Vittorio Sgarbi è una figura imbarazzante. Lo ricordiamo nel lontano 1994 a un convegno su Evola, con vistosa compagnia femminile al seguito, in cui disse, con l’aria del si provi solo a contraddirmi, cose di una banalità sconcertante.
La prima impressione – diciamo anche l’ultima – fu quella di trovarsi dinanzi a un tipo egocentrico, sul filo di una patologia di tipo istrionico. Un fatuo iroso… Mai contrariarlo. Di qui l’imbarazzo dell’ interlocutore. Soprattutto se educato e gentile. Con Sgarbi, si deve essere come il carabiniere uso obbedir tacendo…
Un personaggio del genere – si ricordi pure la sua fama di collezionista, quindi sempre bisognoso di denari, come D’Annunzio – non poteva non ritagliarsi un ruolo remunerativo di intrattenitore televisivo. Ovviamente, non tutti i collezionisti d’arte si comportano così. Si pensi alla dignità di un Mario Praz, che scriveva fino a tarda notte. Invece sulle notti di Sgarbi esiste una corposa bibliografia scandalistica. Ovviamente, sono affari suoi.
Che cosa può urtare del personaggio? Si noti, “personaggio”, siamo davanti a una rappresentazione, a dire il vero sempre più stanca e stancante. Con un lato tragico (però non si riferisca la cosa a Sgarbi perché nel suo delirio la interpreterebbe quasi come un complimento): l’ultimo Sgarbi, quello del MAXXI, ormai confonde finzione e realtà, la recita con la vita reale, proprio come Gloria Swanson in “Viale del Tramonto”. “Eccomi De Mille, sono pronta per il mio primo piano”…
Dicevamo, cosa vi è di irritante? Che può dare fastidio, subito, a pelle, di Sgarbi? Come detto, la fatuità. Sgarbi è superficiale, vanesio, non dice mai una cosa interessante. Si legga pure un suo articolo, un suo libro. Una volta letto non si è appreso nulla. Su questa superficialità di fondo si erge quel monumento, all’irascibilità, che Sgarbi si è scolpito da solo. Diciamo pure che la sua cifra è quella dell’irosità banale.
Il primo a cogliere questo aspetto, nel lontano 1990, fu Beniamino Placido, che di televisione, ma soprattutto di cultura, ne capiva.
Chi desideri leggerlo può consultare l’archivio di “Repubblica” (*). Merita. Beniamino Placido era l’esatto contrario di Vittorio Sgarbi: un uomo, tranquillo, osservatore acuto, di solida cultura, ma molto curioso. Che però prima di parlare e di scrivere rifletteva sempre. Infine a differenza di Sgarbi, e chiunque lo abbia conosciuto può confermarlo, era un amabile conversatore.
Carlo Gambescia
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