venerdì 3 ottobre 2025

Dalla Marcia su Roma alla nuova denominazione del Pentagono: simboli, autoritarismo e l’influenza americana

 


Trump vuole il Nobel per la Pace, ma cambia la denominazione del Ministero della Difesa in Ministero della Guerra.

Battute a parte,  va subito fatto un passo indietro. Perciò il lettore si metta comodo. Però non fino al punto di preparare i popcorn.

La cosiddetta “Marcia su Roma” che in realtà fu un golpe, con l’aiuto del re e dei quadri politici e militari più conservatori, ebbe un effetto domino in Europa. Hitler in Germania, Miguel Primo de Rivera in Spagna e António de Oliveria Salazar in Portogallo guardarono a Mussolini come modello, così come Oswald Mosley in Gran Bretagna. Regimi autoritari come quelli di Józef Piłsudski in Polonia, Ioannis Metaxas in Grecia e Miklós Horthy in Ungheria assorbirono elementi fascisti, mentre negli Stati Uniti non mancarono ammiratori, da Henry Ford a Charles Lindbergh.

La marcia su Roma ebbe davvero un effetto di “apripista” e diede legittimità internazionale all’idea che un movimento autoritario potesse conquistare il potere. Tuttavia, i regimi che seguirono in Europa non furono copie perfette: alcuni si ispirarono al fascismo (soprattutto Germania, Falange, Mosley), altri presero solo pezzi (retorica, simboli, organizzazione), altri ancora erano semplicemente dittature tradizionali che usarono il fascismo come foglia di fico.

Oggi l’Occidente sta vivendo una crisi del genere. Il mondo occidentale sta cambiando in fretta e sembra che nessuno voglia capire per varie ragioni la gravità di questo processo involutivo: di nuova distruzione della modernità liberale.

Le motivazioni sono le più varie: inerzia, conformismo, risentimento sociale, nostalgia dell’uomo forte, culto dell’ordine, della gerarchia e della disciplina.

Il fatto interessante è che l’idea circa la validità di una forma di governo autoritario, questa volta proviene non dall’Italia ma addirittura dagli Stati Uniti. Ovviamente l’Italia, che ha inventato il fascismo, non è da meno. Ma è un fiorire in tutto l’Occidente di movimenti e partiti di estrema destra che disprezzano, come negli anni Venti l’idea liberale.

La marcia della destra reazionaria sembra al momento inarrestabile. Su questo processo involutivo, come detto, pesa soprattutto il cattivo esempio americano. Gli Stati Uniti, sono sempre stati all’avanguardia, nel bene e nel male, nelle "mode" culturali, diciamo così. E ora è il turno di una cultura imperniata sulle idee di dio, patria e famiglia. Idee che spalancano la porta a un’idea di società chiusa. Non siamo davanti alla veicolazione di fenomeni, tutto sommato innocui, come ad esempio il minimalismo in letteratura, la musica hip hop, gli antieroi al cinema, e così via, ma rimanda a una concezione autoritaria con sedimenti fascisti.

Sotto questo aspetto la ridenominazione da Department of War a Department of Defense, imposta da Trump è un segnale importante.

Non è un caso che proprio nel 1947, all’indomani della Seconda guerra mondiale, tanto l’Italia quanto gli Stati Uniti abbiano archiviato il vecchio “Ministero della Guerra”. Negli USA il Department of War fu trasformato nel nuovo National Military Establishment, ribattezzato Department of Defense nel 1949: un esempio di modernizzazione militare che avrebbe fatto da modello anche altrove. In Italia nacque subito il Ministero della Difesa, unificando esercito, marina e aeronautica sotto una sola autorità civile. Nei decenni successivi seguirono altri paesi: il Regno Unito (Ministry of Defence, 1947), la Francia (Ministère de la Défense, 1947-1974), la Germania Ovest (Bundesministerium der Verteidigung, 1955), il Portogallo (Ministério da Defesa Nacional, 1958), il Giappone (Agenzia di Difesa, 1954, divenuta Ministero nel 2007) e infine la Spagna dopo la transizione democratica (Ministerio de Defensa, 1977). Il primato americano è evidente: la riforma statunitense fece da vero effetto a goccia, discendente, istituzionale, aprendo la strada a tutti gli altri (1).

Pertanto questa ridenominazione del Pentagono indica un cambio di paradigma, dall’idea di guerra difensiva all’idea di guerra offensiva.

Certo si può dire, sulla scorta di un grande polemologo, Gaston Bouthoul, che ogni stato considera la sua guerra difensiva e quella dei nemico offensiva. E che perciò il concetto di guerra giusta (difensiva) è piuttosto labile (2).

Però, un cambio di denominazione, in questo momento, se è altrettanto vero che spesso la parola è la cosa stessa, indica, come dicevamo, che processo involutivo è in atto, e poiché gli Stati Uniti, sono padre e madre di tutte le “mode”, le denominazione prima o poi cambieranno anche in Europa e in tutto l’Occidente, contribuendo a un serio ispessimento della situazione.

Si dirà che tra il golpe fascista del 1922 di Mussolini e il cambiamento di denominazione promosso da Trump esiste una bella differenza. Però, sul piano simbolico, crediamo che la scelta di Trump equivalga al golpe di Mussolini. Soprattutto a causa della forza diffusiva delle idee americane, idee alle quali poi seguono sempre fatti, nel bene come nel male.

E questa volta, come dicevamo, potrebbe essere nel male.

Carlo Gambescia

(1) Si veda per una panoramica generale in argomento C. Townshend (a cura di), The Oxford History of Modern War, Oxford University Press, Oxford e New York 2000, si veda l’ampio capitolo sul pacifismo, pp. 317-341.

(2) Di Gaston Bouthoul ci piace segnalare la prossima uscita, per i tipi del Foglio di Gordiano Lupi, de La sociologia della politica.

Nessun commento:

Posta un commento