giovedì 27 luglio 2023

Giorgia Meloni, il test Washington

 


Una cosa va precisata subito. Biden non ha mai ricevuto né Orbán né Bolsonaro. Evidentemente scorge delle potenzialità democratiche nella destra di Fratelli d’Italia. Il sacrificio di ricevere Giorgia Meloni alla Casa Bianca per un incontro ravvicinato vale la candela, per così dire. Ma che cosa vuole Biden dall’Italia? Tre cose.

In primo luogo, un alleato sicuro nella guerra contro Mosca, il secondo luogo, un amico nel Mediterraneo e in Africa, in terzo luogo un partner in grado si sfilarsi dall’abbraccio dei cinesi sulla “Via della Seta”.

E la Meloni? Innanzitutto, una legittimazione democratica dalla madre di tutte le democrazie. In secondo luogo, un contrappunto politico ed economico nei riguardi di Francia e Germania. In terzo luogo, mani libere, o quasi, sui migranti.

Ovviamente, questo incontro per la destra antiamericana, che esiste probabilmente anche all’interno di Fratelli d’Italia (ma si pensi pure all’alleato leghista di obbedienza salviniana), l’avvicinamento agli Stati Uniti non può piacere. I neofascisti italiani, che non hanno mai dimenticato il 1945,   guardano alla Russia e alla Cina, anche per antiche remore ideologiche verso la democrazia, come possibili alleati in funzione antiamericana. Di conseguenza, il viaggio di Giorgia Meloni a Washington viene giudicato un tradimento geopolitico e culturale.

Va però detto, che questo tipo di neofascismo, al momento, non ha alcuna rilevanza di tipo elettorale. Pertanto Giorgia Meloni, che tra l’altro esercita un potente controllo su Fratelli d’Italia, sembra avere le mani libere.

La vera domanda, che preoccupa amici e nemici di Giorgia Meloni, è quanto sia sincero il suo riavvicinamento agli Stati Uniti. Per la destra neofascista, come detto, lo si liquida o come un tradimento bello e buono, o come il frutto di un pragmatismo politico di bassa lega, che non merita alcuna fiducia. Per tutti gli altri, dalla sinistra alla destra perbene, Giorgia Meloni resta una specie di rebus politico, perché non si riesce a capire che tipo di relazione possa esistere tra le sue posizioni reazionarie e il credo liberal.

Certo, si tratta di politica estera, quindi, soprattutto in momenti complicati come questi, gli Stati Uniti non possono andare tanto per il sottile. Hanno lanciato un amo e ora attendono. Quanto a Giorgia Meloni invitiamo i lettori a osservare come la sua strategia ricordi quella per così dire quella della lumaca, dei piccoli passi intorno ai pilastri della famiglia tradizionale, del sovranismo antieuropeo, delle politiche antimigratorie. Per ora Giorgia Meloni sembra essere sulla difensiva, ma in realtà snobba le nuove famiglie, spinge la commissione europea ad affiancarla su Mediterraneo e migranti e a pazientare sulle politiche economiche italiane espansive.

Probabilmente, questa strategia deve aver colpito gli Stati Uniti, che hanno capito benissimo, come l’ombrello americano, torni utile ai disegni di Giorgia Meloni. Di qui l’amo di cui sopra.

Diciamo che al momento Stati Uniti e Italia hanno bisogno l’uno dell’altra. E l’Italia che rappresenta l’alleato più debole si ritrova in una condizione fortunata, perché può trattare se non alla pari, almeno da una posizione privilegiata di cui non godeva dai tempi della Guerra fredda.

Certo, dipenderà da Giorgia Meloni saper sfruttare questa possibilità. Qui però si torna al vizio d’origine,  alle profonde radici neofasciste e antiamericane di Fratelli d’Italia, quindi al peso dell’antiamericanismo, non tanto a livello elettorale, quanto sul piano del subconscio politico, diciamo dei sensi di colpa verso la tradizione politica di appartenenza. Che è una sorta di sottotesto sociologico che impregna nel bene e nel male  la vita quotidiana di Fratelli d’Italia.

È vero che il potere cementa tutto e facilita le cose. Però, se ci si  passa la caduta di stile, non si può nascere lupi  e morire agnelli. Diciamo allora che il volo a Washington è un test interessante per capire fin dove Giorgia Meloni vuole spingersi. E soprattutto se riuscirà a convincere Biden. In particolare sulla Cina.

Carlo Gambescia

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