mercoledì 5 luglio 2023

Lollobrigida, Sangiuliano e la battaglia del grano

 


Alla stampa di sinistra la cosa è sfuggita. Anticipiamo pure che la cultura economica della sinistra è antimercato. Pertanto sulle fregnacce (pardon) del “chilometro zero” destra e sinistra sono d’accordo.

Cosa è sfuggito? Che ieri nella città di Rieti, i “camerati” di Fratelli d’Italia hanno celebrato la battaglia fascista per il grano, ospiti d’onore Lollobrigida e Sangiuliano, due ministri della Repubblica (*). 

Cioè, con la scusa di onorare Nazareno Strampelli, un esperto di genetica dei cereali, all’epoca fascistissimo, (parliamo del 1925, anno di avvio della battaglia del grano, solo l'anno prima  Matteotti era stato massacrato a calci e pugni da una squadraccia fascista, giustificata da Mussolini), si è dipinta la battaglia del grano: 1) come un modello di politica economica fattibile; 2) come uno dei grandi successi del fascismo.

Ora chiunque abbia letto la biografia mussoliniana  di Renzo De Felice (**) , storico non sicuramente comunista, sa benissimo, che la battaglia del grano fu una pericolosa anticipazione della linea autarchica che il fascismo avrebbe sposato negli anni Trenta: una cosa oggi anacronistica, ieri da retrogradi politici. Per dirne solo una: alla fine degli anni Venti, i prezzi mondiali del grano si abbassarono, e nonostante ciò l’Italia fascista, imperterrita, continuò a puntare sul grano nazionale, molto più caro di quello estero, imponendo dazi protettivi che furono pagati dai consumatori.

Di conseguenza non fu assolutamente un successo del fascismo, per tre ragioni: 1) la dieta alimentare degli italiani peggiorò, perché furono penalizzate altre colture; 2) si ingrassarono – se non tutti, molti – i grandi proprietari agrari che avevano finanziato lo squadrismo fascista; 3) la bilancia commerciale agricola verso l’estero migliorò, ma peggiorò quella di altri paesi che esportavano in Italia, che a loro volta, per ripicca, elevarono barriere doganali contro l’Italia, innescando quella spirale protezionistica, poi estesa ad altri prodotti, che negli anni Trenta avvelenò quel già pessimo clima politico-internazionale che condusse alla guerra mondiale.

Ecco che cosa si festeggiava ieri a Rieti: il fascismo e la sua politica economica autarchica.

Non cambieranno mai.

Carlo Gambescia

(*) Qui la sintesi del Tg regionale del Lazio:https://www.rainews.it/tgr/lazio/notiziari/video/2023/07/TGR-Lazio-del-04072023-ore-1400-8e9dbd0b-c1cd-4be9-adab-cd4eb605a4e9.html , minuto 11,00. Si noti che il servizio su Rieti viene dopo quello sulla Schlein a Ventotene. Come se accostare l’europeismo di Spinelli – antifascista – e la battaglia del grano – fascista – fosse la cosa più normale del mondo. In Rai, al di là degli schieramenti, crediamo vi siano redattori di ignoranza storica abissale, soprattutto nei regionali (la serie C del giornalismo Rai: gli sfigati). Così è.

(**) R. De Felice, Mussolini il fascista. L’organizzazione dello stato fascista (1925-1929), Einaudi, Torino 1995 (1968), pp. 80-82, e Id., Mussolini il duce. Gli anni del consenso (1929-1936), Einaudi, Torino 1996 (1974), pp. 152-153.

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