Insistiamo. Oggi ci si mettono anche i due opposti politici: “Il Foglio” e “Domani”.
Il primo addirittura scomoda il Presidente della Consulta Amoroso per rilanciare la tesi che la democrazia non è a rischio perché – ecco la sintesi da primo anno di legge – la separazione dei poteri è solida. Il secondo, pur con tono ammonitore, parla del governo Meloni come di un governo solido, pragmatico. Pure il primo Mussolini era pragmatico.
Infine, terzo incomodo: Ranucci. La vittima dice di non credere alla pista politica. Noi invece crediamo, per quel che concerne questa sua ipotesi – ovviamente prematura come tutte le altre – che Ranucci, scagionando a priori la destra, risponda a un bisogno tutto suo: quello di regolare i conti interni alla sinistra. Evidentemente Elly Schlein non è nelle grazie di Ranucci. Chissà, ruggini Rai.
Il che spiega la puntuale lapidazione di Elly Schlein, opera della destra – cosa scontata – e della sinistra, meno. Lapidazione che risale a ieri, solo perché, incrociando Andersen e Manzoni, la sciagurata fanciulla ha detto che il re è nudo. Cioè che la democrazia è a rischio in Italia. Cosa verissima. Si noti, non ha neppure parlato di antifascismo. Il termine non c’è. Ha adombrato diciamo.
Che ha detto di male? Al governo non c’è il partito conservatore inglese, i gollisti dei tempi del generale, o i repubblicani americani prima della sbornia Trump, ma c’è gente che non ha mai fatto i conti con il fascismo. Non è una destra normale.
E ciò avviene in un contesto internazionale dove vince ovunque (o quasi) la destra reazionaria: nel senso di una destra che guarda con simpatia alle stesse idee e metodi autoritari usati dal fascismo – concentrazione del potere nell’esecutivo, approccio poliziesco alle questioni sociali, difesa di valori arcaici.
Si dirà che invece non sembra cambiato nulla: l’Italia è piena di turisti, la gente va e viene dal lavoro e dai negozi, ci si sposta da un punto all’altro, i soldi, per così dire, girano. Tutto è normale, insomma.
Anche durante il fascismo, il piccolo borghese – e la nostra è una società di ceto medio diffuso – ogni domenica mattina, finita la messa, comprava le "pastarelle" e il pomeriggio andava al cinema.
In realtà, oggi come allora, viviamo in un momento in cui, nonostante le "pastarelle" digitali, chiunque dica che il re è nudo non trova ascolto, e soprattutto non trova una tribuna degna della gravità dell’ora.
Il rischio è questo: chi è importante, come Schlein (che ripetiamo adombra), passa rapidamente dalla lapidazione all’irrisione; chi è meno noto, come Gambescia, e dice le cose come stanno, viene semplicemente ignorato. Il che non vuol dire che non sia attenzionato da chi di dovere (per dirla in burocratese).
Proprio questo clima, in cui il termine “antifascista” viene addirittura deriso come quando qualcuno dice di essere stato rapito dai marziani, o viene silenziato – tanto nessuno se ne accorgerà o protesterà – indica che il problema non è il decreto sicurezza, che introduce nuovi reati persino di opinione, ma il clima politico-culturale, che è cambiato completamente (*).
L’antifascismo sembra ormai essere fuori moda. Qui il capolavoro di Giorgia Meloni, e dei suoi, astutamente guidati. La leader di Fratelli d’Italia ha saputo imporre, con silenzi, reticenze e ambiguità varie, un vero e proprio mutamento di paradigma politico-cognitivo. Complici, ovviamente, i mass media, da sempre proni ai venti delle mode. E oggi in ginocchio dinanzi al prepotente gioco vittimologico dei social e dell’influencer di turno, anche politico come la Meloni.
La vittimologia, che permea le nostre società, è un’arma a doppio taglio, perché, se priva di paletti morali, può risolversi nell’assoluzione per tutti: dal serial killer a Mussolini.
Parlare di antifascismo, nella migliore delle ipotesi, oggi annoia. Nella peggiore suona come una parolaccia.
Che tristezza. Parliamo di un’esperienza politica e civile che ha una sua nobilissima storia, non ristretta al 1943-1945, ma che nasce nel 1920-1921, con il primo fuoriuscitismo che abbracciava operai, impiegati, piccoli sindacalisti e politici locali vittime delle percosse fasciste. I ras locali li invitavano a cambiare aria.

Antifascismo sul quale si fonda la Costituzione italiana. Perciò, quanto più si tace sull’antifascismo, tanto più la Costituzione cade nel dimenticatoio.
Siamo solo all’inizio. E molti – passi per la destra, ma addirittura a sinistra – non hanno capito che la Schlein, piaccia o meno come leader, su questo punto specifico, ha ragione. L’Italia è a rischio.
La fanciulla, ripetiamo, ci indica con il dito che il re è nudo. Che il nuovo fascismo potrebbe essere alle porte.
Carlo Gambescia
(*) Ne abbiamo scritto qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/06/decreto-sicurezza-basta-non-essere-rom.html .




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