domenica 30 luglio 2023

La destra e le lottizzazioni

 


La sinistra strepita e accusa la destra di lottizzare. L’accusa è giusta. Va però detto che la sinistra ha fatto lo stesso. Vulgata vuole che i lottizzati di sinistra siano giudicati più preparati di quelli di destra. Pertanto la sinistra punterebbe su persone politicamente fidate ma preparate.

Chiacchiere. In realtà il problema non è il lottizzato ma la lottizzazione.

Ma allora, qualcuno potrebbe chiedersi, negli Usa? Che ad ogni nuova amministrazione cambia tutto. Gli Stati Uniti, anche se incomparabilmente, più grandi dell’Italia, non hanno un sistema di economia pubblica ampio come quello italiano. Quindi lo spoils system riguarda gli uffici strettamente politici. Per capirsi, anche se non è proprio così, i “ministeri”. Insomma, la pubblica amministrazione.

In Italia il settore pubblico non si ferma ai “ministeri”, ma allunga i tentacoli sull’economia: grandi imprese pubbliche, partecipate, locali, nazionali, dal credito, ai servizi e all’industria ( o meglio al “post industriale”), molte di queste strutture, magari con la foglia di fico del Parlamento, sono diramazioni politiche come la Rai.

Pertanto, riassumendo, la lottizzazione “all’italiana” non riguarda solo la politica ma l’economia. Che invece negli Stati Uniti è privata.

Ora che cosa avrebbe dovuto fare la destra per tirarsi fuori da questo merdaio (pardon)?

Due cose.

La prima, lasciare tutti gli enti nelle mani dei precedenti lottizzati, rifiutando la lottizzazione: fatto storico in Italia. Roba da quarto movimento della Nona sinfonia di Beethoven.

La seconda, di lanciare un grande piano di privatizzazioni per tirare fuori lo stato dall’economia. Anche qui Beethoven non guasterebbe.

E invece che cosa ha fatto la destra? Ha lottizzato, come la sinistra.

Esiste una differenza sotto il profilo della visione economica tra questa destra e la sinistra? Sinistra  che Giorgia Meloni, in un’intervista a Fox News, in cui fa professione di realismo politico, accusa di essere dalla parte degli utopisti? No. La destra è statalista quanto la sinistra. Non ha una visione liberale dell’economia, crede nell’utopia dello "stato amico" della pubblicità progresso pagata dal contribuente.

Un’ultima cosa. Che  significa essere realisti politici? Lasciare le cose come stanno? Oppure comprendere che l’Italia, realisticamente parlando, ha necessità di un gigantesco programma di privatizzazioni? Di liberare il suo potenziale  economico?

Più stato nell’economia significa solo lottizzazioni, crescita del disavanzo pubblico, e di conseguenza della pressione tributaria. Tradotto: zero pil.

Qual è allora il vero realismo politico? Cambiare teste di legno con altre teste di legno? O cambiare le regole, privatizzando, per impedire il valzer delle teste di legno?

Carlo Gambescia

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