Le
lungimiranti lettere di Pareto a “Liberty”
Cose viste
di Teododoro
Klitsche de la Grange
https://www.liberilibri.it/index.php/prodotto/lignoranza/ |
È sorprendente, per chi non abbia letto
scritti di Pareto ma ne conosca la biografia, compresa la nomina a senatore del
Regno durante il (primo) governo Mussolini, leggere come il grande economista e
sociologo coniugava realismo e liberismo, spingendosi fino a posizioni
libertarie, e collaborando, come nel caso degli scritti qui raccolti, con
riviste che le sostenevano. In questo libretto, curato da Alberto
Mingardi (Vilfredo Pareto L’ignoranza e il malgoverno. Lettere a
«Liberty», Liberilibri, Macerata 2018, pp. 113, € 17,00), infatti, il
lettore trova le lettere che Vilfredo Pareto (1848-1923) scrisse a «Liberty»
rivista anarchica di Boston, finora inedite in lingua italiana. In appendice,
si può leggere invece l’articolo della Raffalovich che convinse il futuro
autore del Trattato di sociologia generale a interessarsi alla
pubblicazione di Boston.
In realtà Pareto è nel filone – oltretutto
maggioritario nel pensiero politico - che ritiene modellabili le istituzioni
solo a condizione che si sia ben attenti alla realtà; sintetizzato nella frase
di Giolitti che il mestiere del (buon) politico è come quello del sarto: ai
gobbi, bisogna fare un vestito con la gobba, perché a tagliarlo e cucirlo
senza, vestirebbe male.
Queste lettere sono un’analisi, per i
lettori americani, della situazione politico-sociale dell’Italia nell’epoca
crispina, ma, a testimonianza della sagacità di Pareto e della sua capacità di
capire le regolarità della condotta e delle società umane, possono utilmente
applicarsi – in molti casi – all’Italia contemporanea.
Ad esempio – scrive Pareto – sulla
spedizione di Massaua, che giudicava costosa e inutile: “Dall’altra parte
dell’Atlantico, il popolo italiano deve apparire come un popolo punto dalla
follia, per aver speso già più di un centinaio di milioni per metter piede in
un angolo della terra così inospitale … Ma no: il popolo italiano ha in realtà
tanto senno quanto qualsiasi altro; ovvero è pronto a farsi menare per il naso
esattamente come qualsiasi altro. Basta alzare la voce e proclamare forte e
chiaro grandi frasi l’ “onore nazionale”, l’ “espansione della razza italiana”,
e simili, e il popolo si ritrova a inghiottire l’esca senza andare in
profondità a capire che razza di merci avariate si nascondano dietro questa
bella bandiera”.
L’unica cosa che cambia di questo copione,
oggigiorno, sono le parole d’ordine. Quelle contemporanee sarebbero “ce lo
chiede l’Europa”, “i diritti umani” et
similia.
Come scriveva poi il solitario di Celigny
“ogni volta che una classe sociale è riuscita a prendere possesso del potere, e
non è stata frenata dalla resistenza delle altre, essa ha sempre promulgato una
legislazione interamente a proprio vantaggio”. Il che ricorda da vicino la tesi
di Trasimaco nella “Repubblica” di Platone, e le successive analisi della
scuola di “public choice”.
Anche sulla differenza tra le tutele dei
diritti dei cittadini nei paesi anglosassoni e nell’Italia, Pareto, come
l’altro “dioscuro” della scienza politica italiana del ‘900, Mosca, è convinto
sostenitore dell’ habeas
corpus: “Gli americani e gli inglesi che volessero avere una nozione
precisa di quel che sta avvenendo in Italia, farebbero bene a tenere a mente la
profonda differenza che passa fra questo Paese e il loro. La differenza emerge
dal fatto che noi non abbiamo l’habeas corpus, e pertanto non possiamo
perseguire i funzionari governativi; quando essi violano la legge, non c’è
altra autorità salvo gli stessi ministri che possa perseguirne i crimini; e
così il governo gode del più grande prestigio presso le classi lavoratrici, che
si sentono totalmente alla sua mercè”; per cui “L’americano o l’inglese è consapevole
dei suoi diritti innanzi allo Stato, l’italiano si sente in sua balia”.
Nella “costituzione più bella del mondo”
si è pensato di risolvere il problema con l’art. 28 sulla responsabilità dei
funzionari; il quale è da circa 70 anni di fatto poco o punto applicato, perché
non tradotto in norme legislative e in pratiche (amministrative e giudiziarie)
efficaci. Anche perché come scriveva Tocqueville nell’Ancien régime la protezione (e fedeltà) dei
funzionari è essenziale per chi governa.
Pareto attribuisce i mali dell’Italia
crispina in gran parte all’ignoranza del popolo, poco o punto consapevole dei
propri interessi e diritti e di come difenderli “Sono soprattutto i veri
liberali che in Italia dovrebbero dedicarsi a istruire le classi inferiori, dal
momento che è a causa della loro ignoranza che non abbiamo un buongoverno e
solo attraverso l’educazione e l’insegnamento riusciremo un giorno a migliorare
questo stato di cose”. Alberto Mingardi si chiede se abbia un senso
leggere tutto questo oggigiorno. Conveniamo con lui che “sono corrispondenze
preziose per chi vive nell’Italia di oggi … Se ne deduce che sono
centoquarant’anni in cui, con l’eccezione di un breve intervallo nel secondo
dopoguerra, la classe dirigente italiana ha fatto di corruzione e cialtroneria
il suo tratto saliente. Per coloro che si disperano ad ogni campagna
elettorale, vedendo deteriorare la qualità del discorso pubblico e immiserirsi
il ceto politico, è quasi un pensiero confortante. Been there, done that”.
Teodoro Klitsche de la
Grange
Teodoro Klitsche
de la Grange è avvocato, giurista, direttore
del trimestrale di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio
infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno
dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).