Caro Corrado Ocone,
con i populisti, il modello Westminster
non serve…
Caro
Ocone, ho letto il tuo articolo (*), dove
si consiglia come "sopravvivere" alla situazione politica che si è creata in Italia (non da sola, ovviamente, ci sono cause e responsabili). "Sopravvivere" da liberali, of course. Nel titolo si propone un “manuale di sopravvivenza liberale”.
Che si riduce a che cosa? A
una “cultura liberale
attenta
solo a che siano rispettate le
regole del gioco:[che] vigila a che nessuno, non avendo in tasca la Verità assoluta, pretenda di
sopraffare l’altro nel gioco politico, che è per sua natura di composizione e
mediazione di interessi.
Ti dico subito, se mi passi la battuta (poi
mi farò più serio), che parlare agli italiani di rispetto delle
regole è come consigliare a Dracula di succhiare latte. Nel pezzo
parli dell'importanza del liberalismo teorico prima che politico.
Concordo. A meno che non si trasformi in dottrinario. Inoltre non vedi la
necessità, che è anche impossibilità di un partito liberale. Concordo. Inoltre,
poni l’accento, delineando un liberalismo che ritieni possibile, dunque
realistico, sulla centralità
dell’individuo. Concordo. Insisti pure sul dovere di evitare attacchi preconcetti agli
avversari, perché nessuno di noi ha la “verità in tasca”. Mai
"delegittimare" l'avversario ( il lettore si appunti
quest'ultimo termine). Infatti, sostieni che
Mi dispiace, ma
sul punto non concordo. Qualche anno fa scrissi un libro (**),
dove - da liberale assiduo di tutti gli ambienti politici- rimproveravo ai liberali di non aver capito
la grande lezione del realismo politico (non tutti, ovviamente). Alla presentazione
ebbi l’onore di averti tra i relatori. Noto, purtroppo, che si persevera.
Che senso ha parlare di
delegittimazione dell’avversario, quando l’agenda è fissata d'imperio morale dall’avversario
stesso? Insomma, quando essa non si fonda su un orizzonte politicamente comune? Che senso ha perciò parlare di regole quando è l’ avversario il primo a travisarle e calpestarle?
Nel
mio libro, ponevo alla base di un liberalismo archico, politicamente
realista, la distinzione
amico-nemico, attingendo a pensatori
come Burke, Freund, Tocqueville, Pareto,
Mosca, Ferrero, Croce Weber, Ortega, De
Jouvenel, Röpke, Aron e Berlin. In
sostanza, nel libro scrivevo questo: attenzione, realismo politico non è passiva accettazione dei
fatti compiuti, ma distinzione tra nemico e avversario, per comportarsi di
conseguenza. Se l’agenda politica è fissata dal nemico, sebbene regolarmente votato - non dall’avversario, attenzione - che non ci rispetta e che ci vuole distruggere, chiedere, o peggio ancora implorare, il rispetto
delle regole da un nemico ( ripetiamo, non un avversario che le condivida con
noi) è patetico, pericoloso,
autodistruttivo. Certo, il confine è sottile. Però è qualcosa, se non si è feticisticamente dottrinari, che si può avvertire nell'aria. Insomma, Salvini e Di Maio, non sono sicuramente né liberali né riformisti. Dicono cose, che non dispiacerebbero a Mussolini e Hitler. Sono nemici, non avversari.
Tu,
caro Ocone, con il tuo liberalismo dottrinario, delle
regole, ottimo per i salotti di Elena Croce,
ma pessimo per le piazze e i social, terreno di caccia di pericolosi arruffapopoli (di più, il primo) come Salvini e Di Maio, rischi di finire stritolato, e con te
rischiano di essere sbriciolati gli italiani che
disgraziatamente dovessero seguire i
consigli racchiusi nel tuo
“manuale di sopravvivenza”.
Rispetto
delle regole? Nei riguardi di chi? Verso chi
cinicamente gioca al subbuteo con i
barconi dei disperati nel Mediterraneo? Verso chi insulta - o tace, peggio - uno scrittore nel mirino della camorra e della mafia, antipatico quanto vuoi, ma sacrosanto simbolo della libertà di pensiero? Verso chi non capisce che i cugini
francesi, hanno pagato, e stanno pagando al terrorismo islamista un tributo altissimo? Che noi neppure ci
sogniamo? E che nelle loro periferie hanno centinaia di
migliaia di possibili nemici interni?
Verso chi ha messo in agenda, creando un clima politico surreale, la lotta ai vaccini? Il vivere, asserviti, a spese dello stato? Il nazionalismo e il protezionismo? Verso il sovranista che però ci vuole vendere al piccolo zar Putin? E potrei continuare.
Insomma, siamo dinanzi non al
partito laburista o socialdemocratico, ma al purissimo e velenoso distillato di
una cultura profondamente antiliberale e antiriformista. Costoro, ripeto, non sono avversari, sono nemici. Se poco poco si consolidano elettoralmente e istituzionalmente, altro che democrazia dell'alternanza... Altro che modello Westminster...
Mi
sarebbe perciò, fin troppo facile citare il precedente del fascismo e dei fascisti,
scambiati quasi tutti dai liberali di
allora, per liberali dalle mani lunghe,
che dopo avere fatto pulizia, sarebbero tornati all’ovile. Finì, come sappiamo.
Certo,
mi potresti rispondere, che non è così, che
non ci sono gli squadristi, e che è nel Dna italiano, come hai scritto, vedere fascisti ovunque eccetera, eccetera. Diciamo per ora. Concedo.
Però se questo governo, che tu vuoi contrastare in stile Westminster, con una pistola ad acqua, dovesse fallire, i "governanti" che verranno dopo potrebbero essere
addirittura ancora più pericolosi. Non dimentichiamo che il
populismo di Tangentopoli, alla prima (secondo la logica della potenze matematiche), ha prodotto Berlusconi, populista alla seconda, che a sua volta non ha prodotto Monti (un puro e semplice "intermezzo tecnico"), bensì il
successivo populismo alla terza di Renzi, nonché il populismo alla quarta di Salvini
e Di Maio. La tendenza è rialzo. Si prepara un'esplosione atomica. E proprio in caso di fallimento, un
secondo "intermezzo tecnico", potrebbe essere ancora più duro di quello montiano. Il che
determinerebbe, inevitabilmente, un populismo alla quinta potenza. Un nuovo fascismo? Dna o non Dna, caro Ocone, ragionaci sopra.
Certo, si può anche ironizzare sulla nostra teoria matematica del populismo. Però i fatti non cambiano: aspettare, nascosti dietro Westminster, per vedere l’effetto fa, come cantava
Jannacci, è inutile, sciocco e pericoloso.
Qui, serve invece un appello a tutte le residue forze non populiste, nel Parlamento, nella società, nelle istituzioni, anche non civili, per una
concentrazione, possibilmente anche di governo, emergenziale, ma liberale e riformista, che si stringa a Bruxelles e punti sull'aiuto delle forze antipopuliste presenti in Europa e in tutte le sedi internazionali. La democrazia liberale va protetta dai suoi nemici. Se ne cade una, per effetto domino, possono cadere tutte. Ecco il messaggio, forte e chiaro, che deve partire dal Paese.
Prima che sia troppo
tardi, l’Italia deve mettere in agenda se stessa. E presentarsi agli occhi del mondo, come baluardo
contro il populismo internazionale. Certo, l'Italia non è il Venezuela, è un paese ricco. Ma proprio per questo la sua caduta sarebbe ancora più grave.
Caro
Ocone, altro che rispetto delle regole, aspettare e vedere. E giunto il momento in cui la libertà va difesa con la spada.
Ripeto, prima che sia troppo tardi. Si chiama, liberalismo archico.
Carlo Gambescia
(*) Pubblicato sull’ “Intraprendente”: http://www.lintraprendente.it/2018/06/manuale-di-sopravvivenza-liberale/
(**) Carlo Gambescia, Liberalismo triste. Un percorso. Da Burke a Berlin, Edizioni Il Foglio, Piombino (Li), 2012 - https://www.edizioniilfoglio.com/copia-di-oreste-del-buono-6