Battuta facile, “Libero”, ma da cosa? Non dall’adulazione che sconfina nel servilismo.
Si rifletta. L’adulazione è un inchino calcolato: si loda per convenienza, mantenendo almeno un briciolo di distanza. Il servilismo, invece, è una resa: non si compiace il potere, lo si interiorizza. L’adulatore vuole piacere, il servo obbedire. Il primo mente, il secondo si consegna.
Si dia uno sguardo alla prima pagina di “Libero”. Neppure durante il fascismo si era giunti a un tale grado di spudoratezza nel propagandare un libro del capo del governo, allora Benito Mussolini, oggi Giorgia Meloni.
Sì, ci fu la pubblicazione dei suoi Scritti e discorsi in dieci volumi, per i tipi di Hoepli. E la stampa di regime lavorava a pieno regime. Poi c’era l’Istituto Luce che celebrava vita e opere del “Figlio del Fabbro” (Mussolini) prima di ogni pellicola. Ma era una dittatura.
Oggi, almeno formalmente, l’Italia è ancora una liberal-democrazia. E qui veniamo al servilismo. A “Libero”, per ora nessuno ordina esplicitamente. Quindi servilismo, come alcool puro, che non ha bisogno di ordini additivi.
Figurarsi, cosa accadrebbe, se si scivolasse in una nuova dittatura… Eppure, anche allora, non mancavano le adulazioni dall’estero, Oggi Oltreoceano c’è “The Donald” che adora “Gioggia”, allora c’era Henry Ford, che proclamava tutta la sua ammirazione per il duce. Lo vedeva come l’uomo che aveva riportato ordine tra le masse e rimesso gli operai in fabbrica. Mussolini, da parte sua, lo citava spesso come esempio dell’“uomo nuovo”: produttivo, disciplinato, meccanico. Non solo Mussolini però.
Ford era antisemita. Per inciso, si legga cosa scrisse Hitler di Henry Ford: “Gli ebrei reggono la borsa dell’Unione americana. Ogni anno che passa aumenta il controllo della forza lavoro di un popolo di centoventi milioni di persone. Poche lodevoli eccezioni, come Ford, restano ancora indipendenti” (*). Ford, Hitler, Mussolini, Come dire? Dio li fa poi li accoppia.
Tuttavia Ford non arrivò mai a scrivere, né delegò ad altri, la prefazione a un libro del Duce, ma bastò la sua fama, e qualche frase di circostanza, perché la propaganda fascista lo usasse come testimonial involontario del regime (**).
C’è un nesso tra denaro e fascismo, che non è solo questione di difesa degli interessi di classe, come asseriscono i marxisti, esiste evidentemente affinità psicologica, sottile, non ammessa pubblicamente, tra il padrone, il capitalista, e il dobermann fedele, il fascista…
Sicché, a un secolo di distanza, la storia si ripete. Con Giorgia, adottata dalla famiglia Trump.
E che fa “Libero” anzi “Servo”? Dedica mezza prima pagina alla copertina del libro I am Giorgia. My roots, My principles, libraccio reazionario, che esce con tanto di prefazione di Donald Junior, e con tanto di spot entusiasta di Donald Senior. È l’ennesimo passo verso una nuova formula politica: la televendita autocratica, dove la politica si confonde con la pubblicità e la dignità con la grafica editoriale.
Il messaggio è chiaro: Meloni si propone come brand globale della destra sovranista e nostalgica dei valori fascisti (“dio, patria e famiglia, in primis), confezionata per piacere al mercato trumpiano, altrettanto nostalgico di un’America che come Henry Ford ammira Mussolini e i dittatori.
Giorgia Meloni, non più la “figlia del popolo” ma la patinata testimonial di un nazionalismo prêt-à-porter, venduto come un profumo: “identità italiana, note di patriottismo, retrogusto d’ordine”.
Questa non è solo propaganda, è marketing per un futuro regime. È la riduzione della politica a storytelling, cioè a strategia per raccontare un prodotto: Giorgia Meloni e la sua band: I “fasciskin”. Diciamola tutta: il fascismo, con tutti i suoi orrori, almeno manteneva una certa estetica del potere. Qui siamo di fronte al fascismo in versione Ferragni, con l’hashtag al posto del manganello e il like al posto del consenso.
E così “Libero” diventa il bollettino ufficiale del culto personale. "Servo", per l’appunto. Mentre titola contro i “pro-Pal” che osano contestare la Nazionale, regala gratuitamente spazio pubblicitario alla premier. Non informazione, ma pubblicità travestita da patriottismo.
Intanto, nel mondo vero, l’Italia reale annaspa tra i due estremi: banche taglieggiate e sfratti che uccidono. Ma va bene così: basta che “Gioggia” sorrida in bianco e nero e che Donald Jr. e Donald Sr. le facciano l’occhiolino.
Questo nuovo fascio-populismo non crede in nulla, se non nel proprio riflesso. È l’autoritarismo in formato tascabile, venduto su Amazon con la prefazione inclusa.
Che malinconia. Ahi serva Italia, di dolore ostello…
Carlo Gambescia
(*) A. Hitler, La mia battaglia, edizione critica, a cura di V. Pinto, Free Ebrei, Torino 2017, pp. 574-575. E nota del curatore.
(**) Ford non fu il solo ammiratore americano di Mussolini, tra i Vip del tempo. Nel 1933 la Columbia Pictures addirittura produsse e diffuse negli Stati Uniti il documentario “Mussolini Speaks!”. In argomento si veda il pionieristico studio (oggi,un classico) di J.P. Diggins, L’America, Mussolini, il fascismo, Editori Laterza, Roma-Bari 1972. Perciò quanto prima potrebbe toccare alla leader di Fratelli d'Italia: "Meloni Speaks"...




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