I parenti li sceglie Dio, gli amici pure…
Per
quanto riguarda i mass media, in particolare
i giornali, si sono schierati apertamente contro il governo Salvini-Di Maio, in ordine
di tiratura, diciamo, “La
Repubblica ”, “Il Manifesto”, “Il Foglio”. Nei Social, dove prevale il discorso populista, se non dichiaratamente
fascista, gli oppositori ai giallo-verdi
hanno scarsa risonanza. Se si facesse un censimento politico ne uscirebbero
sconfitti.
Nel
quadro delle opposizioni, tra le quali includiamo, immodestamente, anche il nostro blog, sembrano prevalere, grosso modo, due
approcci: quello del sono fascisti tout
court e quello del lo sono, ma solo tendenzialmente.
Diciamo che la prima posizione rinvia a “Repubblica”
e “Manifesto”, la seconda al “Foglio”. Invece, sul piano delle soluzioni, tutti e tre i quotidiani appaiono ancorati alla logica dell’appello antifascista, o comunque dell'appello contro il partito dell'incultura. In
sintesi, dei barbari alla porte. Più divergente, il contrasto sugli immigrati: “Repubblica” e “Manifesto”,
sono per l’accoglienza, senza eccezioni, “Il Foglio”, invece, per un realistico
controllo dei flussi, senza eccessi razzisti.
Come
si può capire, piaccia o meno, sono posizioni, a prescindere dalla loro fondatezza o meno, politicamente piuttosto deboli. Infatti, stando ai sondaggi, il tema dell’antifascismo ormai è di scarso richiamo politico, quanto all’accoglienza e
alla regolazione dei flussi, gli italiani sembrano preferire il cartellino rosso; chiudersi in casa e buttare la chiave. Quanto all’Europa, “Il Foglio”
la difende a spada tratta, “Repubblica” e “Manifesto” meno (senza però mai ricadere nell’euroscetticismo delle destre). Anche su questo punto, come provano i sondaggi,
gli italiani si sono espressi in
termini molto critici, sia sull'euro, sia sulla permanenza.
Diciamo
che al momento, la sinistra, nelle sue varie sfumature, riformiste e radicali, e certa
destra liberale, forbita, ragionatrice, eccetera, non sono in sintonia con il resto del Paese. Come non lo è quello zoccolo duro di tecnici
eurocrati, definiamoli così, che vede
nell’Europa, dispiace dirlo, una specie di riduttiva società di revisione dei
bilanci. Il che non significa, che l' Italia vada nella giusta direzione. Però, per ora è così. Torneremo sul punto più avanti.
“Repubblica”,
che accoglie nelle sue file, riformisti, radicali ed eurocrati, sembra non
aver assolutamente capito dove porti, al momento, la pancia degli italiani. È di questi giorni, un appello intellettuale, promosso da
una sconosciuta studentessa bolognese di lettere classiche, Margherita Ciancio ( nella foto), subito raccolto da “Repubblica”
che, pur di provare, che non tutti i giovani sono dalla parte di Salvini
e Di Maio, ha finito però per dare risalto - almeno secondo la sintesi che abbiamo letto (*) - a uno schema politico-mentale anni Sessanta-Settanta, di grande arretratezza culturale, che non può portare da
nessuna parte, se non quella di rendere ancora più ridicola una sinistra che, non sapendo che pesci pigliare, si affida a ciò che
crede essere - sbagliando - un evergreen ideologico, che appaga la sua autostima, ne corona il finalismo da "progressive sorti", ma che difficilmente
riuscirà a muovere un voto. Almeno nell’immediato.
Un amico liberale, Corrado Ocone, ci ha rimproverato di scrivere più o meno le stesse cose di “Repubblica” e del “Foglio”. In effetti, anche noi scorgiamo pericolose potenzialità fasciste, se si preferisce fascistoidi, nella cultura (chiamiamola così) del governo giallo-verde, però - ecco la differenza - ci guardiamo bene dall’indicare nell’antifascismo un collante politico, spendibile, to cash. La nostra critica al fascismo, e di tipo epistemologico, rinvia alla critica cognitiva, ad esempio di Hayek, a ogni forma di costruttivismo sociale. Il che non ci rende ideologicamente simpatici - ovviamente, quando riescono a capire dove andiamo a parare - a leghisti e pentastellati, ma neppure agli occhi dei fascisti duri e puri, nonché di una sinistra che, nelle sue varie sfumature, non ha mai cessato di adorare lo stato, attribuendogli compiti etici e correttivi in tutti i campi. Insomma, il vecchio schema azionista: il fascismo degli antifascisti. Quello della democrazia a calci in culo (pardon). O meglio di ciò che un gruppo di illuminati, politici e intellettuali, ritiene sia meritevole perseguire anche a pedate. Per la serie "Noi sappiamo cosa è bene per te". Forma mentis pericolosa, perché anche Hitler, riteneva di sapere, cosa fosse bene per i tedeschi. Tradotto: il fascismo dei fascisti.
Un amico liberale, Corrado Ocone, ci ha rimproverato di scrivere più o meno le stesse cose di “Repubblica” e del “Foglio”. In effetti, anche noi scorgiamo pericolose potenzialità fasciste, se si preferisce fascistoidi, nella cultura (chiamiamola così) del governo giallo-verde, però - ecco la differenza - ci guardiamo bene dall’indicare nell’antifascismo un collante politico, spendibile, to cash. La nostra critica al fascismo, e di tipo epistemologico, rinvia alla critica cognitiva, ad esempio di Hayek, a ogni forma di costruttivismo sociale. Il che non ci rende ideologicamente simpatici - ovviamente, quando riescono a capire dove andiamo a parare - a leghisti e pentastellati, ma neppure agli occhi dei fascisti duri e puri, nonché di una sinistra che, nelle sue varie sfumature, non ha mai cessato di adorare lo stato, attribuendogli compiti etici e correttivi in tutti i campi. Insomma, il vecchio schema azionista: il fascismo degli antifascisti. Quello della democrazia a calci in culo (pardon). O meglio di ciò che un gruppo di illuminati, politici e intellettuali, ritiene sia meritevole perseguire anche a pedate. Per la serie "Noi sappiamo cosa è bene per te". Forma mentis pericolosa, perché anche Hitler, riteneva di sapere, cosa fosse bene per i tedeschi. Tradotto: il fascismo dei fascisti.
Diciamo però che anche la nostra posizione, appena si scelga di volare più basso, rivela alcune contraddizioni. Ad esempio, come diminuire il
ruolo dello stato e al tempo stesso controllare
i flussi migratori? Come conciliare libertà di movimento e lavoro con barriere all’ingresso di potenziali lavoratori
stranieri? Come conciliare un’ Unione
Europea più snella con la necessità di favorire un unione politica più stretta
e dunque, almeno in parte, più
centralizzata?
Insomma, un minimo di costruttivismo risulta necessario. Senza però impregnarlo dell' etica statolatrica, tipica di quell'intellettuale illuminato (un tempo si diceva "laico, democratico e antifascista") che vuole fare dello stato una specie di "serbatoio" dell'umanità - stato proprio nel senso di articolazioni amministrative - così come l'intellettuale nazista voleva trasformare lo stato in "serbatoio" della razza. Nei due casi, a coloro che restavano e restano fuori, era ed è comunque negata, in quanto nemici di entità astratte (umanità e razza) qualsiasi attributo di umanità reale. Anche qui, riemerge l'illuminismo applicato del vecchio schema azionista: il fascismo degli antifascisti, "Noi sappiamo cosa è bene per te". L'altra faccia del medaglia del fascismo dei fascisti.
Parlavamo, però, di un minimo di costruttivismo: è questa la
direzione (ripetiamo, minimale) verso cui si muove il sovranismo populista? No. Di
qui, la nostra necessità di restare all’opposizione. Un’opposizione, che per
ora, non trova riscontri, sul piano
politico, in un Pd, sempre più su
posizioni costruttiviste, né in un fronte liberale unito, che in pratica non esiste. E che non può essere al momento
rappresentato da Forza Italia (per non parlare di Fratelli d’Italia…). Infatti, che senso può avere, come lo stesso Ocone consiglia, cercare di capire, di comprendere? Oppure come asseriscono altri, "di aspettare e vedere"? Magari puntualizzando ogni volta sui singoli provvedimenti, usando la penna rossa o blu? Quando, come nel caso di Lega e Cinque Stelle,
le basi cognitive non ci sono? E comunque sia, sono costruttivisti, quindi di liberale non c'è nulla? E neppure si interrogano sui limiti del costruttivismo. Come noi, invece, ci interroghiamo, su quelli del liberalismo. Insomma, che c'è da comprendere? E poi in che senso capire e comprendere? Quello di perdonare coloro che sbagliano? Anche in politica, dove gli errori costano cari? Collettivamente cari?
Certo, la politica non è un'accademia. Forse voliamo alto. Troppo. Resta anche il fatto, che nel nostro ruolo di oppositori, non siamo in buona compagnia. Ma così stanno le cose. C’è un proverbio che dice: “I parenti li sceglie Dio, gli amici li scelgo io”. Qui, purtroppo, sebbene di parenti sia difficile se non impossibile parlare, anche gli
amici, gli alleati insomma, li seleziona Dio…
Carlo Gambescia
(*) Qui l'appello: http://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2018/06/26/sul-silenzio-degli-intellettuali/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P2-S1.4-T1