domenica 19 ottobre 2025

L’ “anti-italiano” è tornato: il nuovo conformismo di destra e il complesso di inferiorità della sinistra

 


Forse i lettori non si sono accorti della cosa. Ma a proposito dei mandanti ed esecutori della bomba destinata a Ranucci nessuno o quasi ha parlato di possibili legami con il terrorismo neofascista. Mi sembra che solo Damilano, abbiamo citato, ma senza un serio ragionamento, il tentato golp di Junio Valerio Borghese, che si proponeva di occupare la Rai con duecento guardie forestali. Più una battuta che un’analisi.

La prima ipotesi avanzata è quelle delle mafie, degli affari sporchi, eccetera. Solo in subordine, ma molto in subordine, pochi osservatori hanno parlato di possibili legami tra criminalità e terrorismo nero, che pure in passato ha scritto pagine sanguinose. Per non parlare di terrorismo nero puro e semplice



Il punto che sembra interessante, al di là del pur grave caso Ranucci, è questa reticenza, che sfocia nel conformismo. Questo pudore-timore di tirare in ballo, proprio parlando di terrorismo nero, le radici neofasciste di Fratelli d’Italia. Tra l’altro rivendicate, dalla stessa Meloni, attraverso giochi di parole – quel dire e non dire – tipo le nostre radici che mai rinnegheremo, eccetera.

E qui veniamo al punto fondamentale: oggi sulle prime pagine spicca la polemica a distanza tra Giorgia Meloni e Elly Schlein. Solito copione, la Schlein attacca, Giorgia Meloni cade dalle nuvole e rilancia, atteggiandosi però a vittima del complotto della sinistra.

Si noti però una cosa, la Schlein evita accuratamente di evocare fascismo e neofascismo. Parla di democrazia a rischio a causa dell’estrema destra al governo, ma non completa il ragionamento. Come? Evocando le radici neofasciste di Fratelli d’Italia. Cioè la Schlein, temendo di essere accusata di antifascismo, parola diventata scomoda, sulla scia del nuovo conformismo di destra (lasciata agli anarchici e all’ Anpi), evita accuratamente di parlarne. Si chiama anche complesso di inferiorità.



Un bruttissimo segnale. Perché in questo modo, anche polemizzando duramente, si conferiscono patenti di democrazia, magari autoritaria, ma democrazia, ridotta a un filo, ma democrazia, a un governo, composto di nostalgici del fascismo, a cominciare proprio da Fratelli d’Italia.

Insomma, l’ascesa prepotente di un nuovo conformismo di destra – altro che woke – favorisce il consolidamento, di chi continua a dire, e neppure in privato, che Mussolini fece anche cose buone.

Da un punto di vista sociologico è in atto una reazione – ma due, tre volte più forte – a certo conformismo di sinistra, ormai quasi un ricordo.

E con una differenza di fondo. Quale? Come dicevamo ieri, “resta vero che nel campo antifascista – soprattutto nelle sue frange leniniste – è germogliato anche il terrorismo rosso, ma si tratta di una deviazione, non della regola: una degenerazione di quell’idea umanitaria che, nella tradizione socialista e riformista, ha comunque cercato di costruire una società più giusta”.

Invece “il fascismo ha sempre teorizzato la violenza come elemento costitutivo: una reazione all’umanitarismo e all’internazionalismo socialista, come prova l’accanimento – non solo retorico – contro i migranti e la fortissima simpatia per il modello nazionalista” (1).



Si rifletta su un fatto che può essere misconosciuto, solo ai chi soffra di Alzheimer storico. Come ha replicato Giorgia Meloni a Elly Schlein? Testuale: “Vergogna, Elly Schlein, che vai in giro per il mondo a diffondere falsità e gettare ombre inaccettabili sulla nazione che, da parlamentare della Repubblica italiana e leader di partito, dovresti rappresentare e aiutare” (2).

Si tratta della vecchia tesi fascista usata a martello contro gli oppositori, in particolare i fuoriusciti politici, dopo il colpo di stato del 1922,  bollati come nemici degli italiani. Un'accusa che si tramutò nel leitmotiv del Ventennio.

Va detto che il termine “anti-italiano” lo ha reinventato e potenziato proprio il fascismo. Perché nasce nell’ambiente nazionalista di fine Ottocento – Crispi e Oriani per tutti – come accusa rivolta a chi “disonora” la patria con critiche o dubbi sull’identità nazionale. È una parola armata, non di analisi: serve a separare i “veri italiani” dai presunti traditori. Termine che a dire il vero riecheggia anche in Amendola e Gobetti, ma in chiave antifascista, nel senso, per farla breve, dell’italiano che rifiuta la modernità liberal-democratica, con accenti, di volta in volta più o meno forti, sul primo o sul secondo aggettivo.

 


Con il fascismo, la categoria diventa invece un marchio politico, da una parte gli arcitaliani (i fascisti) dall’altra gli anti-italiani (gli antifascisti) chiunque non si allinei al regime — liberali, socialisti, cattolici indipendenti — è bollato come anti-italiano. Il concetto si carica allora di senso razziale e totalitario, sinonimo di nemico interno (3).

Dopo il 1945, riemerge periodicamente nei linguaggi della destra nostalgica e sovranista, come residuo tossico della retorica fascista travestito da patriottismo. L’esatto contrario di ogni forma di universalismo liberale.

Pertanto, rivendicare oggi l’importanza dell’antifascismo, rinvia all’idea di un’Italia libera dai detriti e relitti di un pericoloso nazionalismo antiliberale e antidemocratico che esclude ogni forma di legale opposizione come anti-italiana.

Qui la dignità dell’antifascismo come risposta al demone nazionalista, che trovò nel fascismo il suo fratello gemello separato alla nascita.

Il che spiega, per contro, l’alto contenuto di fascismo, seppure non esplicitato, nelle parole di Giorgia Meloni, come pure il timore di essere liquidata, come antifascista di una Elly Schlein, che sembra aver perso di vista il valore universalista, quindi liberale, dell’antifascismo.

Così siamo messi. Purtroppo.

Carlo Gambescia

(1) Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2025/10/ranucci-come-matteotti.html .

(2) Qui: https://www.dire.it/18-10-2025/1189389-ranucci-schlein-liberta-a-rischio-con-estrema-destra-al-governo-meloni-delirio-puro/ .

(3) In argomento si veda G. Aliberti, Carattere nazionale e identità italiana, Nuova Cultura, Roma 2008, in particolare pp. 109-163.

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