giovedì 26 ottobre 2023

Il punto sulla cultura di destra

 


Esiste oggi una cultura di destra? Una cultura, capace di difendere in tutti gli ambiti (arte, storia, letteratura filosofia, morale, economia, eccetera), piacciano o meno,  i valori del dio patria, famiglia propugnati da Giorgia Meloni e alleati?

Insomma, che abbia i mezzi culturali per farlo?

Non crediamo. In realtà Sgarbi, Veneziani, Buttafuoco, Porro, Feltri, Belpietro, per citare i più noti tra intellettuali e giornalisti, sono di una povertà culturale spaventosa: non hanno i mezzi culturali neppure per difendere se stessi.

Quanto ad atteggiamento: sono di un settarismo che non ha eguali. Vivono in un mondo chiuso, con i suoi riti e tic. Tipo “ma quello ieri sera a casa di XXXX, mi ha salutato?”. Capito? Questo è l’andazzo.

In più: non esiste uno scrittore italiano, un vincitore del Premio Strega ad esempio, che si riconosca apertamente nei valori citati. Al cinema, a meno di non arruolare Pupi Avati e Sergio Castellitto, genero di un "repubblichino" (di recente nominato presidente del Centro di cinematografia), non esistono attori e registi di un certa bravura che si riconoscano nella destra, in particolare quella dalle radici fasciste, quella dei premi di natalità.   Alla fin fine gli "intellettuali" di destra preferiscono  annuire  pur di   papparsi   incarichi istituzionali che la Meloni, per carenza di “graduatorie interne”, non può assegnare a nessun altro.  

Il che spiega il provvedimento punitivo di Sangiuliano, altro analfabeta politologico (mai gli perdoneremo la pessima introduzione al Michels), verso i cineasti, tutti di sinistra, e soprattutto, quel che fa più rabbia alla destra, due spanne sopra la destra anche l’ultimo della  classe del cinema di sinistra.

Allora come si difende il dio, patria,  famiglia? Ripetendo le stesse banalità da settant’anni. La destra culturale non studia: al massimo si piange addosso. Il successo italiano del “Signore degli anelli”, amatissimo da Giorgia Meloni, è un segno di povertà culturale: si guarda altrove perché in casa propria spuntano le ortiche.

La destra culturale non ha mai fatto conti con il fascismo. I post missini (da Alleanza Nazionale a Fratelli d’Italia), culturalmente parlando, sono un corpo estraneo, un ferrovecchio  da rottamare.

La prova del nove? Si chieda a ciascuno dei signori citati un giudizio su Mussolini? Ci si sentirà rispondere così: uomo severo ma giusto; ha soltanto fatto qualche “piccolo errore” come allearsi con Hitler e perseguitare gli ebrei.  

Per farla  breve, Sgarbi, Veneziani, Buttafuoco, Porro, Feltri, Belpietro & Co. se interrogati, direbbero le stesse cose, ma con compunzione,  del famigerato e sguaiato Catenacci, il fascista televisivo impersonato dal geniale Giorgio Bracardi: “Il Duce? Due palle così”.

Va detto che in quel mondo soprattutto, tra i post missini, il primo dovere di un intellettuale, ovviamente se vuole fare carriera, è quello antico di credere, obbedire, combattere. Mai pensare in proprio. Oppure   pensare soltanto quella quattro trite cose che gli sono imposte dall’alto.  E così si sono impigriti del tutto. Annuiscono. Dio, patria, famiglia? Sì,  dio, patria, famiglia... Si attacca  l'asino, eccetera, eccetera,

Si dirà che la sinistra non si comporta diversamente. Esatto. Però a sinistra studiano. Soprattutto la famosa sinistra al caviale. A sinistra sono curiosi: la vera molla della cultura. A destra invece la curiosità e bandita. Diciamo costitutivamente. Se si ha il segreto della storia in tasca – ad esempio dio, patria e famiglia – a che serve studiare e indagare? La destra commette lo stesso errore della scolastica marxista. Sempre condannata dai veri intellettuali di sinistra: quelli affamati di libertà. Cioè liberali senza saperlo. In principio fu Vittorini contro Togliatti.

Di qui però l’odio marxista e fascista verso la cultura liberale. Al quale in Italia si aggiunge quello dei cattolici.

Risultato: la persecuzione, o comunque la famosa cortina di silenzio che isola gli intellettuali realmente liberali (non gli pseudo come Belpietro, Feltri, Porro), perché giudicati nemici di Marx e di Mussolini.

Il che spiega l’apoteosi istituzionale, a destra come a sinistra, di personaggi come Sangiuliano e Gualtieri: un mediocre giornalista, assurto a ministro della cultura, e un dozzinale professore post comunista di storia,  diventato sindaco di Roma.

E per oggi basta così.

Carlo Gambescia

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