Scuola, eliminata la
chiamata diretta, firma Miur-sindacati
“Quel cavalier che del colpo, non accorto, andava pugnando ed era morto”
Pur di andare contro non tanto ( o non solo) Renzi e la “Buona Scuola”, ma contro
qualsiasi principio meritocratico, dunque liberale, perché fondato sulla
preparazione e sulla responsabilità individuale, si è abolita, tra squilli di tromba e tamburi rullanti, la chiamata
diretta degli insegnanti nelle scuole.
Sapete,
cari lettori, che cosa continuerà a regolare, in ultima istanza, nelle graduatorie di
istituto, a parità di punteggio, le precedenze? L’anzianità anagrafica.
E
sapete perché, cari amici, nonostante,
le centomila assunzioni (quello che fu il lato assistenzialistico della “Buona Scuola”), quasi
nessun preside si avvalse del sistema a chiamata diretta? Perché era previsto che l’operazione dovesse
avvenire in piena estate, non rispettando
il sacrosanto “diritto alle ferie”…
Pertanto,
si abolisce, in nome di avvilenti pregiudizi burocratici, ovviamente difesi dal sindacato, padre e madre di
tutti i corporativismi italiani,
un’isola - quella della chiamata
diretta - che non c’era…
Diciamo però che come
tutte le "controrivoluzioni" italiane, e
ora tocca a quella populista,
ci si batte contro un nemico che non esiste. Si rivendicano fantomatici diritti sociali che in realtà nessuno ha mai messo in discussione, a cominciare da presidi, le cui nomine sono
frutto di processi altrettanto antimeritocratici. E che quindi, difficilmente, possono andare contro le stesse regole che li privilegiano.
Ora qualche osservazione generale.
I
report sociologi indicano che la scuola pubblica nel Dopoguerra, in particolare
dopo il Sessantotto, ha promosso al suo interno una considerevole mobilità sociale immettendo
nei ruoli docenti di estrazione sociale
modesta. Il che avrebbe dovuto portare, sangue fresco, volontà di riscatto,
dedizione a un lavoro considerato gratificante, anche perché veicolo di promozione sociale. A differenza, per esempio, dei professori universitari in cui il censo
sociale (di provenienza), pur con qualche eccezione, è rimasto elevato
Niente
di tutto questo. Sia dove si è imposta la
mobilità sociale dei docenti (scuola di primo e secondo grado), sia dove ha
dominato la tradizionale cooptazione (università), la qualità di docenti,
professori e dell’insegnamento è addirittura peggiorata
rispetto all’Anteguerra.
Ad
esempio, nella prima metà del Novecento -
quanto stiamo per riferire, tra gli addetti ai lavori, sfiora il luogo comune - quasi tutti i professori universitari provenivano da un non breve periodo di insegnamento nelle scuole superiori. Il che prova l’alto livello di
preparazione, ad esempio di un docente liceale di allora, nonché il bagaglio esperienziale,
di un professore universitario degli anni Cinquanta.
Che
cosa non ha funzionato? Difficile dire. Probabilmente, si tratta di questione strutturale. La
macchina dell'istruzione pubblica, tuttora predominante, non ha retto alle
gigantesche e arrembanti ondate delle
generazioni del baby boom. Si è passati così da una
scuola ( e università) d'élite ( o quasi) a una scuola (e università) di massa, senza
introdurre alcun filtro meritocratico. In pratica, si sono consegnate scuola e
università, anche sull’onda della contestazione sessantottina, al sindacato e
ai docenti e professori sindacalizzati. In
fondo, si è scelta la via più semplice:
quella del consenso sociale, non negando una cattedra, e se necessario, una
laurea e un diploma. Quindi anche la politica ha le sue pesanti responsabilità nel promuovere socialmente con una mano, regalando titoli di studio, e nel bocciare, sempre socialmente, con l'altra, distruggendo la (futura) reputazione professionale di studenti impreparati, e la (presente) deferenza sociale verso professori, poco qualificati e demoralizzati.
Si dirà: però il numero dei laureati italiani e dei diplomati, tutto sommato, rispetto ad altri paesi europei, è rimasto basso. Certo. Si è trattato però di un vero un colpo di fortuna. Altrimenti, il sistema sarebbe del tutto crollato sotto i colpi di un’ignoranza galoppante e globale (docenti e studenti): un'invasione di barbari alla quale la burocrazia avrebbe potuto porre rimedio, sempre per ragioni di consenso, estendendo ulteriormente il criterio antimeritocratico, ossia promuovendo tutti, professori e studenti. Una specie di grado 0 oppure + 1. E, se ci si passa la battuta, "two is megli che uan...".
Si dirà: però il numero dei laureati italiani e dei diplomati, tutto sommato, rispetto ad altri paesi europei, è rimasto basso. Certo. Si è trattato però di un vero un colpo di fortuna. Altrimenti, il sistema sarebbe del tutto crollato sotto i colpi di un’ignoranza galoppante e globale (docenti e studenti): un'invasione di barbari alla quale la burocrazia avrebbe potuto porre rimedio, sempre per ragioni di consenso, estendendo ulteriormente il criterio antimeritocratico, ossia promuovendo tutti, professori e studenti. Una specie di grado 0 oppure + 1. E, se ci si passa la battuta, "two is megli che uan...".
Si
dirà: però, in fondo, si è speso poco per la scuola e per l’università pubbliche. Non è
forse vero, che siamo gli ultimi da sempre in Europa? Probabilmente per la spesa in conto capitale.
Non per quella in stipendi (il 90 per cento del totale). Insomma, sono cose che accadono quando non c’è filtro meritocratico, e tutto viene
lasciato nelle mani di burocrazie sindacalizzate, prontissime a dividersi
bottino dei finanziamenti. Invece, per dirla brutalmente, meno soldi pubblici
girano, più si riducono le famigerate tentazioni che fanno l'uomo ladro...
Concludendo, la storia della chiamata diretta assomiglia, per
dirla con il Berni (se ricordiamo bene), a “quel
cavalier che del colpo, non accorto, andava pugnando ed era morto”.
Metafora
che può estesa alla scuola e all’università. Che, a dire il vero, forse neppure combattono più. Insomma, ripetiamo, se controrivoluzione c'è, è "contro" una "rivoluzione" che mai c'è stata.
Carlo Gambescia