Oggi su “Repubblica” e “Stampa” spicca la foto dello “Shalom” (“pace” in ebraico) della ottantacinquenne israeliana, liberata, che in questa maniera si accomiata dai suoi carcerieri.
Il senso “politico”, diciamo cosi, della foto è intuibile: con un poco di buona volontà da tutte le parti la pace sarebbe a portata di mano e il mondo, o almeno il Medio Oriente, potrebbe essere migliore. Per dirla alla buona: imparare dagli anziani…
Può però bastare la buona volontà? Il gesto, sul piano privato è encomiabile. Non su quello pubblico. Se si vuole storico.
Sotto questo aspetto, tra israeliani e arabi (semplificando), la catena dei morti e delle ragioni reciproche è abbastanza lunga; basta interromperla a un certo punto, per enfatizzare le ragioni degli uni o degli altri. Resta però un fatto: che per una parte degli arabi, tesi sposata anche da larghissima parte dei mondo islamico (quindi non araba, si pensi all’Iran), lo stato di Israele deve essere cancellato dalla faccia della terra, a prescindere dal comportamento politico degli israeliani. Quindi lotta senza quartiere – e pubblica – fino alla vittoria finale.
La tesi “distruzionista” è uguale a quella di Hitler e dei nazisti, che concerneva l’intero popolo ebraico (Israele era ancora di là da venire). Probabilmente, negli anni Trenta, qualche ebreo, tra i tanti costretti a espatriare dalla Germania hitleriana, dopo aver perso tutto, salutò i suoi futuri carnefici, proprio così: “Shalom”. Di sicuro però non accadde nella primavera del 1945: all'ingresso dei campi di sterminio, appena liberati dalle forze alleate. Gli ebrei non avevamo più fiato in corpo.
Però, ora, si parla di pace, lanciando segnali, come quello di “Repubblica” e “Stampa”, che hanno non poche ricadute politiche. Si lascia credere che basti porgere l’altra guancia: un gesto privato, come detto. Ci spieghiamo meglio.
Lo “Shalom” della foto, in fondo vuole significare che, per arrivare alla pace, si deve riconoscere al “soggetto politico” Hamas, lo statuto non di nemico (pubblico) ma di avversario (un miscela di pubblico e privato). Per capirsi, senza tanti giri di parole: il nemico punta alla distruzione, vuole tutto; l’avversario si oppone semplicemente, vuole qualcosa, un parte piccola o grande del tutto. Il nemico vuole la cancellazione del nemico; l’avversario, vuole semplicemente competere, magari solo in chiave economica, quindi privata o quasi, con un avversario, che deve per l’appunto essere mantenuto in vita. Pena la perdita di buoni affari. Tesi che ha un fondamento quando ci si trova a portata di sguardo un autentico avversario.
Pertanto coloro che parlano di pace in Medio Oriente ritengono che Hamas non sia un nemico ma un avversario di Israele.
E Israele? Gli israeliani, ad alcune setttimane dal proditorio attacco di Hamas, sono divisi tra lo status di nemico e di avversario. Ora, sembra prevalere quello di nemico. Si dirà che invece nel mondo arabo e islamico non pochi vedono in Israele un avversario e non un nemico. Un avversario con il quale si possono fare anche affari. Quindi se Israele solo volesse...
Però ecco il punto: allo stato dei fatti Hamas (e chi vi è dietro, come l’Iran e altri stati-canaglia) non può non essere dichiarato nemico. Il gesto dell'anziana signora non sembra tenere conto della fondamentale differenza tra nemico e avversario. Cosa che sul piano individuale, privato, può anche essere accettata, non però su quello pubblico: Hamas, su questo piano, ragiona come Hitler, come quest’ultimo voleva la distruzione degli ebrei, Hamas vuole la distruzione di Israele.
Facciamo allora un passo indietro, ponendo una domanda: perché, gli stati dell’ Occidente che distrussero il nemico Hitler, con ogni mezzo, oggi pretendono che Israele non distrugga Hamas?
La risposta è nella presente incapacità dell’Occidente di pensare il nemico e quindi la guerra. Di qui il continuo parlare di pace, pace, pace… Cioè di pensare la guerra, non partendo dalla guerra, ma dalla pace. In pratica da una premessa sbagliata. Quale? Che tutti i nemici siano avversari, pronti a competere, anche pacificamente. Il pre-assunto sbagliato è che i nemici, visti erroneamente come avversari non puntino a distruggere l’avversario.
In questo modo l’Occidente favorisce “oggettivamente” Hamas, il distruttore, e indebolisce Israele, dividendone la pubblica opinione e gettando il seme della discordia all’interno dello stesso mondo occidentale.
Ora, come è noto, il non saper riconoscere il nemico è un segno di debolezza e decadenza. Perciò, oggi, siamo davanti all’abbraccio mortale di una decadenza, quella occidentale, che vuole portare con sé nella fossa Israele, illudendosi, cosa tragica, di allontanare la guerra, non solo in Medio Oriente, ma addirittura per sempre tramutando i nemici in avversari. Ma per farlo il nemico deve sentirsi avversario… Per volere la pace si deve essere in due. E pubblicamente.
Sicché si chiudono gli occhi e si sogna di poter tramutare il nemico di Israele in avversario. E ciò che è peggio, l’Occidente pretende che vi credano anche gli israeliani. Ai quali in questo modo non si vuole neppure riconoscere, in ultima (non auspicabile) istanza, la dignità di cadere con le armi in pugno. L’Occidente rischia di far pagare agli altri la propria debolezza. Cioè l’ incapacità di pensare il nemico e la guerra.
Carlo Gambescia
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