (1998), National Television Violence Study. University of Wisconsin, Center for Communication and Social Policy. Qui una sintesi: https://mediacoalition.org/wp-content/uploads/2013/08/3-NTV-Study-Vol-3-Exec-Summary-1998.pdf ; Buckingham, D. (2003), Media Education: Literacy, Learning and Contemporary Culture, Polity Press. Qui per una sintesi: file:///C:/Users/Utente/Downloads/Chapter_Three_of_Media_Education_Literacy_Learning.pdf ; Gauntlett, D. (2005), Moving Experiences: Media Effects and Beyond, John Libbey Publishing. Qui una sintesi: https://davidgauntlett.com/wp-content/uploads/2018/04/Ten-Things-Wrong-2006-version.pdf ; Choe, S. (2022), Editor, The Palgrave Handbook of Violence in Film and Media, Palgrave-Mcmillan. Qui una delibazione: https://content.e-bookshelf.de/media/reading/L-18574053-aab7ea2ba4.pdf .



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