C’è attesa per lo show di Fiorello. Ma lo show migliore è quello del direttore di “Libero”, Mario Sechi, un tempo con Mario Monti tutto rigore, oggi con Giorgia Meloni tutto livore. Si dirà che il nostro è un giochino di parole alla Marcello Veneziani. Touché.
Però crediamo che il calembour rifletta con chiarezza le contraddizioni di una destra che a proposito della reazione di Israele aggredito da Hamas, parla, come Sechi oggi su “Libero”, di guerre giuste al male, citando Sant’Agostino, ripreso da qualche raccolta di citazioni rinvenuta su una bancarella.
Una destra che però al tempo stesso sbatte la porta in faccia ai migranti perché sembra non capire l’importanza di una secolarizzazione in chiave di spontanea acquisizione dello stile di vita e della mentalità occidentali da parte del migrante. L'uomo, non lo si dimentichi mai, è animale mimetico. Apprende le regole sociali per imitazione, pur tra prove ed errori.
La battaglia contro i nemici di Israele e dell’Occidente si vince sul campo della socializzazione. O, per essere più chiari, della secolarizzazione attraverso la socializzazione.
Dietro ogni migrante c’è una famiglia, dietro ogni famiglia, c’è un sistema di mentalità. Che può cambiare a contatto con lo stile di vita occidentale. Una osmosi spontanea, come avvenuto altre volte nella storia (sul punto rimandiamo al nostro “Trattato di metapolitica”). Si impone, insomma, un lento lavoro generazionale, talvolta ingrato che si nutre di conflitti, passi in avanti e passi indietro. Semplificando: la socializzazione dello “straniero” non è una marcia trionfale. Però costituisce l’unica strada percorribile per risolvere la questione mediorientale. Un fattore sociologico al quale anche Israele, pur essendo dalla parte della ragione militare, dovrebbe prestare più attenzione.
La stessa soluzione dei “due stati”, rappresentata da alcuni come una panacea, senza una modernizzazione-occidentalizzazione dei palestinesi non influirebbe neppure per un momento sulla convivenza tra israeliani e arabi, o se si preferisce tra ebrei modernizzanti e islamici arcaizzanti. Si impone quindi la secolarizzazione dell’Islam.
Che ovviamente non si può imporre con le armi, o comunque non solo. Pertanto la politica della destra, che difende Israele (sebbene, come abbiamo visto ieri, fino a un certo punto*) e che respinge il migrante, è di tipo suicida. Perché apre all’ inevitabile spirale dell’odio reciproco che porta solo a conflitti privi di soluzione, se non sul piano militare. Pur necessario in alcune circostanze.
Si dirà che pecchiamo di ottimismo e che mettersi il migrante in casa, soprattutto se di altra fede, rappresenta un pericolo per la “nostra civiltà”. E qui si pensi alla mitica “ teoria della sostituzione” avanzata dalla destra complottista.
Una destra che neppure si pone il problema della secolarizzazione del migrante. Perché dà per scontato che le persone non possano cambiare.
Una stupidaggine pseudo-sociologica. Perché L’Occidente euro-americano, in pochi secoli, ha cambiato il mondo, e se si crede veramente nei suoi valori, di libertà civile, politica ed economica, può continuare a cambiarlo.
Sotto questo aspetto la destra, culturalmente (parola grossa) rappresentata da giornalisti come Mario Sechi riduce il concetto di Occidente, a quello di una civiltà, dai remi in barca, chiusa in se stessa (in stile islamista), che purtroppo scorge il nemico sbagliato: il migrante. Come si può intuire, sul punto, il problema va oltre la questione mediorientale.
Se l’Italia, pur tra alti e bassi ( ci sono voluti quasi ottant’anni), si è modernizzata, scoprendo le libertà dell’Occidente, il merito è tutto della sconfitta militare di nazisti e fascisti. Però, si rifletta: cosa è avvenuto dopo la vittoria militare?
La socializzazione occidentalista. Tuttora non completa, purtroppo. Ciò significa che l’accoglienza del migrante – ecco la vera sfida dell’ osmosi sociale diretta ( non gli aiuti, indiretti, sul posto, come ai palestinesi ad esempio, che non servono a nulla) – rappresenta certamente una sfida con le sue lungaggini e incertezze. Che tuttavia va accettata.
Non respinta, come pretende una destra dalle radici fasciste (quindi antioccidentali e anticapitaliste), “culturalmente” rappresentata da personaggi come Mario Sechi, già responsabile dell’Ufficio stampa del governo Meloni, oggi direttore di “Libero”: un traditore - dispiace ma non troviamo altro termine - dei valori di inclusione che hanno fatto grande l’Occidente.
Carlo Gambescia