A proposito dei “Momenti della verità”
I pericoli del revanchismo "sovranista"
Roberto
Buffagni ieri ha scritto un pezzo sulla crisi, che stiamo vivendo - e che non finirà tanto presto - intitolato “Momenti della verità” (*), dove in buona sostanza echeggiano
tutti i topoi - dalla
rappresentazione del Paese (pardon, Nazione...) in ginocchio al mito del faremo da soli - di
una delle due politiche estere che hanno distinto la storia dell'Italia unita. Quali sono? Di che cosa sto parlando?
La prima, quella nazionalista, e disastrosa, che va da Crispi
a Mussolini, da Adua a Salò, e che ora sta rinascendo sotto altro nome, quello di sovranismo. In sintesi, la politica del "molti nemici, molto onore", frase attribuita a Giulio Cesare, che ripresa in epoca fascista, malata grave di romanità, portò all'Italia solo guerre, morte e fame. Altro che Impero.
La seconda, quella liberale, dei progressi attenti, lenti, senza farsi nemici, o comunque
troppi nemici, inutilmente, che va dal
Visconti Venosta, che risolse la Questione
Romana , con pochissimo spargimento di sangue, alla conquista
della Libia, ad opera di Giolitti e del marchese di San Giuliano, e dopo il fascismo, al conte Sforza e De Gasperi fino ai Trattati del 1957 e alla Moneta Unica. Una politica di pace e libertà, di progresso economico
e sociale.
Mi
piace ricordare che Giolitti era contrario all’ingresso in guerra
dell’Italia, proprio perché sapeva che
il Paese, socialmente non avrebbe retto il Dopoguerra. Ma nessuno lo ascoltò.
Vinse la piazza. E
poi il fascismo. Gli irredentisti, che
pur giustamente scorgevano nell’ingresso
in guerra il completamento dell’Unità nazionale, in consonanza con gli ideali
patriottici dei Risorgimento, tornata la pace, furono calpestati, per dirla con
Salvatorelli, dal nazional-fascismo. Il che indicava e indica, che esistevano ed esistono due idee di
patria, una liberale e democratica, e una nazionalista e inevitabilmente
fascista. E la seconda non è la migliore. Oggettivamente.
Ora però sta rinascendo - chiunque conosca la letteratura che precede la Prima guerra mondiale sa bene di cosa sto parlando - l’idea
nazionalista. In un’ Italia, che non ha - e non ha mai avuto - le dimensioni, geopolitiche, di una grande potenza e
che per giunta, proprio perché priva di risorse naturali, ha, da sempre, necessità di un’economia aperta al mondo. Una pretesa irrealistica,
insomma. Oggettivamente irrealistica.
Nel pezzo mi si accusa o imputa , tra le righe… come vedi Roberto ho “abboccato”… Il passo è questo. Vi si parla delle classi
dirigenti “ProUE”. Scrive Buffagni:
«La paura che li ha scossi fin nelle viscere muove l’ondata d’
odio scriteriato che vediamo manifestarsi sui media proUE, dove leggiamo, anche
scritte da persone intelligenti, moderate, colte, esortazioni a prendere
provvedimenti folli quali la messa fuori legge di Lega e 5*, vale a dire
incitamenti alla guerra civile e al terrore di Stato. La paura e l’odio formano
uno dei composti psicologici più difficili da sciogliere e più pericolosi che
esistano. »
Rivendico in toto ciò che ho detto. Eccetto che si tratti di paura e odio. Ripeto:
chiunque conosca nei particolari
la storia delle due linee di politica estera,
ricordate, non può condividere la
sostanza del discorso politico leghista e grillino. Che rinvia, al di là, degli addolcimenti tattici e delle ingenuità politiche: uno, all’uscita dall’Euro; due, in prospettiva, dall’UE; tre, in chiave ancora più avanzata, dalla civiltà atlantica.
In ballo non c’è l’Euro, ma una scelta, prima che geopolitica, culturale. E in secondo luogo, anche di interessi, perché il nazionalismo, come insegna Nolte, che non era di sinistra, non paga: innesca solo catastrofici processi autodistruttivi.
Insomma, per usare una parola grossa, abbiamo davanti a noi una scelta di civiltà. Pertanto, ben venga qualsiasi male minore capace di prevenire il
male maggiore. Si tratta di una scelta
razionale. Altro che odio e paura.
Se invece di credere alle bugie di Hitler, che dal 1933, dopo ogni colpo di mano, dichiarava regolarmente che era l’ultimo e che voleva solo la pace, lo si fosse tolto di mezzo subito, anche con un’azione
militare preventiva, l’Europa si sarebbe risparmiata milioni di morti e tanta infelicità. Allora,
però, non si fece il freddo ragionamento
del male minore. Oggi, invece, si può. Tutto qui.
Ovviamente, la scelta occidentale, può non piacere. Benissimo,
ma allora lo si dica apertamente. Cosa? Che il vero momento della verità non è
quello della lunga crisi di questi
giorni, bensì il 1945. Si ammetta, insomma,
che non si è mai digerita, la vittoria - non parlo dell’Italia, sconfitta - sul nazifascismo, perché sotto sotto, neppure
tanto, se ne condividevano e condividono
i valori nazionalisti, razzisti e imperialisti.
Il problema, in conclusione, non è l’Euro né l’UE, frutto di scelte politiche
volontarie, come risposta liberale e democratica a un’Europa distrutta dai nazionalismi, ma la revanche
sovranista, che ricorda, una specie di terra dei fuochi ideologici, impregnata di pericolosi veleni. L'incendio. può divampare in qualsiasi momento in nome di quella pericolosa idea giacobina, che nasce a sinistra, di nazione-armata.
Ecco il vero nodo
della questione. O, se si vuole, la posta in gioco. Perciò, o di qua o di là.
Carlo Gambescia
Articolo veramente interessante, ma, mi chiedo, sarebbe stata veramente percorribile la strada di mettere questi due partiti fuorilegge? Con quali motivazioni? Non ci sono state marce su Roma o attentati diretti alla sicurezza pubblica. Anche se ci fosse stato un presidente più interventista credo non sarebbe potuto giungere a tanto di fronte al voto degli italiani che ha assegnato quasi il 50% dei voti a questi ue partiti, senza che ci fossero intimidazioni o brogli alle elezioni, e nemmeno un controllo sleale dei mezzi di comunicazione. Insomma, condivido la posizione che vedi in questi due partiti un rischio per la stabilità del paese, ma in Europa ci sono goerni, specie a est, ancora più marcatamente nazionalisti e nessuno ha mai mosso foglia, o sbaglio. Insomma, posso ritenere che il loro isolamento si sarebbe potuto ottenere preventivamente con strategie politiche più lungimiranti e con progetti politici liberali credibili, ma, a questo punto, era veramente possibile fare qualcosa? Credo che adesso monteranno tutti sul carro, giornali compresi e cercheranno di addomesticare questa strana coalizione, oppure saranno i moderati al suo interno ad emergere per fare da contrappeso se le scelte diventano troppo temerari; non è forse questa l'unica cosa in cui sia lecito sperare?
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