venerdì 29 giugno 2018

         Le ragioni della nostra opposizione al governo giallo-verde
I parenti  li sceglie Dio, gli amici pure…



Per quanto riguarda  i mass media, in particolare i giornali, si sono schierati apertamente  contro il governo Salvini-Di Maio, in ordine di tiratura,  diciamo, “La Repubblica”, “Il Manifesto”, “Il Foglio”. Nei Social, dove prevale  il discorso populista, se non dichiaratamente fascista,  gli oppositori ai giallo-verdi hanno scarsa risonanza.  Se si facesse un censimento politico ne uscirebbero sconfitti.
Nel quadro delle opposizioni, tra le quali includiamo, immodestamente, anche il nostro  blog, sembrano prevalere, grosso modo,  due approcci:  quello del sono fascisti  tout court e quello del lo sono, ma solo tendenzialmente.  
Diciamo che la prima posizione rinvia a “Repubblica” e “Manifesto”, la seconda  al “Foglio”. Invece,  sul piano delle soluzioni,  tutti e tre i quotidiani  appaiono ancorati  alla logica dell’appello antifascista, o comunque dell'appello contro il partito dell'incultura.  In sintesi, dei barbari alla porte.  Più divergente,  il contrasto sugli immigrati: “Repubblica” e “Manifesto”, sono per l’accoglienza, senza eccezioni,  “Il Foglio”, invece,  per un realistico controllo dei  flussi, senza  eccessi  razzisti. 
Come si può capire, piaccia o meno, sono posizioni, a prescindere dalla loro fondatezza o meno,  politicamente piuttosto deboli.  Infatti,  stando ai sondaggi, il tema dell’antifascismo  ormai  è di scarso richiamo politico,  quanto all’accoglienza e alla regolazione dei  flussi, gli italiani sembrano preferire  il cartellino rosso; chiudersi in casa e buttare la chiave.  Quanto all’Europa, “Il Foglio” la difende a spada tratta,  “Repubblica” e “Manifesto” meno  (senza però mai  ricadere nell’euroscetticismo delle destre).  Anche su questo punto, come provano i sondaggi,   gli italiani si sono espressi in termini molto critici, sia sull'euro, sia sulla permanenza.    
Diciamo che al momento, la sinistra, nelle sue varie sfumature,  riformiste e radicali,   e  certa  destra liberale,  forbita, ragionatrice, eccetera, non sono  in sintonia con il resto del  Paese.  Come non lo è quello zoccolo duro di tecnici eurocrati, definiamoli così,  che vede nell’Europa, dispiace dirlo, una specie di riduttiva società di revisione dei bilanci.  Il che non significa,  che l' Italia  vada nella giusta direzione. Però, per ora è così. Torneremo sul punto più avanti.
“Repubblica”, che accoglie nelle sue file, riformisti, radicali ed eurocrati, sembra  non aver assolutamente capito  dove porti, al momento, la pancia degli italiani.   È di questi  giorni, un appello intellettuale, promosso da una sconosciuta studentessa bolognese di lettere classiche, Margherita Ciancio ( nella foto), subito raccolto da “Repubblica” che,  pur  di provare, che  non  tutti i  giovani sono dalla parte di Salvini e Di Maio,  ha  finito però  per dare  risalto - almeno secondo la  sintesi che abbiamo letto (*) -   a uno schema  politico-mentale anni  Sessanta-Settanta,  di grande   arretratezza culturale,  che non può portare da nessuna parte, se non quella di rendere ancora più ridicola una sinistra che, non sapendo che pesci pigliare, si affida a ciò che crede essere  -  sbagliando -  un evergreen ideologico,   che appaga la sua  autostima,  ne corona il finalismo da  "progressive sorti",   ma  che difficilmente riuscirà a muovere un voto. Almeno nell’immediato.
Un amico liberale, Corrado Ocone, ci ha rimproverato di scrivere più o meno le stesse cose di “Repubblica” e  del “Foglio”.  In effetti, anche noi scorgiamo  pericolose  potenzialità fasciste, se si preferisce fascistoidi,  nella cultura (chiamiamola così) del governo giallo-verde, però - ecco la differenza -   ci guardiamo bene  dall’indicare nell’antifascismo un collante politico, spendibile, to cash.  La nostra  critica al fascismo, e di tipo epistemologico,   rinvia alla critica cognitiva, ad esempio di Hayek, a ogni forma di costruttivismo sociale. Il che non ci rende ideologicamente simpatici - ovviamente, quando riescono a capire dove andiamo a parare -   a leghisti  e pentastellati, ma neppure agli occhi dei fascisti duri e puri, nonché  di una  sinistra che, nelle sue varie sfumature, non ha mai cessato di adorare lo stato, attribuendogli compiti etici e correttivi in tutti i campi. Insomma, il vecchio schema azionista: il fascismo degli antifascisti. Quello della democrazia  a calci in culo (pardon). O meglio di ciò che un gruppo di illuminati, politici e intellettuali, ritiene sia meritevole perseguire anche a pedate. Per la serie "Noi sappiamo cosa è bene per te".  Forma mentis pericolosa,  perché anche Hitler, riteneva di sapere, cosa fosse bene per i tedeschi.  Tradotto: il fascismo dei fascisti.
Diciamo però  che anche la nostra posizione, appena si scelga di volare più basso,  rivela alcune contraddizioni. Ad esempio,  come diminuire il ruolo dello stato e al tempo stesso  controllare i flussi migratori? Come conciliare  libertà di movimento e lavoro con  barriere all’ingresso di potenziali lavoratori stranieri?  Come conciliare un’ Unione Europea più snella con la necessità di favorire un unione politica più stretta e dunque, almeno in parte,  più centralizzata?
Insomma,  un minimo di costruttivismo risulta necessario.  Senza però impregnarlo dell' etica statolatrica, tipica di quell'intellettuale illuminato (un tempo si diceva "laico, democratico e antifascista") che vuole fare dello stato una specie di "serbatoio" dell'umanità - stato proprio nel senso di articolazioni amministrative  -  così come l'intellettuale  nazista  voleva trasformare lo stato  in "serbatoio" della razza. Nei  due casi, a coloro che restavano e restano fuori, era ed è comunque negata, in quanto nemici di entità astratte (umanità e razza) qualsiasi  attributo di umanità reale. Anche qui, riemerge l'illuminismo applicato del vecchio schema azionista: il fascismo degli antifascisti,  "Noi sappiamo cosa è bene per te".   L'altra faccia del medaglia del fascismo dei fascisti.   
Parlavamo, però,  di  un minimo di costruttivismo: è  questa la direzione (ripetiamo, minimale) verso cui si muove il sovranismo populista?  No.   Di qui, la nostra necessità di restare all’opposizione. Un’opposizione, che per ora,  non trova riscontri, sul piano politico,  in un Pd, sempre più su posizioni costruttiviste, né in un fronte liberale unito, che in pratica non  esiste. E che non può essere al momento rappresentato da Forza Italia (per non parlare di Fratelli d’Italia…).  Infatti,  che senso può avere, come lo stesso Ocone consiglia, cercare di capire,  di  comprendere?  Oppure come asseriscono altri,   "di aspettare e vedere"?   Magari puntualizzando ogni volta sui singoli provvedimenti, usando la penna rossa o blu? Quando, come nel caso di Lega e Cinque Stelle,  le basi cognitive  non ci sono?  E comunque sia, sono costruttivisti, quindi  di liberale non c'è nulla?  E neppure si  interrogano sui limiti del costruttivismo. Come  noi, invece, ci interroghiamo, su quelli del liberalismo.  Insomma, che c'è da comprendere?  E poi in che senso capire e  comprendere? Quello di perdonare coloro che sbagliano? Anche in politica, dove gli errori costano cari? Collettivamente cari? 
Certo,  la politica non è un'accademia. Forse voliamo  alto. Troppo.  Resta anche  il fatto, che nel nostro ruolo di oppositori, non siamo in  buona compagnia.  Ma così stanno le cose.  C’è un proverbio che dice:  “I parenti li sceglie  Dio, gli amici li scelgo io”.  Qui,  purtroppo, sebbene  di parenti sia difficile se non impossibile parlare, anche  gli amici, gli alleati insomma,  li seleziona Dio…  

Carlo Gambescia