“Il Cattivo poeta”, trasmesso ieri sera su Rai Tre, è un film ambiguo, politicamente ambiguo.
Cattivo, D’Annunzio, come si intuisce, perché ostile a Mussolini. Della poetica il film quasi non parla. Insomma, un disobbediente, in linea con la sfocata retorica post-sessantottina.
In realtà, sulla base di un fatto storicamente vero (D’Annunzio fu contrario all’alleanza con la Germania nazista), si tenta di accreditare la falsa pista che il “Vate” poteva essere un’alternativa a Mussolini. Ovviamente, non nel 1936, quando viveva da semiconfinato di lusso al Vittoriale, ma nel 1920, nei giorni dell’impresa fiumana, descritta anche questa non come un golpe militare, ma come una specie di grande festa, una specie di centro sociale popolato di sognatori, poeti, cantanti e danzatrici.
D’Annunzio nel 1915, nel quadro di un altro golpe, politico diciamo, quello che portò all’ingresso dell’Italia in guerra, infiammò la piazze interventiste, evocando la necessità di passare a vie di fatto contro Giolitti: il “Boia Labbrone”. Nel 1919-1920, l’occupazione violenta di Fiume fu in primo luogo il frutto avvelenato di una sbornia nazionalista, plebea e militarista, che avrebbe spinto l’Italia nelle braccia del fascismo. Anche quella volta fu un altro statista liberale ad essere oggetto degli strali dannunziani: il Nitti “Cagoia”.
D’Annunzio, politicamente parlando, fu soprattutto un agitatore, un irresponsabile, un uomo pericoloso per la liberal-democrazia. Il suo rifiuto per Hitler era di tipo estetico. Non rimandava alla difesa dei valori liberali, che D’Annunzio disprezzava.
Che poi fosse un libertino, era un suo problema. Anzi a dirla tutta, fatti suoi. Ma di sicuro non era un liberale. E libertino non è sinonimo di liberale.
Gianluca Jodice, il regista che ha scritto e diretto il film, non crediamo sia una fascista dannunziano. Però la pellicola rivela la confusione intellettuale che regna oggi in Italia. Confusione che deriva da un’assenza di cultura liberale. Soprattutto storica.
Destra e sinistra, soprattutto nel secondo dopoguerra, favorite anche da certo cattolicesimo antiliberale, hanno fatto del loro meglio per distruggere la tradizione liberale. Il vero buco nero nella storia d’Italia, costruito a tavolino da rossi e neri, è quello tra il 1870 e il 1914. L’Italia liberale è tuttora dipinta come un’Italietta (destra), antioperaia (sinistra). Soprattutto nemica, come diceva D’Annunzio, del Bello.
Jodice ha raccolto, forse inconsapevolmente, come tanti giovani di oggi digiuni di storia, o peggio ancora in stato confusionale (che si abbia una laurea in filosofia come il regista non significa nulla), questa eredità velenosa, e ha girato un film politicamente ambiguo in cui D’Annunzio non vive come una rockstar ante litteram, come capita di leggere, ma come un poeta fortunato e decadente. E in quest'ultimo senso un cattivo poeta.
Carlo Gambescia
P.S. Tecnicamente parlando, un Castellitto superlativo.
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